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Le riflessioni proposte di seguito sono frutto della tesi di laurea dell’autrice, discussa presso l’Università degli Studi di Milano e dedicata al tema “Bridging Gaps: NGOs’ Efforts in Addressing the Health Needs of Vulnerable Migrant Women in Transit at the French-Italian Border”.

Le sfide del fenomeno migratorio restano centrali per l’Europa e interessano in particolare l’Italia, da cui transitano moltissime persone non comunitarie dirette verso altri Paesi. In questo senso, quanto accade sulla frontiera italo-francese catalizza spesso l’interesse collettivo, alimentando il dibattito pubblico e politico sulla gestione di quanto vi accade.

Di seguito si analizzano alcune dinamiche che riguardano questo confine, focalizzandosi in particolare sui principali rischi sanitari e sui bisogni riscontrati dalle donne migranti in condizioni di vulnerabilità in transito verso la Francia dal territorio italiano.

Il confine italo-francese e i flussi migratori a Ventimiglia e Oulx

Il concetto di frontiera ha una duplice funzione: escludere ciò che si trova all’esterno dei confini nazionali e omogeneizzare ciò che si trova all’interno (De Nuzzo, 2019). Tuttavia, i confini riflettono il mutevole contesto sociale, storico e politico e non costituiscono punti fissi nello spazio e nel tempo (Van Houtum & Van Naerssen, 2002). Un esempio emblematico è rappresentato dal confine tra la regione Provence-Alpes-Côte d’Azur e le regioni italiane Liguria e Piemonte, in particolare le due città simbolo della migrazione di transito: Ventimiglia e Oulx.

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Nel 2011, a seguito della Primavera Araba, i flussi migratori sono cresciuti progressivamente, raggiungendo il picco nel 2015, durante la cosiddetta “lunga estate di migrazione” (Aru, 2021). Molte delle persone che arrivano in Italia, però, intendono proseguire il proprio viaggio verso altri Stati europei, come Francia o Germania, dove hanno contatti familiari o reti di supporto. In risposta all’aumento degli arrivi, il governo francese ha reintrodotto, nell’estate 2015, controlli sistematici alla frontiera sospendendo l’applicazione del trattato di Schengen.

Questa decisione ha avuto pesanti ripercussioni sulle città di confine, che si sono trasformate in un luogo di assembramento di migranti vulnerabili che pur di proseguire il proprio percorso, hanno deciso di attraversare la frontiera in condizioni estreme, spesso di notte e utilizzando sentieri impervi per non essere intercettati dalle autorità (Bachellerie, 2020; Giliberti & Filippi, 2021).

Le donne migranti vulnerabili in transito

Negli ultimi anni, il processo di femminilizzazione del fenomeno migratorio ha caratterizzato i flussi mediterranei (ObsMigAM, 2020). A Ventimiglia e Oulx la rotta migratoria prevalente è infatti quella mediterranea, da cui passano soprattutto le persone in partenza da Paesi quali Libia e Tunisia. Nel 2024 circa 34.000 persone hanno seguito questa rotta e il 19% di loro erano donne (UNHCR, 2024). Le ONG attive sul territorio hanno rilevato che le nazionalità prevalenti delle migranti sono Eritrea, Etiopia, Costa d’Avorio e Guinea Conakry. Sono state registrate anche donne provenienti dal Nord Africa, dalla Nigeria, oltre a migranti di ritorno da Paesi come Francia o Germania. Inoltre, sono poche le donne che viaggiano insieme al proprio nucleo familiare; la maggior parte, infatti, viaggia sola o con bambini piccoli.

Adottare una prospettiva di genere risulta quindi fondamentale per comprendere le diverse variabili che influenzano il benessere delle donne migranti vulnerabili in transito. Le donne, infatti, affrontano rischi e hanno bisogni differenti rispetto alla controparte maschile. Spesso violenza e abusi sessuali, domestici ed economici, segnano il loro viaggio (ObsMigAM, 2020). Le condizioni di vulnerabilità si manifestano nel Paese di origine, nei Paesi di transito, ma anche nel Paese di destinazione. Il percorso migratorio è infatti composto da diverse fasi ed ogni fase presenta rischi e bisogni specifici (Zimmerman, Kiss, Hossain, 2011).

