Fin dall’annuncio Lost Records: Bloom & Rage – Tape 1, la nuova opera degli autori di Life is Strange, si è presentato come un ambizioso tuffo in un gioco in cui il punk rock e le atmosfere ribelli degli anni ’90 sembravano poter essere vissuti in una chiave interattiva. Intrecciare due linee temporali, una del passato e una del presente, e raccontare una storia in cui poter interagire attivamente aveva il potenziale per offrire una narrazione stratificata e profonda. Tuttavia, dietro ad un’idea così convincente, il gioco si scontra con una serie di difetti tecnici e narrativi che, a tratti, minano in maniera abbastanza considerevole l’esperienza complessiva.
La storia di Lost Records: Bloom & Rage si sviluppa lungo due filoni temporali che dovrebbero intrecciarsi per creare un racconto coerente e intrigante. Il primo è ambientato nell’estate del 1995 a Velvet Cove, dove seguiamo Swann Holloway, una ragazzina timida e allo stesso tempo eccentrica impegnata a costruire legami con compagne altrettanto eccentriche, Autumn, Nora e Kat. La seconda linea temporale ci porta nel 2022, quando Swann torna a Velvet Cove per ritrovare le sue amiche e i frammenti di un passato ormai volutamente dimenticato, guidate da un misterioso pacco con un enigmatico messaggio.
Sebbene l’ambientazione e il contesto temporale offrano stimoli interessanti, con un mix di nostalgici richiami alla cultura pop degli anni ’90 e tematiche di crescita personale, la storia appare troppo frammentata. Gli eventi cruciali accaduti nell’estate del 1995 vengono accennati in modo vago, lasciando il giocatore con la sensazione di dover colmare un vuoto narrativo che non porta da nessuna parte fino ai momenti precedenti al finale.
Le promesse di una narrazione che si evolve in base alle scelte del giocatore si perdono in dialoghi ripetitivi e in un susseguirsi di flashback poco incisivi, che più che arricchire il racconto lo fanno sembrare incompleto, senza mai darci la sensazione, come succede ad esempio in Life is Strange, di star decidendo davvero come far proseguire la storia. Anzi, spesso ci vengono fornite delle scelte fuori dal personaggio e dal contesto in cui ci troviamo che sembrano essere state messe solo per assistere ad eventuali reazioni che non impattano davvero sulla trama.
Uno degli elementi più distintivi, e allo stesso tempo uno dei più problematici, di Lost in Records: Bloom & Rage è la videocamera. Swann utilizza questo dispositivo, che permette di registrare brevi filmati per creare un diario visivo personale, nella linea temporale del 1995. Il concetto di utilizzare la videocamera per catturare attimi significativi e ricostruire la memoria collettiva delle protagoniste era, in teoria, originale e potenzialmente emozionante. La sua implementazione, però, fornisce poche libertà: il sistema impone di raggiungere una quota di inquadrature predefinita, rendendo l’atto del filmare più una routine meccanica che un’esperienza puramente creativa.
Oltre alle inquadrature predefinite troviamo dei collezionabili, che non sono altro che oggetti o animali da riprendere nei vari scenari. All’inizio mi è parso interessante e divertente cercare e trovare questi collezionabili, ma a lungo andare la ricerca risulta ripetitiva e si trasforma più in un elenco di oggetti da scovare che in un’effettiva esplorazione che ci permette di immortalare vari momenti della nostra avventura.
Tutto questo si traduce in un gameplay che, anziché valorizzare la spontaneità dei ricordi di un viaggio quanto più personale, impone al giocatore una serie di obiettivi forzati, privandolo della possibilità di esplorare liberamente l’ambientazione e di catturare ciò che realmente risuona con la propria sensibilità. La videocamera diventa così un elemento estetico e narrativo senz’anima che non riesce ad instillare a pieno dell’emotività, pur apparendo coinvolgente in alcuni momenti.
Come accennato, un’altra promessa del titolo era quella di una narrazione dinamica in cui le scelte di dialogo avrebbero influito in maniera significativa sulle relazioni e sulla progressione della storia. In Lost Records: Bloom & Rage i dialoghi sono una lama a doppio taglio: se da un lato l’idea di personalizzare le interazioni per approfondire il legame con i personaggi è intrigante, dall’altro la monotonia non manca.
