Carte false per non pagare le tasse sugli yacht e sui profitti finanziari. Anche in Italia. Un’inchiesta de L’Espresso con Icij, Bbc e Der Spiegel svela i tesori offshore dell’ex patron del Chelsea
Quando faceva i suoi trionfali ingressi nel porto di Trieste, tra il 2009 e il 2012, Eclipse era lo yacht più grande e costoso al mondo. Un super panfilo lungo 162 metri e mezzo, con due elicotteri di bordo, stanze per 26 ospiti e 70 persone di equipaggio, mobili in pelle di coccodrillo e la camera da letto principale con un soffitto stellare: una foglia d’argento che si apre a comando per vedere il cielo.
Eclipse con le sue dotazioni extra-lusso valeva già allora più di mezzo miliardo. Eppure acquistava il carburante da società estere con un’esenzione totale dalle tasse, tuttora concessa da leggi di favore (di rango europeo) alle compagnie commerciali internazionali che noleggiano barche a clienti privati. All’ennesimo rifornimento da decine di migliaia di litri a scrocco del fisco italiano, un ispettore delle Dogane di Trieste ha aperto un’indagine per spingere il padrone di quello yacht a pagare l’Iva sugli acquisti e le accise su benzina e gasolio, come tutti. Il procedimento si è poi allargato ad altri due panfili transitati da Trieste, Luna e Pelorus, che appartenevano alla stessa capogruppo, una società anonima di Cipro. Nel 2014 la Procura di Trieste ha indagato i tre comandanti con l’accusa di evasione. Ma la difesa ha replicato con un’ampia documentazione che a Cipro c’era una vera compagnia commerciale, che meritava l’esenzione. Alla fine i magistrati, nel 2015, hanno dovuto archiviare il caso. E così è venuta meno ogni speranza di recuperare le tasse non pagate: 213.784 euro per Eclipse, 196.094 per Luna, 94.642 per Pelorus. Spiccioli, per il miliardario misterioso. Ma per uno come lui contava soprattutto riaffermare il principio: nell’era delle disuguaglianze globali, i super ricchi sfondati hanno legalmente diritto di non pagare nessuna tassa.
Ora un’inchiesta giornalistica internazionale è in grado di svelare il nome del fortunato titolare della flotta no tax: Roman Abramovich, l’oligarca più famoso in Europa, sanzionatissimo dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Una squadra di cronisti della Bbc, The Guardian, Der Spiegel e L’Espresso (in esclusiva per l’Italia), con altre testate come Paper Trail Media e Occrp, hanno esaminato i documenti riservati dei fiduciari ciprioti che gestiscono tesori enormi per decine di oligarchi. Questa costola dell’inchiesta Cyprus Confidential, coordinata dal consorzio Icij, svela i segreti fiscali dell’ex patron del Chelsea e mostra, tra l’altro, che gli atti difensivi usati per contrastare le accuse italiane erano falsi.
La strategia di elusione utilizzata a Trieste è stata applicata anche in altre nazioni: per almeno un decennio, sei yacht di Abramovich hanno azzerato le accise e l’Iva sugli acquisti per decine di milioni, da Cipro alla Germania. Dagli yacht, l’inchiesta giornalistica si è allargata a colossali investimenti in fondi speculativi, realizzati da Abramovich attraverso società offshore controllate dagli stessi trust di Cipro che possedevano la flotta di panfili. L’oligarca russo avrebbe così evitato anche le tasse sui profitti finanziari, realizzando un’ulteriore evasione totale per più di mezzo miliardo di euro. Alle numerose domande dei giornalisti, Abramovich ha replicato, tramite uno studio legale di Londra, che «non intende rispondere su alcuna questione specifica», ma il suo silenzio «non va interpretato come un’ammissione di colpa». Il miliardario russo, che ha anche la cittadinanza di Israele (dove ha finanziato segretamente i coloni di estrema destra, tramite altre offshore già emerse in passato), a livello generale «smentisce di avere avuto conoscenza e di essere mai stato responsabile di evasioni fiscali o pratiche ingannatorie di qualsiasi autorità governativa». Anzi, «si è sempre adeguato ai consigli legali di esperti fiscali indipendenti» e si aspetta che lo stesso abbiano fatto «i responsabili della gestione quotidiana delle sue società», da cui sembra dunque dichiararsi estraneo.
