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Una mano tesa e un inchino alla corte del nuovo presidente americano. Ieri Vladimir Putin ha provato a rispondere alle nuove minacce di Donald Trump – «Metti fine a questa guerra ridicola o imporremo nuove sanzioni» – con un atteggiamento che fino a dieci giorni fa sarebbe stato più vicino alla fantascienza che alla realtà. Il presidente russo infatti ha detto di essere «pronto a parlare di pace con lui», secondo quanto ha scritto l’agenzia di stampa del Cremlino Tass. Ma Putin ha anche trovato il tempo di fare un inchino al nuovo presidente americano, sostenendo che è «una persona intelligente», che i rapporti tra Stati Uniti e Russia si sono sempre basati sul «pragmatismo e sulla fiducia» e che se nel 2020 non «avessero rubato le elezioni a Trump non ci sarebbe stata alcuna guerra».

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LA TEORIA DEL COMPLOTTO

In questo modo Putin ha ancora una volta diffuso la teoria del complotto, sostenuta anche da Trump, secondo cui le elezioni del 2020 sono state rubate dai democratici per fare vincere Joe Biden. Sulla pace in Ucraina, Trump ha ripetuto più volte nel corso della campagna elettorale che se fosse stato eletto avrebbe fatto un capolavoro, mettendo fine alla guerra in 24 ore. Ora, nonostante siano passati diversi giorni dal suo insediamento, il presidente prova con un po’ di ritardo rispetto alle promesse a portare i due stati a un cessate il fuoco. Parlando al World Economic Forum a Davos, Trump ha detto che parlerà con Putin presto e che l’Ucraina è pronta a terminare la guerra. Ma Donald lavora anche su un altro fronte, in silenzio: nel tentativo di indebolire Putin, sta cercando di riallacciare i rapporti con il dittatore Kim Jong Un, in un totale cambio di direzione rispetto a quanto fatto in questi quattro anni dall’amministrazione Biden. A dire il vero, da anni Trump ha un rapporto privilegiato con Kim, fatto di incontri e lettere, consolidato dalle dichiarazioni del presidente americano: «Kim è un mio amico. Io e Kim andiamo d’accordo. Kim è un ragazzo intelligente».

IL PIANO

L’idea di Trump potrebbe essere quella di allontanare Kim da Putin, che proprio in questi giorni potrebbe prepararsi a mandare altri militari sul fronte ucraino, dopo gli 11 mila già mandati qualche mese fa. Il gioco di Trump consisterebbe nel togliere a Putin gli aiuti del dittatore nordcoreano, rendendo ancora più indispensabile una tregua. Intanto Mosca si vendica dell’Italia, che in questi mesi ha costruito un rapporto privilegiato con Trump e si presenta come il paese che collega l’Unione europea a Washington. Secondo il Cremlino, l’Italia non potrà partecipare ai negoziati di pace perché in tutti questi anni «ha avuto una posizione anti-russa», ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov. Inoltre, nonostante l’Ucraina abbia detto di essere pronta a un piano di pace, teme che l’arrivo di Trump possa indebolire la sua posizione e che una trattativa diretta tra Stati Uniti e Russia riduca al minimo le richieste di Kiev, che sostiene di non voler far aprire i negoziati senza essere coinvolta. In realtà da tempo diversi analisti sostengono che il rischio con Trump possa essere quello di arrivare a una pace sfavorevole per l’Ucraina, dettata da Putin. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sostiene inoltre che Putin stia cercando di «manipolare» Trump con le sue dichiarazioni sulla disponibilità a colloqui con gli Stati Uniti. «Vuole manipolare il desiderio del Presidente degli Stati Uniti d’America di raggiungere la pace», ha detto nel suo discorso serale sui social media. Ma oltre al tentativo di chiudere una guerra che continua da quasi tre anni, è iniziata il 24 febbraio 2024, Trump deve anche affrontare una serie di problemi interni, soprattutto nel settore della difesa. La nuova amministrazione si prepara ad abolire il Civilian Protection Center of Excellence, l’ufficio per la protezione dei civili del Pentagono, creato nel 2023 da Biden per evitare vittime civili nel corso delle guerre. La decisione, voluta dal team di transizione del presidente, punta a eliminare una serie di restrizioni che sono considerate eccessive per i comandanti sul campo, favorendo un approccio più «aggressivo» nei conflitti. La sua chiusura richiederebbe l’approvazione del Congresso, ma il Pentagono potrebbe svuotarlo di personale e fondi e renderlo inefficace, prima ancora di chiedere il permesso a Capitol Hill, scrive il Washington Post citando cinque fonti anonime. E proprio sul Pentagono Pete Hegseth è arrivato al momento della verità: ieri ha ammesso di avere pagato 50 mila dollari per trovare un accordo legale con una donna che lo accusava di averla stuprata nel 2017. Lo ha detto la senatrice democratica Elizabeth Warren. Hegseth in passato ha detto che le accuse erano false e che aveva deciso di pagare per proteggere il suo lavoro come presentatore di Fox News, la sua famiglia e il suo matrimonio. 

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