Il 24 gennaio è apparso in libreria e in questi giorni l’autore ne parla all’evento del MIM sull’intelligenza artificiale a Milano (NextGen AI). Di cosa si tratta? Dell’ultimo studio di Giuseppe Riva, psicologo dei media digitali, docente all’Università Cattolica di Milano, dove dirige anche il Humane Technology Lab.
Il libro si intitola Io, noi, loro. Le relazioni nell’era dei social e dell’IA ed è pubblicato da Il Mulino dove ha precedentemente pubblicato molti dei suoi saggi (tra questi Psicologia dei media digitali – con Tiziana Mancini, 2023, Nativi digitali. Crescere e apprendere nel mondo dei nuovi media -2019 e Fake news. Vivere e sopravvivere in un mondo post-verità – 2018).
Il volume, come spiega Elena Tebano che ha intervistato l’autore per news letter “Il mondo visto dagli altri” de Il Corriere della Sera, si basa sui più recenti studi delle neuroscienze sociali e cognitive e mostra come i social media possono essere sia risorsa che pericolo per gli adolescenti.
Una questione che è al centro del dibattito da mesi, non solo in Australia dove una legge li vieta sotto una certa età ma anche in Italia dove si scontrano fazioni del sì e del no schierando psicologici, pedagogisti, neurologi, e chi più ne ha più ne metta.
Il volume di Riva, attraverso un’analisi scientifica ed esperienziale, esamina:
- le basi neurobiologiche del “senso del Noi” e il ruolo cruciale delle interazioni faccia a faccia nel promuovere empatia, fiducia e cooperazione;
- gli effetti della comunicazione digitale, spesso frammentata e superficiale, che ci lascia connessi virtualmente ma isolati emotivamente.
Luoghi fisici e corpi in interazione
Rispondendo alle domande di Elena Tebano, Riva spiega che “le vere relazioni sono profondamente radicate nei luoghi fisici e nelle interazioni corporee. Il nostro cervello, infatti, è programmato per collegare i luoghi che frequentiamo alla nostra identità. I neuroni GPS, ad esempio, ci aiutano a costruire la nostra memoria autobiografica e a definire chi siamo in base ai contesti in cui ci troviamo: siamo studenti perché frequentiamo la scuola, tifosi perché andiamo allo stadio”.
“L’identità sociale si forma attraverso il corpo, in particolare grazie ai neuroni specchio che ci consentono di percepire istintivamente emozioni e intenzioni altrui. Nell’interazione fisica, cooperiamo inconsapevolmente: ci adattiamo alle reazioni degli altri e loro alle nostre, creando una continua sintonia condivisa”.
E qui il prof. Riva spiega come la tecnica dell’Hyperscanning (elettroencefalogramma simultaneo di più persone) abbia di recente rivelato che quando interagiamo fisicamente, le oscillazioni neurali dei nostri cervelli si sincronizzano, cosa che non avviene nelle interazioni on line.
“Uno studio condotto su una classe di studenti per dieci settimane ha dimostrato che maggiore era la sincronizzazione delle onde cerebrali – sia tra gli studenti che con l’insegnante – migliore risultava l’apprendimento. È come se i cervelli creassero una rete di elaborazione collettiva, superando la somma delle singole capacità. Questa sincronizzazione neurobiologica richiede però un’attenzione condivisa basata sullo scambio di sguardi, impossibile nelle comunità virtuali”.
On line non si attivano processi di empatia, sintonia e sincronizzazione ed i legami vengono costruiti mediante il racconto, lo storytelling. Ma nel racconto io posso inventare una identità che non esiste, un “me ideale” che si stacca dalla realtà e che non è verificabile nell’interazione fisica nello spazio reale.
E continua: “mentre l’empatia fisica nasce dall’osservazione diretta delle emozioni altrui, online viene sostituita dal contagio emotivo: un trasferimento di contenuti emotivi che possono essere costruiti strategicamente per suscitare reazioni specifiche”.
Quello che rischia di sparire, dunque, è la modalità noi, sostituita dalla modalità io.
