“Fortissimi rischi per il paesaggio fragile della Costa Viola”

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Resta misteriosamente blindato il progetto del grande impianto idroelettrico a pompaggio marino che Edison vuole realizzare a Favazzina. Come se fosse una questione privata, invece si tratta di un investimento che la multinazionale propone al Mite come opera da finanziare con fondi Pnrr e del piano nazionale integrato per l‘energia e il clima (Pniec).

L’ultima notizia che abbiamo dell’iter è quella della nuova consultazione pubblica nel procedimento di Via (la seconda dopo la richiesta di integrazioni da parte del Mase), scaduta a fine giugno scorso. Da allora non ci sono stati aggiornamenti, mentre Edison durante l’estate ha citato come in fase di avvio due altri progetti di pompaggio da sviluppare a Pescopagano (Potenza) e Villarosa (Enna). Anche questi in attesa di autorizzazione ministeriale, non saranno però grandi impianti come quello di Favazzina e prevedono l’utilizzo di invasi esistenti con lavori di ingegneria sotteranea a completamento.

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Una vera e propria strategia per la crescita delle energie rinnovabili puntando sulle risorse naturali del Sud Italia, nella quale la multinazionale lombarda ha sottoscritto un accordo programmatico con… WeBuild. Un’azienza con cui l’area dello Stretto ha già molto a che fare, partner di Edison per un piano proiettato al 2030 con l’obiettivo di lavorare in modo congiunto ai vari progetti di accumulo idroelettrico della società nelle regioni meridionali. Potrebbe esserci anche quello di Favazzina, su cui sono tanti i dubbi degli ambientalisti. Nell’ambito del coordinamento regionale Controvento un comitato spontaneo per la difesa della Costa Viola si è costituito per portare avanti una campagna contro il mega invaso idrico di Edison. L’8 febbraio il movimento ha organizzato a Scilla una giornata di mobilitazione per informare la cittadinanza dell’impatto che quest’opera avrebbe sul territorio. Ne abbiamo parlato con il professore Alberto Ziparo, ingegnere e urbanista, docente universitario di urbanistica e ambientalista, che fa parte del gruppo di lavoro sul progetto creato all’interno del comitato civico. 

Questo progetto sta procedendo sottotraccia, senza clamori né grandi ostacoli. Già due volte (sia per procedura di concessione demaniale sia nella fase delle integrazioni alla Via) nessuna osservazione è stata presentata da enti o cittadini, lasciando trascorrere il tempo messo a disposizione della legge per la partecipazione pubblica. Edison presenta questa struttura come “strategica per il bilancio energetico nazionale e finalizzata a raggiungere gli obiettivi energetici a livello nazionale ed europeo sulla decarbonizzazione e Green Deal”. Insomma, secondo loro è decisamente ecologica. Quali saranno le reali conseguenze se l’impianto fosse realizzato nella zona di Favazzina e perché i rischi connessi non sono stati percepiti sul territorio?

“La prima grave anomalia da rilevare rispetto all’iter del progetto in questione è appunto il silenzio con cui si è portata avanti la stessa, almeno fino a qualche mese fa”.

“Non solo gli abitanti dei territori interessati non ne sapevano nulla o quasi, ma anche enti e uffici regionali e locali, addirittura preposti ad esprimere parere, non avevano saputo alcunché; e per la gran parte oggi sono nella stessa situazione. La stessa procedura di Via è avanzata in un rapporto pressoché esclusivo quanto singolare tra Mase e proponente, arrivando addirittura alle integrazioni dopo le prime osservazioni, mentre la società e le istituzioni locali ignoravano il progetto”.

Un progetto silente, su cui persino gli enti locali coinvolti hanno pochissime informazioni

“Questa è una grave anomalia procedurale, in quanto il proponente deve garantire la necessaria conoscenza e partecipazione al progetto, non limitandosi a inviarlo agli enti interessati (tra cui ci sono le associazioni ambientaliste iscritte all’apposito albo di accredito nazionale presso il Mase, che invece non hanno ricevuto nulla), ma riscontrando la presa d’atto da parte delle istituzioni interessate dell’esistenza di nuovo progetto per i territori di pertinenza”.

