SCENARIO UE/ Da Ursula & Christine un “manifesto” incerto

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Ursula von der Leyen e Christine Lagarde hanno firmato assieme un lungo intervento sul Financial Times. Il succo è che l’Europa ha inviato ai suoi governanti un appello al cambiamento – anzi a “rimettere in carreggiata” l’Unione – e loro (dai vertici della Commissione Ue e della Bce) sono pronte a fare “tutto il necessario” per rispondere alle attese di “azione” da parte di “famiglie e imprese” dei Ventisette.



Il “manifesto” è stato pubblicato pochi giorni dopo l’entrata in carica di Donald Trump, che ha segnato il vero inizio di un “mondo nuovo”. Von der Leyen e Lagarde sono approdate alla guida dell’Unione a fine 2019: ancora in un mondo “vecchio”, inconsapevole che nell’arco di pochi mesi il Covid avrebbe sconvolto il pianeta, poi ulteriormente messo a soqquadro da una crisi geopolitica senza precedenti dalla caduta del Muro. È comprensibile – e alla fine non disprezzabile – che entrambe (assieme) si dimostrino coscienti del loro background.

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Basti pensare che “Ursula” fu designata a Bruxelles e “Christine” a Francoforte quando in Germania regnava Angela Merkel e in Francia Emmanuel Macron (la prima è stata spazzata via perfino dalla memoria condivisa in Germania e in Europa; il secondo è una classica “anatra azzoppata” a Parigi). Von der Leyen nel frattempo è stata riconfermata dopo l’euro-voto del giugno scorso dall’estremo colpo di coda di Macron e del Cancelliere tedesco Olaf Scholz: cioè ancora da una Ue “vecchia”, che non sembra destinata a tornare neppure se fra tre settimane i tedeschi riconsegneranno il potere a Cdu-Csu. Su Lagarde – che ha iniziato il sesto di otto anni di mandato – si è invece allungata l’ombra del predecessore Mario Draghi: il cui “Rapporto sulla competitività della Ue” rappresenta l’unico “manuale d’istruzioni” al momento utilizzabile sui tavoli Ue e delle cancellerie europee (anche nell’era Trump, forse a maggior ragione).



Non sorprende, quindi, che le due “Prime Signore d’Europa” abbiano voluto sostenersi pubblicamente a vicenda all’inizio di una fase di governo eccezionale e inesplorata. Entrambe stanno facendo il possibile per apparire in azione. Giovedì Lagarde ha annunciato un taglio dei tassi dell’euro. Il giorno prima von der Leyen ha annunciato che la Commissione intende trasformare le raccomandazioni del Rapporto Draghi in una “roadmap”, anzitutto per il rilancio dell’industria. Un primo test importante, nell’arco di un mese, potrebbe essere un piano europeo per l’auto: ad alta sensibilità sul versante della transizione verde. Al momento tuttavia, la strategia Ue su industria ed energia – e di risposta complessiva alla guerra delle tariffe annunciate da Trump – non ha ancora fondamenti minimi. E la stessa Bce manovra la politica monetaria alla cieca sugli approcci di politica economico- finanziaria interna ed estera dell’Unione: e senza neppure avere alla guida una figura paragonabile a Draghi, capace di “whatever it takes”.

L’intervento in tandem di von der Leyen e Lagarde suscita altri interrogativi. Per quanto ormai “eurocrate” di lungo corso, “Ursula” è una tedesca proveniente dal partito lanciato verso la riconquista del Governo a Berlino; mentre Lagarde è una francese talmente vicina a Macron da essere perfino ventilata come Premier istituzionale nella tormentata Francia odierna. La loro “doppia firma” sembra confermare il tradizionale “asse carolingio” dell’Europa di sempre: non una premessa di cambiamento, soprattutto se questo dovesse tradursi nel passaggio istituzionale a processi decisionali non più all’unanimità.

A proposito: ci sono due altre “Signore Europa” in questo momento in carica. Una è la maltese Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo appena eletto:  uno dei due luoghi della sovranità democratica europea (l’altro è il Consiglio dei capi di Stato e di governo) cui von der Leyen e Lagarde in modi e misura diversi rispondono. Un’altra poltrona rosa è quella occupata dalla estone Kaja Kallas, all’Alto commissariato per la Politica estera e la Sicurezza: strategico in tempo di guerra in Europa. Non era obbligatorio che tutte co-firmassero il “manifesto”, ma certamente Ursula e Christine non hanno ritenuto di offrire ai Ventisette e fuori l’immagine compatta di una leadership europea interamente femminile. Certamente la photo-opportunity non avrebbe incluso alcuna leader vicina alla socialdemocrazia Ue: peraltro in rotta ovunque nei Paesi-membri.

Non da ultimo: il “manifesto” è uscito su FT, il giornale della City che lotta nella crisi della globalizzazione finanziaria (anche contro la Wall Street neo-trumpiana). Il “giornale globale” del Paese della Brexit (anche se oggi largamente pentito). Un giornale – fra l’altro – molto tifoso di Draghi (che ha vissuto e lavorato a Londra come top manager della Goldman Sachs per l’Europa). Perché von der Leyen e Lagarde abbiano scelto questa tribuna in un passaggio molto impegnativo è una delle molte domande in attesa di risposta concreta e logica.

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