Miele italiano nel mirino delle frodi: cala la produzione interna: apicoltura a rischio

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Il sistema di tracciabilità introdotto da Bruxelles è una speranza, ma gli esperti auspicano la nascita di un laboratorio europeo di riferimento per l’analisi.

Mentre cresce l’allarme sulla contraffazione del miele, si perfezionano le tecniche di sofisticazione, rendendo più arduo individuare le frodi e aggirare i controlli previsti dalla normativa. Il problema non si limita ai rischi per la salute dei consumatori, ma ha ripercussioni pesanti sull’intero settore apistico italiano, già in difficoltà a causa del cambiamento climatico, dell’uso di pesticidi e per la diffusione di nuovi predatori delle api. I dati parlano chiaro: negli ultimi cinque anni la produzione di miele si è dimezzata, mettendo in crisi i circa 20mila apicoltori professionali su un totale di 75mila operatori, che gestiscono complessivamente 1,6 milioni di arnie. Le frodi rischiano di peggiorare ulteriormente una situazione già critica.

Un segnale di speranza arriva dall’Unione Europea. “La nuova direttiva “Breakfast”, appena approvata a Bruxelles, introduce un sistema di tracciabilità che potrebbe limitare il fenomeno”, spiega Giuseppe Cefalo, presidente di Unaapi (Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani). Tuttavia, per contrastare efficacemente la contraffazione, sarà essenziale accelerare l’istituzione di un laboratorio europeo di riferimento per l’analisi del miele, che impiegherà tecnologie avanzate per individuare le adulterazioni. L’attesa, però, potrebbe essere lunga: la direttiva prevede un periodo di 4-5 anni prima dell’attivazione del laboratorio. “Stiamo lavorando, insieme ad altri Paesi europei, per ridurre i tempi”, aggiunge Cefalo.

Ma è una corsa che vede i falsificatori sempre in fuga. “Sono almeno dieci anni avanti rispetto a chi effettua i controlli”, In alcuni casi, vengono aggiunti zuccheri esogeni sotto forma di sciroppi, come quelli di mais o di riso, per aumentarne il volume in modo fraudolento. In altri, si manipola l’origine geografica o botanica del prodotto attraverso processi di filtrazione industriale, seguiti dall’aggiunta artificiale di pollini per camuffarne la provenienza. Esiste anche la pratica di commercializzare un prodotto che di fatto non è miele: si tratta di nettare fresco raccolto prima che le api lo trasformino naturalmente, a cui viene aggiunto polline per imitarne l’aspetto e dal quale viene rimossa l’acqua tramite deumidificazione industriale.

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Parallelamente alla diminuzione della produzione interna, cresce l’importazione di miele. Nel 2024 l’Italia ha acquistato dall’estero circa 18mila tonnellate di prodotto (+16% rispetto all’anno precedente), di cui la quasi totalità – 17mila tonnellate – proveniente da altri Paesi europei. L’Ungheria è il principale fornitore, seguita da Ucraina e Romania. La produzione nazionale, invece, si aggira intorno alle 22mila tonnellate.

“Il rischio maggiore si annida nei flussi di miele dichiarato falsamente come prodotto in Europa”, avverte Raffaele Cirone, presidente della Federazione Apicoltori Italiani. Secondo il quale, l’aumento delle importazioni rende necessaria una vigilanza più rigorosa: “Serve un maggiore impegno degli enti preposti nel controllare il miele in transito ai punti di ingresso doganali, per tutelare sia i consumatori che gli apicoltori”.

Ma come può un consumatore riconoscere ed evitare le frodi? Uno dei primi segnali di possibile contraffazione è il prezzo. “Se un barattolo da 500 grammi viene venduto a soli 3 euro, è un chiaro campanello d’allarme – avverte Giuseppe Cefalo –. Il costo medio del miele si aggira intorno ai 10 euro al chilo, con prezzi più elevati per varietà pregiate come l’acacia o il tiglio”. Un altro aspetto fondamentale è l’etichetta: è consigliabile scegliere miele con la dicitura “prodotto e confezionato in Italia”, evitando le miscele di origine incerta. L’ideale sarebbe acquistarlo direttamente da apicoltori di fiducia. “Sostenere chi alleva le api significa tutelare non solo il miele, ma l’intero ecosistema” sottolinea Cefalo.

L’Italia vanta un patrimonio apistico di assoluto valore. «Il nostro Paese si distingue a livello globale per il know-how dei produttori e per l’introduzione del concetto di miele monoflora – spiega ancora Cefalo –. Ad esempio, il miele di tiglio in Finlandia non esiste. La scelta di caratterizzare il miele dal punto di vista botanico ha permesso di offrire prodotti unici e di qualità, con ben 60 tipologie differenti di miele italiano».

Difendere questa eccellenza significa contrastare le frodi e proteggere un settore fondamentale per l’agroalimentare nazionale. Per questo motivo, una possibile strategia per valorizzare il miele italiano e combattere la contraffazione potrebbe essere l’introduzione di una certificazione “alta qualità”, come suggerito da Raffaele Cirone.



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