Xylella, al lavoro per un nuovo piano. «Maggiore fiducia nella scienza»

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«È stato un colpo al cuore vedere il bellissimo paesaggio pugliese distrutto dalla Xylella». Massimo Vincenzini, presidente in carica dell’Accademia dei Georgofili, ha avviato in Puglia la sezione Sud Est del sodalizio nazionale che da quasi 300 anni osserva e monitora lo stato dell’arte delle scienze agrarie e dello sviluppo naturale nel nostro Paese.

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Presidente, sembra molto provato dallo scenario che le si è presentato al suo arrivo.

«Difficile restare impassibili di fronte ad una tale devastazione. Non è un argomento che si può tralasciare anche per le implicazioni che ci sono state soprattutto dal punto di vista politico e giudiziario. La scienza è stata messa di fronte a un plotone, alimentato dai social, che ha messo in dubbio la sua affidabilità. Eppure sono stati i ricercatori ad avvisare la comunità della presenza di un pericolo nuovo, fino ad allora sconosciuto in queste zone e che poteva essere combattuto solo seguendo una certa profilassi. Invece non è stato così».

Non nasconde il rammarico per lo sviluppo di una vicenda che ha cambiato profondamente la scena agricola locale, in particolare nel Salento.

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«Questi aggressori biologici, che siano batteri, insetti portatori o virus, non sono una cosa nuova. L’uomo si è da sempre confrontato con queste sciagure che hanno coinvolto il mondo dell’agricoltura. Pensiamo alla fine della seconda metà dell’Ottocento: il disegno dei vigneti europei è cambiato per via della filossera, quindi abbiamo avuto tutta la viticoltura europea devastata dagli effetti di un insetto molto temibile. Ma non solo. Abbiamo visto filari di palme disastrati per effetto di parassiti, distruzione in tutti i frutteti del nord est con la cimice asiatica, andati persi interi castagneti e le pinete costiere attaccati da insetti che hanno trovato piante ospiti per effetto del riscaldamento. Non si può intervenire perché non abbiamo strumenti adatti e utilizzabili. Insomma, non sempre la risposta è pronta nel cassetto dei ricercatori e questo va capito, bisognerebbe pensarci prima, prevenire le invasioni. Questo è il compito dell’Accademia, cioè parlare, dibattere e vedere come intervenire perché all’orizzonte ci sono altri potenziali patogeni. La ricerca serve proprio a studiarli prima che arrivino».

Cosa si può fare praticamente di fronte a queste minacce?

«Faccio un esempio attualissimo: la settimana scorsa abbiamo organizzato un convegno sulla cocciniglia tartaruga che sta devastando i pini in varie parti d’Italia. L’obiettivo è combatterla in modo biologico, nel rispetto dell’ambiente. Questo richiede di andare a studiare nel paese di origine di questi fitopatogeni e trovare un antagonista. Ovviamente si tratta di studi complessi e articolati e non è facile avere subito la risposta pronta: basti pensare che quando è arrivato il Covid, non avevamo neanche le mascherine. Il punto è che occorre rinnovare il patto di fiducia tra la società e la scienza per evitare altre catastrofi come la Xylella, senza pregiudizi, senza affidarsi agli stregoni di turno che combinano soltanto danni. Gli scienziati dedicano la loro vita a trovare le cause dei problemi a beneficio dell’umanità: purtroppo ci ricordiamo di queste cose solo quando siamo con l’acqua alla gola».

La Xylella ritorna come esempio emblematico di questa stortura.

«Non è difficile capire il perché. Di fronte alla tragedia ambientale provocata dall’infezione circa 15 anni fa cosa è stato fatto? Invece di dare credito agli scienziati, abbiamo messo in campo magistratura e la politica. Abbiamo fatto di tutto per contrastare la scienza e questa è stata anche una responsabilità dei giornalisti che hanno alimentato polemiche e quant’altro. Allora proviamo a riconoscere anche gli errori commessi nel passato. Come presidente dell’Accademia sono il primo a predicare buon senso. Quando ci confrontiamo e parliamo con la stampa, i media, la società civile che non è abituata ai termini che usiamo per i nostri lavori scientifici, dobbiamo sforzarci di spiegare le cose, dobbiamo essere più disponibili però la stessa cosa deve fare la vostra categoria. Questa è la collaborazione giusta perché con il riscaldamento globale avremo altri “invasori alieni”. È di questi giorni la notizia ci sono altri focolai di Xylella che coinvolgono specie e sottospecie, trovate semplicemente perché sono state cercate: sono arrivati i fondi per monitorare le zone. Se la miglior medicina per l’essere umano è la prevenzione perché non adottiamo la stessa strategia per l’ambiente? Sono stati creati vaccini potentissimi in soli 9 mesi perché non si può fare la stessa cosa per l’agricoltura?».

Usare la stessa lungimiranza facendo prevenzione, quindi.

«Spendiamo centinaia di euro per una risonanza e non per delle indagini del terreno. Non c’è molta logica. E se pensiamo che addirittura qui a Bari, nel centro che si occupava di ricerca è arrivata la Finanza a sequestrare dei pc, non si può non pensare che, in questi anni, sono stati fatti passi indietro. La soluzione è comunicare meglio e ridare autorevolezza a chi è esperto e si affida a fonti attendibili. L’Accademia che presiedo è composta da persone che si dedicano gratuitamente alla ricerca per migliorare la vita delle persone. Non possiamo continuare a fare da soli, le risorse sono in netta diminuzione: ci sono 8 miliardi di esseri umani su questo pianeta e un miliardo è al di sotto del livello di sostentamento. L’equilibrio è instabile».

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Uno dei grandi temi di questi mesi è la siccità. In Puglia la situazione è da codice rosso.

«La gestione dell’acqua è una scienza che si può fare al meglio conoscendo il territorio. Invece in Italia si impermeabilizzano 2 metri quadri di suolo al secondo. In questo modo il ciclo dell’acqua viene interrotto. Andrà sempre peggio se pensiamo di che le risorse siano illimitate. Siamo già nettamente in riserva».

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