La letteratura accademica analizza come problemi burocratici, difficoltà linguistiche e barriere culturali peggiorino le condizioni delle donne migranti con uno status socio-legale precario. La mancanza di assistenza sanitaria adeguata e l’assenza di servizi per la salute mentale, sessuale, riproduttiva e materna rendono in generale queste donne più esposte a rischi come la violenza di genere e il traffico di esseri umani. Diversi studi dimostrano inoltre che le donne migranti presentano condizioni di salute simili a quelle della popolazione nativa. Tuttavia, abusi, mancanza di supporto sociale e difficoltà ad accedere ai servizi peggiorano la loro condizione sanitaria. Inoltre, fattori socio-economici e migratori contribuiscono a generare un’asimmetria tra bisogni sanitari necessari e servizi ricevuti.

I bisogni e i rischi sanitari delle donne migranti vulnerabili

Complessivamente, le donne migranti accedono ai servizi dedicati alla salute sessuale e riproduttiva meno frequentemente rispetto alle cittadine italiane. Analizzando la percezione dei bisogni e delle esperienze delle donne migranti irregolari è possibile, infatti, evidenziare alcuni problemi principali, tra cui la mancanza di comunicazione con gli operatori sanitari, con conseguenti sentimenti di isolamento, insoddisfazione, assenza di sostegno emotivo. L’interazione efficace tra pazienti e operatori sanitari è inoltre ostacolata da barriere culturali, unite all’assenza di conoscenze da parte dei migranti sul funzionamento del sistema sanitario del paese ospitante. Tra i diversi aspetti legati alla salute femminile, si riscontrano difficoltà di accesso all’assistenza prenatale; inoltre, l’accesso a procedure di interruzione volontaria di gravidanza è poco garantito e spesso collegato alla mancanza di informazioni, a credenze religiose radicate e a dinamiche familiari (Albini & Mattacchione, 2023).

I bisogni sanitari non soddisfatti e la mancanza di informazioni sui diritti espongono le migranti vulnerabili a diversi rischi, come la violenza sessuale e di genere, il traffico a scopo sessuale o economico, e altre forme di sfruttamento. In particolare, le donne in transito con uno status giuridico precario sono più a rischio di tratta e violenza di genere.

Questa vulnerabilità è spesso aggravata dallo stigma sociale, che le scoraggia dal denunciare gli abusi subiti (WHO, 2018). Inoltre, le condizioni di salute delle migranti sono fortemente influenzate sia dai contesti di origine sia dalle esperienze vissute lungo il percorso migratorio. Ad esempio, le donne sole provenienti dall’Africa occidentale maggiormente esposte allo sfruttamento lavorativo e/o sessuale, mentre le migranti nordafricane sono più frequentemente vittime di tratta, violenza domestica e matrimoni forzati. A queste situazioni si somma l’esposizione alla violenza psicologica, spesso inflitta da partner intimi o occasionali incontrati durante il viaggio. Questi traumi contribuiscono a un’alta incidenza di disturbi fisici e mentali, come ansia, depressione, sindrome da stress post-traumatico e abuso di sostanze stupefacenti (Albini, Mattacchione, Cerri, 2023).

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L’importante ruolo delle ONG sul confine italo-francese

In questo contesto complesso le organizzazioni non governative (ONG) attive sul territorio svolgono un ruolo fondamentale provvedendo ai bisogni materiali, medici, e psicologici delle donne migranti vulnerabili facilitandone le interazioni con i diversi componenti dello stato sociale. Le diverse attività svolte dalle ONG favoriscono prossimità e un contatto diretto, abbattendo parzialmente le barriere linguistiche e di comunicazione grazie alla presenza di mediatori e traduttori. Inoltre, un corretto supporto sanitario è garantito sia dalla predisposizione di certificati medici che facilitano la presa in carico a livello sanitario una volta attraversato il confine, sia dalla segnalazione di situazioni sanitarie a rischio agli organi competenti o ad altre organizzazioni presenti sia in Italia che in Francia.

La rete creata dalle diverse organizzazioni del Terzo Settore rappresenta elemento chiave per comprendere le dinamiche tra i diversi attori al confine italo-francese. Attualmente, la Società Civile è l’attore principale nell’assistenza e nel supporto ai gruppi sociali emarginati, intervenendo per colmare le lacune lasciate dall’assenza di interventi da parte dello Stato, limitato dal suo ruolo istituzionale e dalle priorità politiche, dal mercato, che privilegia la massimizzazione dei profitti, e dalle famiglie, focalizzate sulla protezione dei propri interessi (Greer et al., 2017). Del loro ruolo parleremo più approfonditamente in un articolo di prossima pubblicazione su questo portale.

Bibliografia

Foto di copertina: Phil Botha Phil Botha, Unsplash.com





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