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Il caso di cui tratteremo in questo articolo riguarda i cd. “bandi a sportello”, ossia quelle procedure che permettono ad alcune imprese di accedere a fondi pubblici a sostegno di investimenti – quali contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati o crediti d’imposta: bandi che nel caso della Camera di Commercio di Roma stanno rappresentanto un vero e proprio rebus per le Imprese.
In generale, le procedure per l’assegnazione delle agevolazioni seguono due modelli principali: il procedimento a graduatoria e quello a sportello.
L’impiego dei bandi a sportello, tuttavia, fa fortemente dubitare della corretta applicazione dei principi generali su cui si dovrebbe – e sottolineo dovrebbe – reggere l’attività amministrativa, previsti dall’art. 1 della legge sul procedimento amministrativo (legge 241/90), che recita testualmente: “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario.”
Il procedimento a sportello: il fattore tempo come criterio di selezione
Il procedimento a sportello premia non solo il possesso di requisiti minimi, ma anche la rapidità nella presentazione dell’istanza e svilisce il principio di trasparenza. Le domande sono infatti esaminate in ordine cronologico e i fondi vengono assegnati fino a esaurimento delle risorse disponibili.
Tale approccio è frequentemente adottato per misure in cui si prevede un’elevata partecipazione rispetto agli stanziamenti disponibili. Rispetto alla procedura a graduatoria, questa modalità riduce i tempi istruttori, poiché la valutazione delle domande si limita a verificare il possesso di requisiti minimi senza necessità di comparazione tra i progetti. Tuttavia, comporta anche un significativo svantaggio per i richiedenti, poiché l’accesso ai fondi non dipende dalla qualità della proposta, ma dalla velocità con cui la domanda viene inviata, trasformando l’accesso ai fondi pubblici in una vera e propria “gara del click”, in cui l’efficacia di un progetto viene valutata non tanto per la sua qualità, quanto per la rapidità con cui la domanda viene inoltrata. Tale procedura, dunque, anziché selezionare le proposte più valide, premia chi riesce a inviare la domanda una frazione di secondo prima degli altri, con il rischio di vanificare settimane di lavoro e progettazione.
Il caso dei bandi a sportello della Camera di Commercio di Roma
Il recente bando “Voucher Digitali Impresa 4.0 – anno 2024”, indetto dalla Camera di Commercio di Roma, rappresenta un esempio lampante di inefficiente gestione delle risorse pubbliche e di una politica di finanziamenti inefficace, che si traduce in una mera operazione di facciata più che in un reale sostegno alle imprese.
Formalmente inquadrato tra le iniziative adottate nell’ambito dei PID, ossia i Punti Impresa Digitale, il bando prevedeva lo stanziamento di 7 milioni di euro per favorire la digitalizzazione delle micro, piccole e medie imprese della Capitale e della sua provincia. Tuttavia, dietro la retorica istituzionale, la realtà dei fatti racconta una storia ben diversa, fatta di inefficienza, non corretto uso di denaro pubblico e scarsa trasparenza.
Nel caso specifico, il bando prevedeva la possibilità di inviare le domande dalle ore 09:00 del 12 settembre 2024 fino alle ore 14:00 del 26 settembre 2024, ma i fondi si sono esauriti dopo appena 33 minuti e 28 secondi, ovvero precisamente alle 09.33.28 del 12 settembre.
Un bando pubblicizzato oltre l’effettivo esaurimento delle risorse
L’aspetto più grave è legato alla condotta della Camera di Commercio, che ha continuato a promuovere e pubblicizzare il bando ben oltre l’effettivo esaurimento delle risorse messe a disposizione. Per settimane, l’ente ha investito denaro pubblico in spot radiofonici, interviste e articoli promozionali, dando alle imprese l’illusione di poter ancora accedere ai fondi, quando in realtà i fondi si era già esauriti dopo appena mezz’ora. Si tratta di un comportamento inaccettabile, che denota una gestione approssimativa e irresponsabile delle risorse pubbliche e solleva interrogativi sulla trasparenza dell’intera operazione.
A farne le spese però sono anche le imprese che hanno creduto in questa opportunità, investendo settimane di lavoro e risorse economiche per predisporre la documentazione necessaria, ignare del fatto che la loro domanda sarebbe stata respinta a priori perché i fondi erano già esauriti. Perché indurre centinaia di aziende a sprecare tempo e denaro per partecipare a un bando che, di fatto, non esiste più?
Serve una riforma dell’assegnazione di questi fondi
Di fronte a simili distorsioni, appare evidente l’urgenza di una revisione radicale delle modalità di assegnazione di questi fondi. Continuare a perpetrare bandi-lampo che si esauriscono in pochi minuti non solo vanifica il presunto scopo di sostegno alle imprese, ma alimenta la percezione di un’amministrazione pubblica distante dalla realtà imprenditoriale, inefficiente e incapace di gestire in modo equo le risorse a sua disposizione.
Se davvero la Camera di Commercio volesse supportare le imprese, dovrebbe abbandonare questo sistema fallimentare e adottare criteri di selezione basati sulla qualità e sull’impatto dei progetti, anziché sulla velocità di click. In alternativa, se si intende mantenere la logica del “chi prima arriva, meglio alloggia”, si dovrebbe quantomeno interrompere immediatamente la fase di promozione una volta esauriti i fondi, evitando di ingannare imprenditori e professionisti che investono tempo e denaro inutilmente.
L’assegnazione di risorse a progetti di ricerca e innovazione non può essere ridotta a un gioco di velocità, né tantomeno a un meccanismo in cui il caso assume un ruolo determinante. Se l’obiettivo è sostenere le imprese e rafforzare la competitività del sistema produttivo, è necessario adottare strumenti che garantiscano un’effettiva selezione basata su criteri di eccellenza e rilevanza strategica.
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