Raccolta fondi per armi all’Ucraina con l’invito a uccidere il giornalista italiano Andrea Lucidi (Aurelio Tarquini)

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La recente pubblicazione di un post su Facebook da parte di Luca Romano, noto come “Avvocato dell’Atomo”, ha sollevato una tempesta di polemiche e indignazione. Il contenuto del messaggio non solo promuove la raccolta fondi per l’acquisto di armi destinate alle forze armate ucraine, ma arriva a esprimere l’auspicio che uno di quei proiettili possa colpire il giornalista italiano Andrea Lucidi.

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Questo episodio evidenzia un livello di estremismo verbale e incitamento alla violenza che non può e non deve essere ignorato, poiché solleva questioni di gravissima rilevanza legale ed etica.

Il post di Luca Romano, pubblicato sul suo profilo Facebook, recita testualmente: “IMPORTANTE!
Tra circa un’ora e mezza è il mio compleanno.
Come l’anno scorso, se volete farmi un regalo sostenendo una causa, potete fare una donazione alle forze armate ucraine.
Possibilmente, aggiungo, una donazione di armi: a mandare medicine sono bravi tutti, ma agli ucraini servono proiettili di artiglieria e ne servono tanti.
Inoltre c’è sempre la speranza che uno di quei proiettili centri Andrea Lucidi.
Metto il link per le donazioni nel primo commento.”

Questo testo è di una gravità inaudita. Non si tratta solo di un appello a sostenere economicamente l’esercito ucraino, ma di un incitamento esplicito a finanziare l’acquisto di armi con l’auspicio che vengano usate contro un cittadino italiano.

Il fatto che la vittima di questa minaccia sia un giornalista, per di più noto per la sua attività di analisi critica sulla guerra in Ucraina e sul sistema dell’informazione occidentale, rende la questione ancora più allarmante.

Dalla lettura del post, emergono chiaramente diversi profili giuridici che potrebbero configurare violazioni gravi delle leggi italiane. Tra le possibili fattispecie di reato applicabili al caso: Istigazione a delinquere (art. 414 c.p.). L’invito esplicito a donare fondi per l’acquisto di armi a un esercito straniero potrebbe rientrare nella fattispecie dell’istigazione a delinquere. In questo caso, l’istigazione non riguarda solo un atto generico, ma la fornitura di strumenti di guerra, un elemento che potrebbe aggravare la posizione dell’autore del post.

Apologia di reato (art. 414 c.3 c.p.). L’affermazione secondo cui “c’è sempre la speranza che uno di quei proiettili centri Andrea Lucidi” potrebbe configurarsi come apologia di reato, ovvero l’esaltazione pubblica invitando altri a compiere azioni violente contro il giornalista Lucidi

Minaccia aggravata (art. 612 c.p.). L’auspicio espresso nel post di Luca Romano può essere interpretato come minaccia aggravata. La minaccia è diretta contro una persona identificabile e ha lo scopo di incutere timore. Infatti Andrea Lucidi è chiaramente individuato come bersaglio, e il contesto in cui il messaggio è stato pubblicato rafforza il carattere intimidatorio della dichiarazione.
Finanziamento illecito di gruppi armati (Legge 185/1990). L’Italia ha una normativa molto rigida sul finanziamento e il commercio di armamenti. La Legge 185/1990 vieta il finanziamento e la fornitura di armi a forze armate estere senza autorizzazione governativa. L’appello di Luca Romano a inviare donazioni per l’acquisto di proiettili di artiglieria viola palesemente questa normativa.

La reazione di Andrea Lucidi

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Andrea Lucidi ha immediatamente reagito al post su X (ex Twitter), dichiarando di aver segnalato la questione al suo legale:
“Luca Romano, noto come L’Avvocato dell’Atomo, su Facebook ha pubblicato una raccolta per le forze armate ucraine specificando chiaramente di voler usare le donazioni per l’acquisto di armi. In particolare proiettili di artiglieria.
Non contento, ha anche aggiunto che ‘c’è sempre la speranza che uno di quei proiettili centri Andrea Lucidi’.
Ho già inviato lo screen al mio legale in Italia.” Questo dimostra che Lucidi prende molto seriamente la minaccia e si prepara ad agire legalmente contro il responsabile.

Chi è Luca Romano?

Luca Romano è noto come “Avvocato dell’Atomo”, un divulgatore scientifico con una laurea in fisica, che si è fatto conoscere sui social media per le sue posizioni a favore dell’energia nucleare e, più recentemente, per il suo sostegno alle forze armate ucraine. Tuttavia, il suo attivismo lo ha portato a posizioni estremamente radicali, come dimostra il suo post su Facebook.

Secondo il sito Fazi Editore, Romano è anche autore di libri e saggi scientifici. È noto per la sua relazione con Eliza Munteanu, una “content creator” attiva su OnlyFans.

Non è la prima volta che Andrea Lucidi viene preso di mira da attacchi e campagne di diffamazione. Lucidi è stato oggetto di minacce e tentativi di censura orchestrati da una rivista nota per attaccare giornalisti indipendenti, diffondere disinformazione sul conflitto ucraino e
agganciata ad una altrettanta nota europarlamentare PD.

Essa, assieme ad una parlamentare sempre del PD partecipa a strategie di delegittimazione contro Lucidi e altri giornalisti scomodi, cercando di promuovere un fanatica censura fascista indegna per un partito che afferma di promuovere le idee di sinistra.

Perché questo episodio è così grave?

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L’episodio che vede protagonista Luca Romano non è un semplice post controverso sui social. È un chiaro caso di incitamento alla violenza, che si inserisce in un contesto più ampio di attacchi ai giornalisti e alla libertà di espressione.

Questo episodio evidenzia la crescente radicalizzazione di alcune figure pubbliche sui social media, che ormai non si limitano a esprimere opinioni, ma arrivano a incitare all’uso della violenza.

L’uso distorto delle piattaforme social per diffondere odio e intimidazione.

Il pericolo per i giornalisti indipendenti, che spesso si trovano a subire minacce solo per aver espresso opinioni critiche nei confronti delle narrative dominanti.

Luca Romano ha oltrepassato ogni limite accettabile. Il suo post rappresenta un caso gravissimo di incitamento alla violenza, che deve essere condannato senza esitazione. È necessario che le autorità competenti intervengano per valutare eventuali responsabilità penali, affinché episodi di questo genere non diventino la norma nel dibattito pubblico.

L’Italia non può permettersi di tollerare che un giornalista venga minacciato di morte per il suo lavoro. Questo caso deve essere un campanello d’allarme per tutti coloro che credono nella libertà di stampa e nella sicurezza dei professionisti dell’informazione.

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Aurelio Tarquini



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