Nuovo ceppo di Xylella su mandorlo e vite, aggiornamento a un anno dal ritrovamento

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A quasi un anno dal ritrovamento del nuovo ceppo di Xylella fastidiosa (sottospecie “fastidiosa” genotipo ST-1) su alcune piante campionate di mandorlo e vite a Triggiano (Bari), insieme alla crescente preoccupazione, molti sono ancora i quesiti degli imprenditori e operatori italiani ed europei, nonostante la celerità con cui i servizi fitosanitari stanno affrontando tale situazione emergenziale.

Forti timori, che scaturiscono sia da quanto accaduto in Salento per l’olivo, sia dalla storica strage dei vigneti in California (negli USA), avvenuta negli ultimi decenni dell’Ottocento.

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Per avere un aggiornamento sullo stato epidemiologico, abbiamo chiesto a Donato Boscia, ricercatore emerito del CNR, associato presso l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Bari.

Mappa focolaio pugliese presente sul sito istituzionale: in verde le piante negative, in rosso le positive.

“I lavori sono in corso e finora sono state estirpate circa 300 piante, tra mandorlo e vite. Al termine della campagna di monitoraggio, nel corso della quale sono state analizzate circa 45mila piante, il batterio risulta confinato in un’area di circa 8 km quadrati, a est dei comuni di Triggiano e Capurso, nella quale il servizio fitosanitario ha avviato un programma di eradicazione che, al momento, richiede l’abbattimento di circa 30 ettari di vigneti, in gran parte di uva da tavola. Una zona già abbastanza ampia, ubicata ai margini di un comprensorio fortemente specializzato nella produzione di uva. La Puglia vanta infatti il primato nazionale per superficie destinata alla viticoltura da tavola. Non è ancora del tutto chiaro l’impatto del batterio su vitalità e produttività delle piante. Dalle osservazioni effettuate finora, pur scongiurando il quadro devastante di californiana memoria, ci sono però segnali che destano una certa preoccupazione”.

Vite campionata in Puglia per sintomi compatibili con la malattia di Pierce.

A questo riguardo, va detto che la sgradita scoperta a febbraio del 2024 in Puglia non è stata la prima, nel bacino del Mediterraneo. Infatti, prima che in Italia, la stessa sottospecie “fastidiosa” era stata già trovata sulla vite anche in Spagna, Portogallo e Israele, senza che, anche in questo caso, si sia segnalato un impatto particolarmente devastante. Oltretutto, al pari della Puglia, anche in questi casi i ritrovamenti sono avvenuti non a seguito di segnalazione di patologie, ma nel corso di campagne di monitoraggio che, da circa un decennio il regolamento comunitario ha reso obbligatorie per tutti gli Stati membri, al fine di rilevare l’eventuale presenza dell’organismo Xylella fastidiosa e, dunque, prevenire la sua introduzione e/o diffusione. “Anche se al momento non si hanno segnalazioni di particolari criticità, alcuni studi effettuati a Maiorca da colleghi spagnoli confermano la capacità del batterio di sviluppare in vite la malattia di Pierce, la quale, fortunatamente, almeno nei vigneti condotti in agricoltura convenzionale, sembra mantenere una bassa incidenza, compatibile con condizioni di convivenza”, aggiunge Boscia.

Vite campionata per sintomi compatibili con la malattia di Pierce.

“Sarebbe molto utile anche riuscire a datare la prima introduzione del batterio – precisa l’esperto pugliese – Da analisi preliminari condotte in collaborazione con ricercatori americani, non ancora definitive, pare emergere che l’introduzione del patogeno possa essere avvenuta in tempi recenti, dunque pochi anni fa. Se questo dovesse essere confermato, non è da escludere che ci si trovi in una fase attiva di espansione. La diffusione naturale del batterio su brevi distanze, dovuta allo spostamento degli insetti vettori, nel nostro caso un paio di specie di “sputacchine”, è piuttosto lenta, però quella su lunghe distanze, da cui deriva l’origine del focolaio, avviene con lo spostamento e l’utilizzo di parti di piante infette. Per questo bisognerebbe assolutamente evitare di realizzare nuovi vigneti innestando in campo con marze prelevate da impianti commerciali non controllati – pratica che ha probabilmente causato l’introduzione del patogeno – bensì utilizzare barbatelle innestate certificate. Quanto avvenuto dovrebbe fungere da monito per il futuro”.

Tra gli interventi per il contrasto al batterio rientrano, anche per questa sottospecie, la rimozione delle piante infette. “Il servizio fitosanitario, dopo aver determinato l’ampiezza del territorio interessato, sta avviando un programma di eradicazione, una misura dolorosa, ma che, se avrà successo, servirà a salvaguardare il patrimonio immenso del comprensorio viticolo del sud-est barese”, conclude Boscia.

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Per maggiori informazioni:
Donato Boscia, ricercatore emerito CNR
[email protected]



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