Com’era prevedibile, il premierato, “la madre di tutte le riforme“, è finito su un binario morto, mentre l’autonomia differenziata è stata fatta a pezzi dalla Consulta. Delle tre bandiere riformiste che avrebbero dovuto sventolare, caratterizzandola, su questa legislatura ne è rimasta solo una: la separazione delle carriere di magistrati requirenti e giudicanti. Era la bandiera di Forza Italia, ma Giorgia Meloni l’ha fatta propria. E nel farlo ha messo in conto la furibonda reazione della magistratura organizzata come era già accaduto a Silvio Berlusconi, a Clemente Mastella, a Matteo Renzi.
Cosa accadrebbe se Arianna Meloni ricevesse un avviso di garanzia per traffico di influenze o simili? Accadrebbe, prevedono in molti, che verrebbe giù tutto. Anche perché vi sarebbero ulteriori dati politici a consigliare lo scioglimento anticipato: l’economia è in stallo, il malessere sociale è destinato a crescere, i flussi migratori hanno ripreso vigore, il competitor Matteo Salvini è al culmine della propria debolezza, le opposizioni sono oggi evidentemente incapaci di rappresentare un’alternativa di governo credibile.
Ottenere dal Quirinale lo scioglimento delle Camere potrebbe dunque essere la condizione per non logorarsi al governo e per poter ragionevolmente pensare di invertire la tendenza per cui nella seconda Repubblica nessun premier ha mai vinto le elezioni politiche due volte di seguito. Il fatto che tra i partiti del centrodestra si sia improvvisamente cominciato a discutere di una nuova legge elettorale (proporzionale con un forte premio di maggioranza) è considerato indizio decisivo da chi sospetta che la tentazione del ricorso anticipato alle urne si stia facendo largo nella mente della presidente del Consiglio. Ipotesi per certi aspetti paradossale. Se, infatti, la teoria della cospirazione giudiziaria contro il governo fosse fondata, la ratio potrebbe essere solo quella di arrivare all’interruzione anticipata della legislatura per impedire l’approvazione finale della legge costituzionale sulla separazione delle carriere. Il paradosso è che per reagire a tale offensiva Giorgia Meloni ne suggellerebbe il risultato politico.
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