Green jobs, nelle Marche il 12,3% delle professioni è verde. Legambiente: «Rinnovabili e riciclo fondamentali per lo sviluppo produttivo»

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La transizione ecologica e gli effetti del cambiamento climatico hanno incentivato la nascita di nuove professioni legate alla sostenibilità ambientale, i cosiddetti ‘green jobs‘. Secondo i dati forniti da Legambiente, in occasione del forum ‘L’Italia in cantiere’ in cui è stata presenta la ‘Bussola per la competitività’ dell’economia italiana, nel nostro Paese sono quasi 3,2 milioni i posti di lavoro attivi nell’economia verde.

Economia circolare ed energetico basato sulle fonti pulite sono i due settori che in Italia trainano i green jobs. Facendo riferimento al rapporto GreenItaly 2024 di Fondazione Symbola, Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne, Legambiente evidenzia che nel 2023 le figure professionali legate alla green economy rappresentavano il 13,4% degli occupati totali (3.163.400 unità) e che i nuovi contratti attivati nelle filiere dell’economia verde sono stati 1.918.610, il 34,8% del totale dei nuovi contratti attivati nel nostro Paese nel 2023.

Nelle Marche l’incidenza di green jobs sul totale degli occupati è pari al 12,3%, la regione si piazza nella parte centrale della classifica guidata da Lombardia ed Emilia-Romagna con il 15%. Fanalino di coda Sicilia e Sardegna con il 10,5% e il 10% rispettivamente.
«Le Marche seguono la media italiana, ma dovremmo e potremmo fare molto di più – spiega Marco Ciarulli, presidente Legambiente Marche -. Quando parliamo di transizione ecologica non lo facciamo solo per raccontare una questione di carattere sanitario e ambientale: ridurre l’impatto ambientale e l’inquinamento, produrre energia da fonti rinnovabili, significa anche una conversione del tessuto produttivo».

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Nelle Marche quali sono i settori in cui ci sono maggiori possibilità di sviluppo per i green jobs? «Sono sicuramente lo sviluppo di energia da fonti rinnovabili e l’economia circolare, due settori che stentiamo a far decollare. produciamo pochissima energia da fonti rinnovabili e abbiamo pochi settori dove si sviluppano quei servizi che servono per realizzare gli impianti, così come abbiamo poche attività economiche che lavorano per realizzare gli impianti, come ad esempio i pannelli fotovoltaici che oggi possono essere riciclati fino al 95%. Dovremmo realizzare anche questo tipo di impianti che non abbiamo. Non solo, nelle Marche abbiamo pochissimi impianti che si occupano di economia circolare, a partire dai rifiuti convenzionali come quelli urbani. Vetro e plastica riciclata vanno fuori regione e questa materia, che potrebbe essere trattata qui e trasformata in materia prima-seconda e quindi in materia commercializzabile, perdiamo l’occasione di farla investendo nelle Marche. Si tratta di un green jobs a tutti gli effetti. Lo stesso vale anche per i rifiuti speciali».

L’associazione chiede di «accelerare gli iter a livello nazionale e di togliere gli ostacoli: realizzare un impianto da fonti rinnovabili oggi richiede competenze. A Chiaravalle ad esempio c’è una diatriba sull’impianto agrivoltaico – spiega -; quell’impianto per essere realizzato ha bisogno di competenze tecnologiche e scientifiche, ingegneristiche e anche agronomiche. Competenze che sviluppate all’interno delle nostre eccezionali università pubbliche che abbiamo nelle Marche, poi trovano lavoro sul territorio, non solo per realizzare l’impianto, ma anche per mantenerlo».

Cosa dovrebbe fare un giovane desideroso di intraprendere una professione in questo settore? «Suggerisco innanzitutto di studiare nelle Marche, dove siamo circondati di università pubbliche capaci e all’avanguardia dove apprendere queste materie, quello che manca è la realizzazione di queste attività. Un’impresa industriale per svilupparsi ha bisogno anche di avere delle certezze, ecco che subentra il tema circolare e l’importanza della politica sulla questione».

Ciarulli sottolinea: «Abbiamo un piano regionale dei rifiuti che deve approvato in Consiglio regionale che concentra la maggior parte degli sforzi sul termovalorizzatore e che invece va a mortificare tutti i green jobs sviluppati dall’economia circolare che si fa sul riciclo dei materiali, che più impariamo a differenziare e poi trasformare in materia prima-seconda, e più riusciamo a creare anche nuova occupazione. Inoltre dovranno essere identificate le aree idonee dove fare iter autorizzativi più veloci per realizzare impianti da fonti rinnovabili. Dopo il 5 febbraio, a seguito di una sentenza, sapremo se sarà lo Stato o saranno le Regioni, a dover identificare i luoghi dove gli impianti rinnovabili avranno iter più rapidi»

Un passaggio che il presidente di Legambiente Marche definisce «fondamentale perché abbiamo urgenza di fare una transizione energetica, non c’è più neanche tempo di parlare di cambiamento climatico». Accanto al tema ambientale Ciarulli mette sul piatto della bilancia anche quello economico: «Dobbiamo anche guardare alle esigenze economiche delle famiglie che soffrono i rincari energetici. Più impianti da fonti rinnovabili realizziamo e meno sarà pesante il costo sulla bolletta, oltretutto da quest’anno cambia anche il calcolo del prezzo zonale. Le imprese che vogliono sviluppare la propria attività spenderanno sicuramente di meno avvalendosi di un fornitore energetico sul territorio, piuttosto che ricorrendo ad un fornitore che prende il gas dalla Libia. Per noi sarà fondamentale fare impianti rinnovabili anche per lo sviluppo del tessuto produttivo. I green jobs – conclude – rafforzano il tessuto produttivo che è in difficoltà anche per i costi energetici».





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