Congo, basta violenze. «Shoah, monito per impegno di pace»

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Papa Francesco saluta un piccolo pellegrino durante l’udienza generale in Aula Paolo VI – foto Reuters

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Papa Francesco esprime «preoccupazione per l’aggravarsi della situazione» nella Repubblica Democratica del Congo. Ed esorta «tutte le parti in conflitto ad impegnarsi per la cessazione delle ostilità e per la salvaguardia della popolazione civile di Goma e delle altre zone interessate dalle operazioni militari». Si tratta di parole pronunciate al termine dell’udienza generale svoltasi stamani in Aula Paolo VI alla presenza di pellegrini e fedeli provenienti da varie parti del mondo. Ed è salutando i pellegrini polacchi che il Pontefice ha invitato a custodire la «verità» e la «memoria» della Shoah, perché sia «monito per il costante impegno per la pace e per la difesa della dignità della vita umana in ogni nazione e in ogni religione».

Vicini ai bambini senza famiglia. Le incandescenze dell’attualità e gli abissi della storia si intrecciano, dunque, nelle riflessioni condivise da Francesco che, concludendo la catechesi dedicata al tema «“Lo chiamerai Gesù” (Mt 1,21). L’annuncio a Giuseppe» ha formulato l’invito a chiedere «anche noi al Signore la grazia di ascoltare più di quanto parliamo, di sognare i sogni di Dio e di accogliere con responsabilità il Cristo che, dal momento del battesimo, vive e cresce nella nostra vita». E poi: «Chiediamo a San Giuseppe, che ha amato Gesù con amore di padre, di essere vicino a tanti bambini che non hanno famiglia e desiderano un papà e una mamma», ha aggiunto, salutando i fedeli di lingua araba.

Cessi ogni violenza nella Repubblica Democratica del Congo. «Non dimentichiamo di pregare per la pace, in Palestina, Israele, Myanmar e tanti Paesi che sono in guerra», «la guerra sempre è una sconfitta, preghiamo per la pace», è tornato ad affermare il Papa al termine dell’udienza. «Esprimo preoccupazione per l’aggravarsi della situazione securitaria nella Repubblica Democratica del Congo – ha detto focalizzando l’attenzione sulla drammatica situazione del “gigante” africano, la nazione “amata” che Francesco visitò nel gennaio del 2023 –. Esorto tutte le parti in conflitto ad impegnarsi per la cessazione delle ostilità e per la salvaguardia della popolazione civile di Goma e delle altre zone interessate dalle operazioni militari». Goma, l’epicentro degli scontri, è la grande città, situata nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, nella quale papa Bergoglio – nel primo programma del viaggio, poi rimandato per motivi di salute – aveva espresso il desiderio di recarsi. «Seguo con apprensione anche quanto accade nella capitale Kinshasa – ha aggiunto –, auspicando che cessi quanto prima ogni forma di violenza contro le persone e contro i loro beni. Mentre prego per il pronto ristabilimento della pace e della sicurezza, invito le autorità locali e la comunità internazionale – è stato l’appello del Pontefice – al massimo impegno per risolvere con mezzi pacifici la situazione del conflitto».

Dalla memoria della Shoah l’impegno per la pace e la difesa della dignità umana. «In questi giorni ricordiamo i vostri connazionali che insieme ai membri delle altre nazioni furono vittime dello sterminio nei campi di concentramento tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale – aveva detto poco prima il Papa salutando i fedeli giunti dalla Polonia –. Siate custodi della verità e della memoria di questa tragedia e delle sue vittime, tra cui non pochi martiri cristiani. È un monito per il costante impegno per la pace e per la difesa della dignità della vita umana in ogni nazione e in ogni religione».

Gli auguri per il Capodanno lunare. Non è mancato, infine, uno sguardo e un augurio alle popolazioni del più grande continente del pianeta. «Cari fratelli e sorelle, in Asia Orientale e in diverse parti del mondo milioni di famiglie celebrano oggi il capodanno lunare, occasione per vivere con maggiore intensità le relazioni familiari e i rapporti di amicizia – ha ricordato il Papa, rivolgendo il suo “cordiale saluto” alle persone di lingua cinese –. Con gli auguri per il Nuovo Anno giunga a tutti voi la mia benedizione, mentre invoco per ciascuno dal Signore pace, serenità e salute».

