si può trovare un equilibrio»

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Due anni alla vicepresidenza del Csm, in un periodo in cui lo scontro tra politica e magistratura ha toccato i massimi livelli. L’avvocato padovano Fabio Pinelli interverrà stamattina all’inaugurazione dell’anno giudiziario, in Corte di Cassazione, per lanciare un richiamo sulla necessità di equilibrio, invitando tutti i soggetti istituzionali ad abbassare i toni e a lavorare per una giustizia al servizio dei cittadini. «Il mio dovere è tutelare autonomia e indipendenza della magistratura, ma anche sollecitare una riflessione sul ruolo del magistrato nella società di oggi».


Vicepresidente Pinelli, il Csm ha espresso parere contrario alla riforma della giustizia in discussione: c’è il rischio che possa minare autonomia e Indipendenza della magistratura?
«Personalmente non sovrastimerei la questione dell’architettura costituzionale che riguarda gli equilibri tra poteri e non l’amministrazione della giustizia, che incide sulla vita dei cittadini. La separazione delle carriere rappresenta plasticamente il principio dell’equidistanza tra accusa e difesa, richiamato dall’articolo 111 della Costituzione; d’altro canto il ruolo del pm previsto dall’attuale assetto dell’ordinamento come primo garante della verifica della fondatezza della notizia di reato è di per sé un elemento di tutela dei cittadini. All’interno di questa cornice che sembra andare in direzione opposta, bisogna trovare punti di convergenza».

Ritiene giusto che si preveda un sorteggio per la nomina dei componenti togati del Csm?
«La magistratura, e in particolare i gruppi associativi, devono avere la capacità e la forza di dimostrare che il sorteggio non è necessario. Le correnti, che in origine sono state centri culturali, ideali, valoriali, hanno subito, in parte, una degenerazione diventando luoghi di spartizione di posti e potere: il sorteggio è la reazione a questo tipo di situazione. È evidente, però, che un organo di rilevanza costituzionale come il Csm deve avere rappresentanti di altissimo profilo professionale: ne va della sua autorevolezza».

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L’Anm ha proclamato iniziative di una protesta contro la riforma: è una risposta giusta?
«Non mi permetto di interloquire sulle scelte dell’Anm. In generale osservo che, nel conflitto in atto tra poteri, ciascuno dei quali rivendica prerogative legittime, gli attori istituzionali dovrebbero trovare un punto di equilibrio, nell’interesse dei cittadini, ed evitare lo scontro. Se la magistratura si pone come parte del conflitto il rischio è che il Paese, semmai vi sarà un referendum, voti anziché a favore o contro la separazione delle carriere a favore o contro la magistratura».

Lei ha dichiarato che l’efficienza della giustizia non ha nulla a che fare con la separazione delle carriere: quali sono gli interventi indifferibili per rendere la risposta giudiziaria più rispondente alle esigenze del Paese?
«I due piani non vanno confusi: intervenire sull’architettura costituzionale è legittimo, ma per rendere più efficiente la giustizia è necessario, innanzitutto, delineare il ruolo del diritto in una società moderna, capire se ogni conflitto può finire davanti alla giurisdizione, oppure se esistano luoghi di mediazione diversi dalla giurisdizione per la soluzione dei conflitti, oltre che affrontare temi di sistema Paese come i grandi cambiamenti demografici e sociologici, la sfida della Intelligenza Artificiale; insomma le questioni della contemporaneità che hanno ripercussioni dirette anche sulla risposta che siamo chiamati a dare ai cittadini in termini di giustizia».

La complessità del sistema incide sulla lentezza dei processi?
«Sì, c’è un problema di questo tipo. Una sfida cruciale è quella di raggiungere gli obiettivi di prevedibilità del giudizio, di certezza del diritto per evitare il rischio di cadere in una incertezza di sistema, un grave danno per i cittadini. La Corte costituzionale sta facendo un lavoro straordinario, elaborando principi certi ai quali attenersi».

Gli attacchi alla magistratura si sono intensificati: li considera giustificati?
«Siamo in fase storica di riequilibrio di poteri, qualche tensione è fisiologica nelle democrazie. Certamente un atteggiamento rispettoso delle posizioni di ciascun attore istituzionale è sempre auspicabile per favorire il dialogo e la leale collaborazione tra istituzioni».

Il presidente Mattarella ha detto che il Csm è chiamato all’impegno di assicurare la massima credibilità alla magistratura con decisioni sempre assunte con senso delle istituzioni: ci è riuscito in questi due anni?
«Ci è riuscito, grazie alla guida autorevole del presidente della Repubblica: abbiamo dato dimostrazione di un cambio di passo straordinario. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e riconosciuti dal mondo istituzionale. Merito del Consiglio nella sua interezza: per la nomina di un incarico direttivo abbiamo ridotto i tempi da 20 a 4-6 mesi; le tabelle organizzative degli uffici giudiziari vengono approvate in tempo reale. Un risultato importante, perché dando delle risposte tempestive gli uffici giudiziari ne beneficiano, con ricaduta positiva sul servizio giustizia ai cittadini».

La magistratura sta vivendo una fase di bassa considerazione da parte dell’opinione pubblica: per quali motivi?
«Sugli indici di gradimento metterei un bel punto interrogativo: su quale base statistica vengono calcolati? La qualità dei magistrati italiana è altissima: è un valore, una garanzia per tutti. E poi mi permetto una riflessione: il magistrato non deve cercare il consenso. Il riconoscimento morale e sociale che merita deriverà dal rispetto che gli altri attori istituzionali riserveranno al corpo della magistratura da un lato, e dalla capacità della magistratura di non guardare solo al proprio interno, di non essere parte del conflitto, di privilegiare la dimensione del servizio anziché quella del potere. Spetta anche alla componente laica del Consiglio Superiore dare un contributo in questi termini».

La preoccupa la tendenza a voler valutare i magistrati sulla base di criteri aziendalistici, del numero delle sentenze emesse?
«Non parlerei di criteri aziendalistici, ma di rispetto di principi costituzionali secondo cui la giustizia deve arrivare in tempi ragionevoli, ovviamente senza correre il rischio di incidere sulla qualità delle decisioni giudiziarie. I magistrati devono peraltro essere messi nelle condizioni di poter dare risposte in modo adeguato, disponendo delle risorse necessarie. Devo ringraziare la parte significativa della magistratura fa della qualità dei provvedimenti la cifra della propria professionalità».

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La situazione della giustizia in Veneto è da lungo tempo in sofferenza: cosa si sta facendo?
«L’attuale carenza di magistrati è in linea con quella nazionale: questo governo ha compiuto un notevole sforzo per riempire gli organici: entro la fine del 2026 saranno quasi colmati grazie ai nuovi concorsi. A Venezia i posti per procuratore e presidente gip saranno coperti prima dell’estate». 





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