Vampira umanista cerca suicida consenziente, la recensione del film

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Ariane Louis-Seize rielabora con intelligenza la figura del vampiro in un film che sfrutta la commistione tra generi come valore aggiunto. In streaming su I Wonderfull dal 4 febbraio.

Tenebre e castelli lugubri? Paletti di frassino e occhi rossi? Macché. Dimenticate la solita silhouette vampiresca, perché l’esordio alla regia di Ariane Louis-Seize, pur avendo al centro della narrazione una famiglia di non-morti, elude gli archetipi (pur basandosi su di essi) e, anzi, porta avanti una rivoluzione visiva e narrativa che punta alla ri-valutazione del vampiro stesso (attualizzandolo, per davvero). Insomma, qui non abbiamo a che fare con il Nosferatu di Eggers (e meno male, aggiunge l’umile opinione di chi scrive), bensì abbiamo a che fare con un coming-of-age capace di affrontare, come meravigliosa semplicità, temi attuali e impellenti: l’incomunicabilità, la ricerca di sé, il senso d’appartenenza, l’emancipazione.

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Sara Montpetit è Sasha

Vampira umanista cerca suicida consenziente(che traduce pedissequamente il titolo originale, Humanist Vampire Seeking Consenting Suicidal Person) tra l’altro, ha fatto un giro strano, lungo e tortuoso. La regista franco-canadese l’ha portato prima alle Giornate degli Autori di Venezia 2023, poi è passato a Toronto e, grazie all’acquisizione di Drafthouse Films è arrivato negli Stati Uniti nel giugno del 2024. Come spesso accade – anche tristemente, aggiungiamo – la distribuzione italiana ha ignorato per quasi due anni le critiche entusiaste, facendo tardare la release nostrana. In questo senso, è venuto in aiuto lo streaming: a distribuirlo è infatti I Wonderfull, che lo porta in piattaforma dal 4 febbraio.

Vampira umanista cerca suicida consenziente: come riscrivere un vampiro

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La famiglia tradizionale vampiresca

Scritto dalla Louis-Seize insieme a Christine Doyon, Vampira umanista cerca suicida consenziente traduce la poesia del titolo in un plot che vede protagonista Sasha (Sara Montpetit), una vampira a cui sembra non crescano i canini. La famiglia, tradizionalista, è spiazzata e irritata. Ma Sasha, di mordere, succhiare e uccidere proprio non ne vuole sapere. Troppo sensibile, troppo empatica e ancora troppo traumatizzata da un episodio che ha segnato la sua infanzia. Tuttavia, le zanne della ragazza spuntano all’improvviso. Quando? Dopo aver conosciuto Paul (Félix-Antoine Bénard), suo coetaneo dalle manie suicide. Non capisce bene il motivo, restando spiazzata dai sentimenti, nuovi, che scoprirà poco a poco. Sasha, messa alle strette dalla sua famiglia (dovrà cavarsela da sola, precludendole l’accesso alle riserve di sangue), stringerà con Paul una fortissima amicizia, affrontando una trasformazione molto simile ad una maturazione.

Un coming-of-age che gioca sulle commistioni

Una splendida vampira progressista quella di Ariane Louis-Seize, per un’opera che gioca sul filo della black comedy senza risultare mai eccessiva, o scoordinata rispetto ai toni che sceglie di intraprendere. Un gioco di commistioni, di colori, di ironia. L’emblema della contaminazione di genere, per una destrutturazione totale della figura del vampiro, da sempre ossessione di un certo cinema eccentrico e spregiudicato (basti pensare a Jim Jarmusch con Solo gli amanti sopravvivono o a A Girl Walks Home Alone at Night di Ana Lily Amirpour, due dei massimi esempi di poetica vampiresca non-convenzionale). Il romanzo di formazione, ma anche il confronto generazionale che viaggia lungo una mutazione non solo fisica ma anche spirituale dei concetti quasi esistenziali.

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Sara Montpetit e Félix-Antoine Bénard

È interessante, in questo senso, la scrittura poi tradotta nella struttura filmica (menzione alla fotografia di Shawn Pavlin): un adolescente anticonformista e solitaria che rinnega, per ideali e forza della ragione, la propria stessa natura. Un concetto applicabile, oggi, a qualsiasi rivendicazione sociale o personale (basti pensare all’identità sessuale), ed allargato – attraverso l’utilizzo intelligente dell’archetipo – ad una lettura mai banale, ed anzi vivida nonostante l’ombra mortifera (a cominciare dallo spunto del suicidio) che si aggira sul film. Sarà poi nel finale che Vampira umanista cerca suicida consenziente compirà un’ulteriore – e non scontato – passo. In fondo, se la qualità di un film è sempre correlata alla scrittura e all’idea, la differenza in questo caso arriva dalla grande capacità di puntellare quelle sfumature capaci di essere familiari e, per questo, riconoscibili. Come dire, ce ne fossero di vampiri così originali. E non solo al cinema.

Conclusioni

La figura del vampiro diventa emblema di progressione, consapevolezza e identità. Un discorso generazionale, che mette in modo innovazione e tradizione, secondo un approccio narrativo di forte impatto, e ben legato alla tecnica di Ariane Louis-Seize, regista all’esordio da un futuro già radioso.

Perché ci piace

  • La regia, pop ma ricercata.
  • Tecnicamente molto valido.
  • L’idea di rivedere la figura del vampiro.

Cosa non va

  • Forse, la parte centrale soffre nel ritmo.





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