Il libro del ragazzo. Vittima di un incidente nel 2022, scrisse un racconto dalle apparenze autobiografiche. I rilievi: andava forte. Domani le due autopsie
«Premi il pedale sull’acceleratore e la velocità diventa un antidoto alla solitudine». Ma guidare così forse è «una fonte di paura», «serve equilibrio, tra passione e responsabilità». Frasi lette su un libricino scritto da Pavel Garbarino, il 22enne che sabato sera si è tolto la vita — tagliandosi la gola con un cutter — subito dopo aver travolto e ucciso, con la sua jeep, Barbara Wojcik, 35 anni. Attimi al rallentatore: il ragazzo, un operaio alla Aster, municipalizza genovese, scende dall’auto, riconosce la donna, vista tante volte animare un circolo a Sant’Olcese, borgo di 6.000 persone nel Genovese. Choc, buio. Indietreggia, apre il cofano, prende la lama, si ammazza.
Per i carabinieri di Sampierdarena nessun dubbio che le cose siano andate così. Poco dovrebbe cambiare con l’esito delle due autopsie, previste per domani. L’orario dello schianto è preciso, ore 20 e 52, lo chiarisce anche la «scatola nera» della jeep da cui sono attesi dati sulla velocità, di sicuro elevata, tanto che sulla strada non c’è traccia di frenata. Poi ci sono le immagini della dashcam del mezzo: che invade la corsia opposta, sbriciolando il Kymko. A Pavel la patente era stata restituita da 7 giorni, questo perché aveva subito una decurtazione di 6 punti: qualche settimana fa, durante un turno di lavoro, aveva investito, a bordo di un Ape, una donna poi medicata senza gravi conseguenze al pronto soccorso. Più grave invece l’incidente occorsogli nel 2022 «in centro a Genova», ha raccontato il padre del giovane. Era in moto, non coinvolse nessuno e ne seguì una lunga convalescenza perché addirittura fu sul punto di perdere le gambe. «Mia moglie e io ora siamo sconvolti» ha detto l’altra sera il genitore in caserma.
Quel primo schianto, sebbene segnalato nel rapporto degli investigatori alla Procura, è secondario negli accertamenti: ma ciò che accadde deve aver segnato il ragazzo — nato in Russia, poi adottato — che successivamente scrisse un racconto, un e-book. Ecco il titolo: «Velocità senza confini: a chi ha trovato pace nella velocità, ma ha imparato a frenare al momento giusto». Pavel racconta la storia di quello che sembra un alter ego, Marco, «un ragazzo avvolto da una nebbia invisibile e cresciuto in un piccolo paese dove tutti sembrano conoscersi: si sente un estraneo, il ragazzo strano». La vita del protagonista cambia quando prende la patente: «Guidare è un’esperienza liberatoria, una fuga dai pensieri», « un potere mai conosciuto prima». Quelle venti pagine non sono però un inno alla spericolatezza: verso la fine Marco fa amicizia con un altro appassionato di motori ma quando questi resta coinvolto in un incidente, comprende che correre è «una fonte di paura», meglio farlo solo in pista.
Il resto è nelle parole dell’ex sindaco di Sant’Olcese Adriano Sanna (e oggi consigliere regionale), tra i primi a giungere sul posto dell’incidente: «È un dramma nel dramma». Barbara aveva un figlio di 13 anni «e suo papà Giacomo — dice l’avvocato Giuseppe Maria Gallo che assiste la famiglia — è corso da lui per avvertirlo, non voleva che lo sapesse dai social». Quanto alla mamma di Pavel, l’hanno vista in lacrime ieri in Comune. Da un punto di vista giudiziario, il caso è chiuso: morta la vittima, morto l’investitore. «Ora c’è solo dolore», piange la sindaca Sara Dante.
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