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Il destino delle Province siciliane è legato al Parlamento Nazionale. Ormai è chiaro a tutti. E se qualcuno non lo avesse ancora capito, a ribadire il concetto è stato il presidente della Regione Renato Schifani: senza una deroga approvata da Camera e Senato alla legge Delrio, non è possibile aggirare il problema. Di conseguenza, ogni provvedimento votato dall’Ars, compreso il disegno di legge depositato a Sala d’Ercole dal presidente della I Commissione Ignazio Abbate, rischierebbe di essere impugnato dagli organi di controllo di Roma.
L’emendamento romano
Serve una scappatoia normativa. La via d’uscita potrebbe essere offerta dal “decreto emergenze” che fra poco verrà trattato in Parlamento. Il termine per gli emendamenti scadrà oggi. Poi, la prossima settimana, si procederà all’analisi del testo. E proprio da una proposta di modifica, a firma di pezzi della maggioranza, potrebbe trovare sponda l’ultimo tentativo per evitare, in extremis, le elezioni di secondo livello nell’Isola. Pezzi del centrodestra starebbero infatti pensando di presentare un emendamento con il quale inserire l’elezione diretta delle Province all’interno del decreto. Una mossa alla quale Renato Schifani ha lavorato la scorsa settimana, durante la sua ultima visita nella capitale. I dettagli non sono ancora noti, anche se è praticamente certo che la manovra si svolgerà senza impegno di spesa per lo Stato. A pagare le spese sarebbe quindi la Regione Siciliana. Fatto peraltro previsto nel disegno di legge depositato all’Ars.
Sostegno di Forza Italia, Lega e Noi Moderati
Ad appoggiare l’emendamento romano c’è chiaramente Forza Italia. Ma gli azzurri non sono da soli. Intanto, c’è una sponda concreta da parte della Lega. In casa Carroccio, nelle scorse settimane, si era esposto sul tema il deputato nazionale Nino Minardo. Ieri invece è arrivata una netta presa di posizione del capogruppo all’Ars Salvo Geraci. “Sul superamento della legge Delrio e il ritorno all’elezione diretta per le province c’è un impegno solenne della Lega, adesso è la coalizione di centrodestra che deve determinarsi a Roma“, ha dichiarato il deputato regionale. A supportare l’azione sul ripristino delle Province c’è anche Noi Moderati, compagine capitanata da Saverio Romano e recentemente federatasi con la DC di Totò Cuffaro. E proprio l’ex presidente della Regione si è più volte espresso per ridare la parola agli elettori.
Fratelli d’Italia sarà ago della bilancia
In tanti nel centrodestra vogliono prendere una strada alternativa alle elezioni di secondo livello, ritenute troppo divisive da più di un’anima della coalizione, sia a Roma che a Palazzo dei Normanni. Ma il vero ago della bilancia sarà Fratelli d’Italia. Il centrodestra romano si regge soprattutto sulla compagine di Giorgia Meloni. E non è un mistero che all’interno di FdI ci siano sensibilità diverse sul tema. Fatto che ha portato il partito di maggioranza relativa a fare una riflessione approfondita sul tema, la quale si protrarrà fino al termine ultimo disponibile.
Da alcune anime meloniane sarebbe arrivata un’apertura, in particolare da più di un’esponente della corrente palermitana. Ma nemmeno questo potrebbe bastare. Una prima risposta arriverà oggi, quando verrà ufficializzato il fascicolo degli emendamenti al “decreto emergenze”. Prima di tutto bisognerà verificare che il testo sia effettivamente presentato. Su questo, in realtà, ci sarebbero pochi dubbi. Il vero banco di prova sarà quello dei firmatari. Da lì in avanti si potrebbero iniziare a capire le possibilità di successo dell’iniziativa parlamentare.
In caso di fallimento, dalle parti di Palazzo dei Normanni non ci sarebbe altra via che aprire la partita per le elezioni di secondo livello. Al momento, il termine è fissato per la prossima primavera. In molti però temono questo appuntamento. Questo, in primo luogo, per la possibile creazione di assi territoriali che valichino i normali equilibri di coalizione. C’è poi il grande tema dei nuovi assi politici che si potrebbero manifestare all’orizzonte, come ad esempio i patti federativi ad oggi senza nome. Una cosa è certa. Il caso delle Province siciliane non è più procrastinabile. Dopo dieci anni di commissariamenti, continuare su questa strada è impossibile. In un modo o in un altro, si tornerà a votare. Se a farlo saranno gli elettori o gli amministratori dell’Isola, lo deciderà il Parlamento Nazionale.
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