Vita consacrata, la clausura: la forza dell’incontro e dell’attesa

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Come ogni 2 febbraio, si celebra oggi la XXIX Giornata mondiale, occasione in cui la Chiesa tutta si stringe attorno ai consacrati e alle consacrate che hanno donato la loro vita a Dio. Madre Sebastiano, abbadessa delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello: “Siamo chiamati a prenderci cura gli uni degli altri, ad essere responsabili e capaci di portare l’altro in braccio, nel suo bisogno e nella sua fragilità, ma anche ad essere così umili e disponibili”

Francesco Marroncheddu – Città del Vaticano

Se tanti sono i carismi e le specificità con le quali la vita religiosa viene declinata, quella della contemplazione rimane, nella Chiesa, una forma speciale e spesso poco conosciuta di vita consacrata. I monasteri di clausura, sparsi nel mondo, dalle grandi città ai piccoli borghi, costituiscono così dei punti luminosi nella vita delle Chiese particolari nelle quali sono inseriti, delle oasi di ristoro spirituale e contemplazione e diventano profezia per quanti, sempre più numerosi, si accostano alle comunità contemplative, condividendo con esse parti della preghiera monastica, ea volte addirittura dei periodi forti di ritiro.

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XXIX Giornata mondiale della vita consacrata

La forza della preghiera

Nella festa della presentazione di Gesù al Tempio, il 2 febbraio, scelta da Giovanni Paolo II nel 1997 per celebrare la Giornata mondiale della vita consacrata, oltre che a tutti i religiosi e le religiose che vivono l’offerta della loro vita nella specificità “attiva”. ” dei rispettivi carismi (dalle parrocchie agli ospedali, dalle scuole alle mense), non si può non pensare con riconoscenza alle contemplative, che con la forza della loro preghiera ininterrotta supportano la vita della Chiesa e ne presentano la lode e le attese al Padre. In realtà, le claustrali hanno già una loro giornata dedicata, quella del 21 novembre, memoria della Presentazione di Maria al Tempio, ma il 2 febbraio ci ricorda come la contemplazione sia una delle tante forme possibili di consacrazione: in una società come quella attuale, dove conta chi più “fa” e si mette in mostra, l’apparente “non fare”, il rinchiudersi nel silenzio di un chiostro, non è meno prezioso e necessario. I monasteri stanno là, a parlarci di un “già e non ancora” escatologico che ci ricorda che non siamo nati solo per guardarci attorno ma anche per guardare verso il sole. “Gesù viene presentato al Tempio e questo è segno profetico della sua totale consacrazione al Padre. Allo stesso modo, la vita di ogni religioso e religiosa, e dunque di noi claustrali, vuole essere segno di questa consacrazione nel tempio della Chiesa”. A parlare è madre Chiara Veronica Sebastiano, abbadessa delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello (Perugia), luogo dove visse la sua esperienza monastica la mistica Santa Veronica Giuliani (1660-1727). “Dalla liturgia – spiega madre Chiara Veronica – possiamo trarre due parole che illuminano e danno il senso di questa giornata dedicata a tutte le consacrate e ai consacrati: attesa ed incontro. L’evangelista Luca ci racconta come Giuseppe e Maria vanno al Tempio per offrire Gesù al Signore e riscattarlo, secondo la legge di Mosè, mediante l’offerta richiesta ai poveri: il sacrificio di due tortore o due colombe. Lì incontrano Simeone e Anna. Questi due anziani sono figure simboliche dell’attesa: ricordano alla vita consacrata che la sua profezia risiede proprio nell’attendere il Signore che viene, mantenendo viva e sostenendo l’attesa dell’intera comunità cristiana, che a volte può essere distratta o affaticata da tanti impegni, immersi nella contingenza del tempo, da non riuscire più a vivere il respiro di un’attesa. Del resto, Anna attende e nello stesso tempo anima e sostiene l’attesa di altri”.

XXIX Giornata mondiale della vita consacrata

XXIX Giornata mondiale della vita consacrata

La vita contemplativa, segno e profezia

Nella tradizione orientale, questa festa viene definita come la festa dell’incontro; ed è singolare come tante persone incontrano Dio proprio grazie all’incontro con una comunità contemplativa, che dischiude le sue grate alla testimonianza, rendendosi disponibile alla condivisione della preghiera. «In Simeone e Anna, Dio nel suo Figlio incontra tutti coloro che attendevano il suo avvento – sottolinea ancora la religiosa – nell’Antico Testamento è Dio che tiene in braccio i suoi figli, che li incontra portandoli tra le sue braccia; oggi le parti si rovesciano: è Dio che in Gesù viene portato in braccio da Maria e da Giuseppe e introdotto nel tempio”. Un rovesciamento che ci svela perciò un volto inedito di Dio, e cambia la nostra relazione con lui e tra di noi. “La vita contemplativa si fa segno e profezia di questo incontro che imprime uno stile preciso alla sequela: siamo chiamati a prenderci cura gli uni degli altri, ad essere responsabili e capaci di portare l’altro in braccio, nel suo bisogno e nella sua fragilità , ma anche ad essere così umili e disponibili da lasciarci portare in braccio da qualcun altro”. La contemplazione diventa poi occasione di condivisione grazie alla vita fraterna che ritma le giornate dei monasteri: “Non possiamo servire il regno di Dio da soli – conclude madre Veronica – ma solo attendendo insieme, nell’incontro e nella cura, la promessa del Signore: «Sì, vengo presto!»”.



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