“Il progetto è tutt’altro che strategico, producendo elettricità di mettere in rete solo in occasioni particolari, da esuberanza di domanda, con previsioni spaziali di eventuale utilizzo prevalentemente in territori dell’Italia centrale, tra l’altro con perdite di energia nel trasporto notevoli”.

“Resta un mistero perché si sia scelto un versante della Costa Viola assai fragile, in quanto interessato da tempo da fenomeni di grave dissesto, rischi di alluvione e franosità, accentuati oggi dalle ricadute nel contesto degli effetti della crisi ecoclimatica; con presenza d’altra parte anche di elementi di forte pregio paesaggistico, segnati da vincoli di tutela, con rischi fortissimi di sfascio territoriale e dequalificazione del paesaggio”.

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Un tema che vorrei approfondire con lei è quello dell’impatto in fase di costruzione dell’impianto. Una diga in quella ubicazione è sicura per l’ambiente e la comunità locale (come sostiene Edison nelle integrazioni)? E cosa comporterà per terreni coinvolti e sotto il profilo degli espropri? 

“L’ubicazione è tutt’altro che sicura visto lo stato dei terreni interessati, nel suolo e nel sottosuolo, già marcati da dissesti, con rischi di esondazioni e alluvioni e con franosità. L’attività di cantiere sarebbe assai problematica per questi motivi e rischierebbe di costituire il ‘colpo di grazia’ per questi territori”.

“Inoltre, se mai si arrivasse all’approvazione del progetto e quindi alle procedure di esproprio, i proprietari si troverebbero in presenza di un bene che ha già perso valore passando dalla destinazione attuale al servizio all’industria”.

Quanto sarà dannosa per l’ecosistema la fonte marina, vantata da Edison come assoluta novità italiana negli impianti di pompaggio? Quali conseguenze avrà il riciclo di acqua nel mare ad altissime temperature dopo la produzione dell’energia?

“Il sistema di pompaggio costituirebbe ulteriore forte fattore di rischi e impatti fortissimi, con l’impianto di presa a mare e i ‘vasconi’, il serbatoio sotterraneo (600 m. sotto il piano di campagna!) e il bacino superficiale collinare, nonchè il sistema di collegamenti e collettori. Si andrebbe a colpire ulteriormente le strutture portanti (già fragili) dell’armatura idrogeomorfologica presente, con effetti probabili di ulteriori sconnessioni e dissesti, fino a rendere possibili autentici disastri”.

L’impatto sull’ecosistema marino e le specie animali e vegetali a rischio sopravvivenza

“L’acqua salata di mare prevista dal progetto costituirebbe impatto gravissimo soprattutto in caso di perdite e dispersioni nell’intorno, ma comportebbe pure costi esorbitanti di manutenzione per la forte continua corrosione degli impianti di trasporto e utilizzo del liquido. E’ probabile anche in questo caso, come avvenuto per progetti analoghi recenti che prevedevano l’uso diretto di acqua marina, che in fase di cantiere il progetto sia variato con la presenza di dissalatori (e relativi forti costi aggiuntivi)”.

“L’ecosistema marino interessato già soffre per la temperatura troppo elevata per il global warming: in questa situazione di sofferenza arriverebbe l’ulteriore aggravante costituita da acque caldissime da raffreddare e riciclare. Molte specie animali e vegetali non sopravviverebbero, con effetti di desertificazione sottomarina da moria o abbandono dei siti”.

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L’impiego spregiudicato delle rinnovabili in provincia di Reggio Calabria può definirsi un autentico caso di sfruttamento che il nostro territorio sta subendo con future perdite gravissime?

“Sì! Non dimentichiamo che non solo il reggino, ma tutto il territorio regionale è segnato da migliaia di pale eoliche o impianti solari non ancora entrati in produzione e di cui è previsto il collegamento alla rete tra diversi anni, in alcuni casi addirittura decenni. Già questo programma va rivisitato con cancellazione e rimozione delle molte opere sovrabbondanti. E’ chiaro che è da folli pensare, o addirittura approvare, progetti di  nuove opere, sia pure definite “rinnovabili”.

