Le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 segnano un punto di svolta nella gestione fiscale delle spese aziendali ovvero nella promozione della trasparenza e la riduzione delle possibilità di evasione fiscale.
Le implicazioni delle nuove regole sulla tracciabilità dei pagamenti per trasferte e rimborsi rischiano di creare difficoltà operative sia per le aziende che per i dipendenti, con il timore di incorrere in una doppia tassazione. Questo scenario sta generando dubbi tra gli operatori economici e le autorità fiscali:
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Cosa prevede la nuova normativa sui pagamenti tracciabili -
Rischi di doppia tassazione, i nodi da sciogliere
Cosa prevede la nuova normativa sui pagamenti tracciabili
Dal 2025, le spese relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto sostenute per trasferte o rappresentanza saranno fiscalmente deducibili solo se pagate tramite strumenti tracciabili, come carte di credito, bancomat, bonifici o applicazioni digitali. Il legislatore ha scelto di rendere obbligatoria la tracciabilità per garantire maggiore controllo e combattere irregolarità. Inevitabile l’entrata in vigore di nuove complessità per chi, durante trasferte di lavoro, è abituato a pagare in contanti.
Le aziende saranno vincolate a documentare ogni transazione per poterla dedurre. Qualora i dipendenti anticipino spese in contante, potranno essere rimborsate solo a condizione che il pagamento non tracciabile sia supportato da un documento fiscale adeguato. In caso contrario, tali somme potrebbero essere considerate reddito imponibile, con il conseguente obbligo di tassazione in capo al lavoratore.
Rischi di doppia tassazione, i nodi da sciogliere
Le nuove norme sulla tracciabilità delle spese di trasferta risultano di difficile applicazione per i lavoratori autonomi e presentano incongruenze con la recente riforma dell’Irpef. In particolare, l’obbligo di pagare con mezzi tracciabili vitto, alloggio e trasporto pubblico non di linea (taxi, Ncc) crea un problema di doppia imposizione economica: la spesa, se non tracciata, viene tassata nel reddito del lavoratore e al contempo risulta indeducibile per il committente.
Un primo problema deriva dalla mancata armonizzazione con la riforma del reddito di lavoro autonomo. La legge di Bilancio fa riferimento a commi del Tuir che nella versione attuale non esistono più, creando confusione normativa. Mentre il nuovo articolo 54-ter del Tuir già prevede l’indeducibilità delle spese non tracciate, la legge di Bilancio introduce una disposizione simile, ma priva di coordinamento con la normativa esistente.
Criticità emergono anche per le imprese, con l’introduzione di un comma 3-bis all’articolo 95 del Tuir, che obbliga alla tracciabilità delle spese di trasferta sia per dipendenti sia per autonomi. Tuttavia, questo articolo è sempre stato riferito solo alle trasferte dei lavoratori dipendenti, creando confusione sul trattamento fiscale per i professionisti.
Infine, il sistema genera un’evidente doppia tassazione: se il pagamento non è tracciato, la spesa diventa tassabile per chi la riceve e non deducibile per chi la sostiene, a differenza dei rimborsi forfettari, che pur concorrendo al reddito del lavoratore sono pienamente deducibili dal committente. Questa incongruenza richiede un intervento urgente del legislatore per correggere le distorsioni e garantire una maggiore equità fiscale.
Le associazioni di categoria e gli esperti fiscali stanno sollecitando un intervento correttivo per evitare le criticità derivanti dall’applicazione delle nuove regole. Tra le soluzioni proposte c’è l’introduzione di una fase transitoria che permetta ai soggetti interessati di adattarsi ai nuovi obblighi. Una revisione normativa può anche prevedere strumenti compensativi per agevolare la gestione delle spese in contante in situazioni eccezionali, come trasferte in località dove l’uso di strumenti tracciabili è limitato.
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