Le conversazioni, infatti, tendono a ripetersi, con frasi standardizzate che si susseguono senza una reale evoluzione emotiva. Le opzioni di risposta, che in teoria dovrebbero offrire spunti per una riflessione più profonda sulla natura dei rapporti interpersonali, finiscono per sembrare delle scelte che non incidono in modo significativo sul destino delle protagoniste. In alcune situazioni i dialoghi diventano addirittura un ostacolo, con conversazioni che si sovrappongono, facendo apparire il tutto più come una serie di discussioni meccaniche che un autentico scambio emotivo.
Oltre alla questione della videocamera e dei dialoghi, il gameplay di Lost Records: Bloom & Rage appare stagnante e poco innovativo. Avere la prospettiva in prima persona nel 2022 e in terza persona nel 1995 avrebbe potuto offrire spunti intriganti, ma questa differenza si traduce in una semplice variazione estetica che non porta alcuna novità all’esplorazione.
Sfortunatamente, poi, il team di Don’t Nod ha puntato molto poco sui puzzle che ho completato con piacere. Risolverli è stato stimolante, e questo mi ha aiutato ad esplorare le zone in cui mi trovavo in maniera più genuina. Purtroppo le occasioni in cui il gioco ci metterà di fronte a questi puzzle sono veramente poche. Una nota negativa anche sul cambio tra passato e futuro, che mi è parso spesso solo come un modo per creare in maniera quasi insistente dei momenti in cui rivivere riassunti del passato di Swann con le sue amiche.
Un elemento di spicco è invece l’ambientazione che richiama gli anni ’90: il senso di nostalgia e di autenticità evocato da Velvet Cove con i suoi videonoleggi, i dispenser di caramelle e le strumentazioni tipiche dell’epoca si notano. La mia conoscenza della cultura di oltre 20 anni fa è abbastanza limitata, sia perché appartengo ad una generazione più recente sia per mancanza personale, ma devo dire che le ambientazioni mi sono sembrate realistiche, riuscendo a ricreare una sensazione di passato. Il tutto è accompagnato da musiche legate alle riot grrrl, alle quali le nostre protagoniste si rifanno per la loro crescita personale nel passato. Dal punto di vista estetico e musicale, Don’t Nod ha decisamente svolto un buon lavoro.
Parlando del lato tecnico, Lost Records: Bloom & Rage è graficamente un buon gioco. Reputo i volti e le espressioni dei personaggi tra i migliori a cui lo studio abbia mai lavorato. Contemporaneamente il titolo risulta pesante su PS5, dove gira a soli 30 FPS (un limite accettabile per questo tipo di giochi). A volte si sono verificati degli scatti, mentre in certi momenti le texture hanno richiesto tempi di caricamento più lunghi. In ogni caso, Don’t Nod ha detto di essere al lavoro per migliorare le prestazioni per offrire un’esperienza il più rifinita possibile in vista del lancio della seconda parte del titolo.
Lost Records: Bloom & Rage – Tape 1 è un gioco che tenta di esplorare tematiche importanti come la crescita personale, il peso dei ricordi e la complessità dei rapporti interpersonali dove la storia, anziché svilupparsi in maniera naturale e coinvolgente, si perde in una serie di espedienti narrativi che non riescono a dare un senso di completezza al racconto. Le scelte del giocatore, che avrebbero dovuto contribuire a creare un viaggio più personale, si rivelano invece meramente decorative, senza un impatto reale sullo sviluppo della storia. La narrazione, teoricamente il cuore pulsante del titolo, appare così frammentata e poco incisiva.
La videocamera, inizialmente simbolo del ricordo e della ricerca di un’identità smarrita, finisce per trasformarsi in un escamotage che limita la libertà creativa del giocatore. Sebbene siano presenti alcune innovazioni tecniche e di gameplay in una fase embrionale, queste non riescono a colmare le lacune di Lost in Records: Bloom & Rage nel complesso.
Il nuovo progetto di Don’t Nod emerge come un’opera audace che mira a sfruttare la nostalgia e il fascino degli anni ’90 per narrare una storia intrisa di crescita, amicizia e mistero. Tuttavia, l’aspirazione ad essere un’avventura coinvolgente si scontra con una realtà caratterizzata da meccaniche di gioco imposte, dialoghi monotoni e piccoli problemi tecnici.
Lost Records: Bloom & Rage – Tape 1 è disponibile su PC, PS5 e Xbox Series. Un codice per la versione PS5 è stato gentilmente fornito da Don’t Nod.
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