San Giovanni Bosco, maestro di vita. «Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli. Ricorre dopodomani – ha detto in conclusione il Papa – la memoria liturgica di san Giovanni Bosco, sacerdote ed educatore. Guardate a lui come a un maestro di vita e apprendete dalla sua esperienza spirituale a confidare in ogni circostanza in Dio, Padre misericordioso».

La prospettiva di Giuseppe, l’uomo giusto. L’udienza generale, come detto, si è svolta stamani nell’Aula Paolo VI. Nel discorso in lingua italiana il Papa, riprendendo il nuovo ciclo di catechesi che si svolge lungo l’intero Anno Giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza”, ha incentrato la sua meditazione sul tema «“Lo chiamerai Gesù” (Mt 1,21). L’annuncio a Giuseppe (Lettura: Mt 1,18-21)». Un’occasione per riflettere ponendosi, come chiama a fare il Vangelo di Matteo, «nella prospettiva di Giuseppe, l’uomo che assume la paternità legale di Gesù, innestandolo sul tronco di Iesse e collegandolo alla promessa fatta a Davide». Gesù, infatti, è «la speranza di Israele che si compie».

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Nel racconto di Matteo, Giuseppe entra in scena come il fidanzato di Maria. Quando scopre la gravidanza della promessa sposa, «il suo amore viene messo duramente alla prova. Di fronte a una situazione simile, che avrebbe comportato la rottura del fidanzamento, la Legge suggeriva due soluzioni possibili: o un atto giuridico di carattere pubblico, come la convocazione della donna in tribunale, oppure un’azione privata come quella della consegna alla donna di una lettera di ripudio». Cosa accade, dunque? Quale via sceglie, Giuseppe?

Farsi guidare dalla sapienza divina. «Matteo definisce Giuseppe come “giusto” (zaddiq), un uomo cioè che vive della Legge del Signore, che da essa trae ispirazione in ogni occasione della sua vita. Seguendo pertanto la Parola di Dio, Giuseppe agisce ponderatamente: non si lascia sopraffare da sentimenti istintivi e dal timore di accogliere con sé Maria, ma preferisce farsi guidare dalla sapienza divina. Sceglie di separarsi da Maria senza clamori, cioè privatamente (cfr Mt 1,19). Questa sua saggezza gli permette di non sbagliarsi e di rendersi aperto e docile alla voce del Signore, che risuona in lui attraverso il canale del sogno».

«Ora – riprende il Papa –, che cosa sogna Giuseppe di Nazaret? Sogna il miracolo che Dio compie nella vita di Maria, e anche il miracolo che compie nella sua stessa vita: assumere una paternità capace di custodire, di proteggere e di trasmettere un’eredità materiale e spirituale. Il grembo della sua sposa è gravido della promessa di Dio, promessa che porta un nome nel quale è data a tutti la certezza della salvezza (cfr At 4,12): Gesù, Dio salvezza nostra».

Credere, sperare, amare. Con i fatti concreti. Nel sonno Giuseppe sente queste parole: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,20- 21)».

Ebbene: «Di fronte a questa rivelazione – sottolinea Francesco – Giuseppe non chiede prove ulteriori, si fida di Dio, accetta il sogno di Dio sulla sua vita e su quella della sua promessa sposa. Così entra nella grazia di chi sa vivere la promessa divina con fede, speranza e amore. Giuseppe, in tutto questo, non proferisce parola, ma crede, spera e ama. Non si esprime con “parole al vento”, ma con fatti concreti. Egli appartiene alla stirpe di quelli che l’apostolo Giacomo chiama factores Verbi (cfr Gc 1,22), quelli cioè che «mettono in pratica la Parola», traducendola in fatti, in carne, in vita. Giuseppe si fida di Dio e obbedisce: «Il suo essere interiormente vigilante per Dio … diventa spontaneamente obbedienza» (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, Milano-Città del Vaticano 2012, 57)». In conclusione: «Sorelle, fratelli, chiediamo anche noi al Signore la grazia di ascoltare più di quanto parliamo, di sognare i sogni di Dio e di accogliere con responsabilità il Cristo che, dal momento del battesimo, vive e cresce nella nostra vita».





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