“L’autorevolezza fa bene ai brand”

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Pubblicità, abbonamenti e sostegno pubblico. Un mix equilibrato nelle fonti di finanziamento è oggi la migliore condizione per garantire l’indipendenza della stampa e la qualità dei prodotti editoriali. Il presidente Marco Travaglia spiega la ricetta di Upa – l’Associazione che riunisce le più importanti aziende industriali, commerciali e di servizi che investono in pubblicità e comunicazione in Italia – per mantenere “un bene irrinunciabile, sia sul piano della convivenza democratica sia sul piano dell’opportunità economica di affiancare la comunicazione pubblicitaria di un’azienda a veicoli di comunicazione verificabili e autorevoli”.

A questo scopo, la collaborazione con Fieg si sta rivelando un modello vincente. “Da sempre vi è ampia collaborazione con la Federazione degli editori, prima su Audipress e oggi su Audicom. Insieme abbiamo sviluppato molte importanti iniziative e realizzato ricerche mirate sul valore della stampa. Prevedo e auspico che tali intese proseguiranno anche in futuro”.

A proposito di Audicom, la nuova ricerca integrata che sarà disponibile dal secondo semestre 2025, metterà a disposizione per la prima volta agli editori e al mercato un dato unico “Digital&Print”. Può spiegarci di cosa si tratta e quanto può impattare sulla pianificazione pubblicitaria delle imprese? “Si tratta di una total audience deduplicata fra gli utenti online di un brand editoriale su qualsiasi device e i lettori di una testata cartacea, quotidiana o periodica. Il dato, disponibile solo per gli editori iscritti sia all’indagine digital che all’indagine print, è importante perché dà visibilità ai risultati degli investimenti e delle competenze multicanale degli editori, che ormai operano in modo integrato fra carta e online, esattamente come fanno i consumatori e quindi le marche delle aziende Upa. Gli impatti diretti della disponibilità del nuovo dato sulle pianificazioni non sono semplici da stimare, ma sicuramente a livello indiretto la total audience digital+print consoliderà la percezione dei mezzi e degli editori rilevati, aiutando quindi la loro presenza nelle pianificazioni strategiche e operative”.

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Qual è lo stato attuale della pianificazione pubblicitaria sui media italiani? “Negli ultimi anni è stata registrata una tendenza verso le campagne a performance, sacrificando un po’ il media planning. Ora il pendolo potrebbe tornare nella direzione della qualità del media, anche grazie a nuove variabili di mercato: la difficoltà dei cookies, le ricerche sulle attention metrics. In questo senso, a livello internazionale, può essere emblematico il caso Nike: dopo una focalizzazione spinta sui canali di vendita digitali diretti, l’azienda ha dovuto cambiare strategia per tornare a costruire un brand forte e la voglia da parte dei consumatori di acquistare un prodotto distintivo. Tuttavia, gli editori non devono solo aspettarsi un ritorno a logiche media, bensì devono rilanciare sulle nuove sfide, prime fra tutte l’integrazione con i creator e l’uso dell’Intelligenza Artificiale”.

La pubblicità accessibile e inclusiva non è solo un dovere etico, ma una scelta strategica che può migliorare la qualità della comunicazione. Quale contributo possono dare gli investitori pubblicitari al suo sviluppo? “Gli investitori pubblicitari possono svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo della pubblicità accessibile e inclusiva, adottando i criteri definiti nella Prassi di riferimento UNI/PdR 164 sulla pubblicità accessibile e inclusiva, promossa da Upa in collaborazione con Una, l’associazione delle agenzie della comunicazione, e Fcp, l’associazione delle concessionarie di pubblicità. L’integrazione dei requisiti e delle raccomandazioni indicati nella Prassi nei processi creativi, strategici e produttivi delle campagne consente alle aziende di garantire contenuti inclusivi e accessibili a tutte le persone, indipendentemente dalle loro abilità o condizioni”.

Per esempio? “Tra gli standard di accessibilità e inclusione figurano l’utilizzo di sottotitoli, descrizioni audio, un design visivo inclusivo, elementi essenziali per una comunicazione davvero universale. Parallelamente, gli investitori pubblicitari, grazie al loro peso economico e decisionale, possono influenzare positivamente gli altri attori del settore – agenzie creative, media, editori e partner tecnologici – incoraggiandoli a adottare pratiche conformi alla Prassi e costituendo così un sistema integrato”.

Come valuta l’attuale rapporto tra informazione di qualità e pubblicità in Italia e quali ritiene possano essere gli sviluppi futuri? “Bisogna prendere atto che gli investimenti pubblicitari sulle piattaforme tradizionali, cartacee, dell’informazione di qualità stanno calando in maniera significativa da anni. E ciò non perché queste non svolgano più un ruolo di prezioso presidio dell’informazione di qualità, bensì perché le preferenze dei consumatori si orientano sempre più verso piattaforme digitali di fruizione dei contenuti informativi. E infatti è verso queste modalità di erogazione dei contenuti che gli editori si stanno orientando con siti, app e copie digitali fruibili su qualsiasi device. Non è un caso che tale trend sia certificato in crescita dai dati Audipress: meno copie cartacee a fronte di più copie digitali. Certo non basta”.

Perché non basta? “Perché l’ecosistema digitale è presidiato dalle grandi piattaforme native digitali, che hanno una capacità di attrazione pari alla incapacità, o impossibilità, di produrre informazione di qualità. Credo quindi che un mix equilibrato fra pubblicità, abbonamenti e sostegno pubblico nelle fonti di finanziamento dell’informazione di qualità, costituisca oggi la condizione migliore per garantire l’indipendenza della stampa e la qualità dei prodotti editoriali”.



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