“Siamo connessi – scrive Byung-Chul Han nel suo ultimo libro – ma non legati. L’essere in relazione viene sostituito dall’avere contatti”. In altre parole – continua “nei media digitali prevale l’io sul noi: è più importante “esserci” e farsi notare. Le comunità digitali si rivelano così “non-gruppi”: aggregazioni dove, nonostante la presenza fisica o virtuale, manca una vera coesione. Sono anche “nonluoghi” che non attivano i neuroni GPS del cervello né lasciano tracce significative nella nostra memoria autobiografica, generando un senso di vuoto e solitudine”.
Le relazioni digitali cambiano i processi cognitivi e le interazioni tra i soggetti e incidono molto sulla costruzione della persona dell’adolescente che nei social non riesce a costruire il noi. Non va poi dimenticato che le comunità digitali tendono a creare connessioni solo tra persone simili. Generano cioè quelle che gli studiosi chiamano camere dell’eco o bolle. E ciò comporta l’eliminazione del confronto con la diversità con la conseguenza che se gli adolescenti stanno solo nelle comunità digitali rischiano di bloccare il proprio sviluppo e di perdere la capacità di gestire le interazioni nel mondo reale dove ci sono anche frustrazioni, fallimenti, difficoltà, emozioni negative che occorre imparare a gestire se si vuole crescere davvero.
Vietare i social?
La risposta del prof. Riva evita inutili esasperazioni e sostiene che in realtà i “social sono una risorsa se diventano uno strumento per esplorare in modo più sfaccettato e complesso la propria identità. L’importante è che questo tipo di relazioni non sostituisca quelle reali”.
Suggerisce poi la creazione di un “patentino dei social media come prerequisito per aprire un profilo, così come chiediamo ai 14enni di fare il patentino per guidare uno scooter”. E, soprattutto, sottolinea la necessità di spingere verso esperienze reale di costruzione del noi. E quindi verso incontri fisici in spazi fisici reali evitando – e qui parla ai genitori – di pensare che proteggere i nostri figli dalle frustrazioni sia un modo di farli crescere bene dal punto di vista emotivo e sociale: è infatti vero esattamente il contrario.
Come coltivare il noi nell’era dell’AI e del digitale?
“Io, Noi, Loro” non si limita tuttavia a una diagnosi dei rischi, ma propone strategie per coltivare il “senso del Noi” nell’era digitale, tra cui:
- educare all’uso consapevole e critico della tecnologia;
- creare spazi di incontro che integrino il mondo digitale con quello reale;
- promuovere un’etica del rispetto e della responsabilità online.
“La tecnologia non è di per sé un nemico del ‘senso del Noi’”, conclude Riva. “Possiamo imparare a usarla in modo saggio, per amplificare le nostre connessioni e costruire un futuro più umano e solidale”.
Il questionario della Tecnica della Scuola e Indire
Intelligenza Artificiale e formazione, è davvero rivoluzione? La Tecnica della Scuola e il gruppo di ricerca Paths di Indire lanciano il questionario rivolto ai docenti di ogni ordine e grado delle nostre scuole, per affrontare il tema dell’AI applicato alla didattica.
Una ricerca unica in Italia, il primo questionario per gli insegnanti che si stanno cimentando con quello che da molti è visto come lo strumento che caratterizzerà il presente e il futuro della nostra vita, in ogni settore, compresa la scuola.
Tante le ricerche internazionali susseguitesi negli ultimi tempi che hanno cercato di capire se l’intelligenza artificiale può essere utilizzata nella pratica didattica del docente per migliorare l’apprendimento degli studenti.
Grazie all’indagine lanciata da Indire e La Tecnica della Scuola, il docente risponderà a una serie di domande semplici ma pratiche chiarendo qual è il rapporto attuale che vive con l’IA. L’utilizzo di questo strumento, a disposizione di tutti i docenti, può riflettersi sull’apprendimento degli alunni che, in alcuni casi, sembrano essere più avanti dei loro insegnanti nella conoscenza del mezzo.
La ricerca proverà a svelare, con l’aiuto dei partecipanti, quale uso il docente fa dello strumento, se può servire nella pianificazione delle attività didattiche, nell’organizzazione delle attività extra docenza, quanto e in cosa può essere utile per lo studente, i motivi che possono ostacolare (se ci sono) l’utilizzo dell’IA in classe.
I risultati dell’indagine, che si chiuderà il 16 febbraio 2025, saranno pubblicati sul portale della Tecnica della Scuola e sul sito di Indire.
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