Business & greenwashing: ecco perché gli Emirati vogliono il nucleare Made in Italy – Torino Cronaca

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Le parole del ceo di Newcleo, Stefano Buono: “Enec è il partner giusto per noi”. Ma non conferma la cifra dell’investimento della società emiratina che gestisce la centrale nucleare di Barakah

Un investimento da mezzo miliardo di euro sul nucleare pulito Made in Italy. È la puntata degli Emirati Arabi Uniti, a margine dell’incontro e dell’accordo da 40 miliardi con il governo Meloni, che va direttamente sulla startup energetica Newcleo

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A riferirlo, nella giornata di oggi 24 febbraio 2025, è lo stesso ceo, il fisico Stefano Buono, con un post su Linkedin. La società emiratina Emirates Nuclear Energy Company e la Newcleo – con sede a Parigi ma operatività a Torino, fondata dall’imprenditore e fisico Stefano Buono, collega al Cern del Nobel Carlo Rubbia – avrebbero già firmato un memorandum per una partnership tesa a esplorare possibilità di coinvestimento per la ricerca e lo sviluppo del nucleare in Europa. Non si parla di cifre, ma secondo il quotidiano economico MilanoFinanza, si tratterebbe di un investimento di 500 milioni di euro nel capitale sociale della Enec in Newcleo. Accordo da perfezionare entro settembre, secondo MF, con una joint venture operativa in nord Africa.

Stefano Buono scrive: “Siamo orgogliosi di collaborare con ENEC in queste regioni, considerando il successo dei reattori di Barakah negli Emirati Arabi Uniti, che hanno dimostrato come grandi progetti nucleari possano essere realizzati nei tempi previsti e nel rispetto del budget. ENEC rappresenta il partner ideale per esplorare l’uso dei Reattori Modulare Avanzati nell’industria ad alta intensità energetica”

Certo l’operazione raddoppierebbe quasi il capitale della Newcleo, che al momento ha annunciato – dopo consistenti round di finanziamento che hanno visto schierati anche nomi come la Exor di John Elkann o il gruppo Azimut – investimenti in Italia e l’attivazione di un precursore nucleare, mentre sono già stati siglati accordi con la Francia per la fornitura di mini-reattori “puliti”. 

Ma perché gli Emirati hanno messo gli occhi sulla società italiana? La risposta sta nella necessità di raggiungere un adeguato mix energetico: il petrolio, di cui gli Emirati sono tra i massimi produttori, è certamente alla base della ricchezza dei sette emirati, ma da anni gli obiettivi di governo – e di business – si sono spostati su altre fonti energetiche. Come dichiarato dal presidente e ceo di Enec, Mohamed Al Hammadi in occasione di un meeting mondiale durante l’Expo 2020, gli impianti nucleari della zona di Barakah, nell’emirato di Abu Dhabi, generano “abbondante elettricità a emissioni zero 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per contribuire a garantire il nostro fabbisogno energetico, fornire una base per fonti rinnovabili intermittenti” ma soprattutto “risparmiare miliardi di dollari di gas ogni anno per essere dirottato per altri usi e accelerare il nostro percorso verso Net Zero 2050″.

Gli Emirati sono immensamente energivori – basta dare un’occhiata a Dubai e immaginare quale può essere il suo consumo di elettricità – e il petrolio è la base della ricchezza, dunque da destinare a vendita ed esportazione. Inoltre, in particolare sotto la guida dell’attuale presidente emiratino Mohamed bin Zayed Al Nahyan, si assiste da tempo a una conversione – fatta di ricerche e investimenti – verso le fonti rinnovabili, anche se per gli analisti più critici si tratterebbe principalmente di greenwashing su enorme scala.

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Gli Emirati sono anche acquirenti – e venditori al contempo, anche se pare paradossale – di carbon credit, studiati per compensare le emissioni di CO2: da anni diverse società di Dubai, la Blue Carbon LLt su tutte, acquistano ettari su ettari di foreste in Africa – nel 2023 sono stati acquistati un milione di ettari di foresta in Liberia, ossia il 10 % del territorio dello stato africano – proprio allo scopo di creare carbon credit.

Ecco perché il mix energetico, al di là dell’obiettivo dichiarato di Net Zero 2050, è una priorità per il business degli Emirati, non solo per l’ambiente, e perché la strada per perseguirlo porta anche in Europa e alle società che combinino la ricerca sulle rinnovabili con l’hi tech, come è il caso di Newcleo. Nei prossimi mesi vedremo gli sviluppi.



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