Dall’inchiesta giornalistica emergono le strutture societarie utilizzate per azzerare le tasse, prima di tutto, su sei yacht acquistati dal 1999 al 2010 e intestati ad altrettante offshore delle British Virgin Islands (BVI), controllate da un trust cipriota chiamato Sara. Quelle offshore affidano la gestione dei panfili a una compagnia di Cipro, Blue Ocean Yacht Management (la stessa che fu inquisita in Italia), che viene presentata come società commerciale, dunque esente da tasse. Nei documenti e messaggi interni, però, gli stessi dirigenti e consulenti mettono in guardia che l’attività commerciale è simulata: «Serve solo per azzerare le tasse», si scrivono, e questo è «molto rischioso legalmente», perché in realtà «gli yacht vengono usati per diletto del proprietario o dei suoi ospiti».
Le carte riservate confermano il trucco. Tra i contratti giustificativi, almeno 154 risultano falsificati. Anche i clienti sono fasulli: a noleggiare le barche è Abramovich stesso, presentato come estraneo, oppure società offshore che in realtà sono sempre sue. E diversi noleggi sono inesistenti: nella notte di capodanno del 2012, ad esempio, Eclipse figurava affittato ad altri per un viaggio a Gibilterra, ma in realtà era ai Caraibi con Abramovich, che ha sborsato un milione per un concerto privato dei Red Hot Chili Peppers.
Il professor Tommaso Di Tanno, uno dei massimi fiscalisti italiani, ha spiegato a L’Espresso che «una società di noleggio di yacht può essere considerata fittizia se opera esclusivamente a favore del proprio socio. In questo caso, infatti, non svolge alcuna effettiva attività commerciale verso il mercato. L’inesistenza del requisito della “commercialità” comporta l’inapplicabilità delle esenzioni dall’Iva e dalle accise».
Gli yacht sono rimasti sotto il Sara Trust fino al 2012, quando la Blue Ocean si è vista accusare dalle autorità di Cipro di essere una finta società commerciale e di dover quindi pagare le tasse locali: 14,2 milioni più gli interessi. La condanna fiscale è stata poi confermata in appello e nel 2024 anche dalla Corte Suprema. Ma la notizia della perdita dell’esenzione non è arrivata a Trieste. Agli inquirenti italiani è stato tenuto nascosto anche il ruolo e perfino il nome di Abramovich. Proprio dal 2012 la flotta è passata sotto un nuovo trust, chiamato Europa, che controlla altre offshore, in gran parte tenute tuttora segrete. Intanto alcuni panfili sono stati venduti, ma Eclipse sembra ancora suo.
Almeno fino al 2012 allo stesso Sara Trust fa capo una dozzina di società delle solite Isole Vergini con una capogruppo, Keygrove Holding, che ha gestito un tesoro di almeno 10 miliardi. Un fiume di soldi investiti in più di 250 fondi speculativi. Dal 2013, dopo le prime indagini sugli yacht, tutta la struttura è passata sotto un altro trust di Cipro, denominato HF. Le carte riservate ora permettono di quantificare i guadagni finanziari di Abramovich: più di 1,4 miliardi solo dal 2013 al 2018. Partendo dal 1999, i profitti totali salgono a 3,8 miliardi, sempre fino al 2018 (ultimi dati disponibili).
Abramovich e le sue società non hanno pagato nessuna imposta perché dichiaravano di operare alle BVI, un paradiso fiscale totale. Ma le carte di Cipro ora mostrano che le sedi dichiarate erano fittizie: il vero centro di «decisione, gestione e controllo» erano gli uffici di Londra dell’uomo d’affari russo-britannico Eugene Shvidler, grande amico e socio storico di Abramovich. Il suo ruolo di tesoriere personale è documentato da una sequenza di atti riservati che gli attribuiscono «pieni poteri». Ma se la sede effettiva era a Londra, secondo gli esperti consultati dai reporter inglesi, Abramovich avrebbe dovuto pagare le tasse sui redditi da capitale: oltre 200 milioni solo dal 2013 al 2018, che salgono a 590 milioni partendo dal 1999. Invece il fisco non ha incassato un soldo, né a Londra né altrove.
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