Nelle integrazioni, Edison espone una serie di interventi che maschererebbero l’impatto visivo sul paesaggio soprattutto durante la cantierizzazione, spiegando che tante opere saranno sotterranee e che, a chiusura dei cantieri, sarà ripristinato lo stato precedente. Ma l’impianto richiede anni per essere ultimato. Nel frattempo cosa sarà successo?

“Il limite di tali approcci e disegni è che considerano solo il paesaggio percettivo. Come testimoniato dal vasto ricorso a repertori fotografici per le simulazioni”.

“Ma il paesaggio ci appare tale perchè la consistenza ecologica e l’ecofunzionalità dei territori interessati è abbastanza integra. Già i cantieri metterebbero in crisi tali ecosistemi, compremettendone i servizi e le funzioni che ne garantiscono la qualità delle componenti, per esempio sottraendo acqua o i nutrienti contenuti nei brani di sottosuolo che sparirebbero o sarebbero alterati. In questi casi il paesaggio sparisce o viene sfigurato da interventi di impatti similari alla sua cancellazione per urbanizzazioni. Queste situazioni, in cui tra l’altro un reale ripristino non è possibile, sarebbero diffuse nei contesti di versante interessati. Si coglierebbero immediatamente in analisi mirate, in questo caso completamente assenti (forse sconosciute ai tecnici del proponente). In generale tutto il quadro conoscitivo allegato al progetto è assai, decisamente troppo, carente e lacunoso”.

Sulla questione Natura 2000, afferma Edison: “Un nuovo sopralluogo effettuato a maggio 2024 ha confermato l’assenza di habitat in corrispondenza delle aree direttamente interessate dal progetto e di habitat faunistici afferibili all’habitat ‘prateria steppica’ (già non presente nell’elenco della Zps Costa Viola)”. Cosa ne pensa?

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“L’elenco delle aree Natura 2000 allegato al progetto non è aggiornato, come aveva rilevato già la commissione Via”

I costi esorbitanti e l’utilizzo a vantaggio di aree lontane dalla Calabria 

A proposito di costi, se fossero troppo alti in fase di costruzione e il futuro funzionamento dell’impianto non li ripagasse, c’è il rischio che la struttura sia chiusa e rimanga lì come un gigantesco ecomostro?

“Si. Ma come rileva il professor Domenico Marino dell’università Mediterranea, la costi/benefici è talmente negativa per il progetto per la presenza di troppe soluzioni singolari fino alla bizzarria, oltre alla citata perdita di energia nel trasporto in aree di utilizzo assai lontane, che una programmazione appena decente ne comporterebbe la cancellazione ben prima del progetto esecutivo. A parte il costo esorbitante dei problemi e disastri ambientali già citati”.

Sembra l’ennesimo caso di colonizzazione del nostro territorio da parte di chi promette sviluppo prefigurando guadagni molto maggiori per sé. Ma a noi, in realtà quali vantaggi porterebbe questo impianto?

“L’impianto, se mai si realizzasse, potrebbe qualche modestissimo beneficio alle aree di possibile maggiore utilizzo – ribadiamo, assai lontane dalla Calabria e dalla Costa Viola, che invece ne avrebbero danni e quindi spese ingenti. I vantaggi finanziari sarebbero invece enormi per chi gestisse le fasi di progettazione e gestione della preparazione alla fase esecutiva”.

Da una parte il ponte sullo Stretto, dall’altra l’impianto di accumulo idroelettrico Edison. Opere invasive e localizzate nella stessa delicata area. In che modo si incrociano le battaglie ugualmente cruciali per la difesa del nostro territorio contro questi due progetti?

“Nel costituire opzioni talmente improbabili (nel caso del ponte) o dannose (progetto di accumulo Costa Viola) da non dover essere neppure più formulate, per i nostri territori. Invece continua a succedere, forse per l’eccessiva subalterna ‘permeabilità politica’ della Calabria, come di tutto il Sud, esasperata in questa fase di ‘capocrazia spinta’ nella politica istituzionale. Sono le ‘miserabili classi dirigenti del Mezzogiorno’, di cui parlava Guido Dorso oltre un secolo fa”.   

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