La fuga delle start-up dal Trentino: «Servono maggiori investimenti»

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di
Mario Parolari

I dati della Camera di Commercio: sempre meno nuove imprese. L’assessore allo sviluppo economico Spinelli: «Provincia, fondazioni e Università le supportino insieme»

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In Trentino, come nel mondo, «non nascono tanti Elon Musk». E i pochi che ce la fanno spesso portano le loro idee innovative altrove. A constatarlo è la Camera di Commercio di Trento, soffiando sulle 13 candeline dello «Start-up act», il decreto legge 179 del 2012 con cui l’allora Governo Monti decise di sostenere realtà imprenditoriali innovative ad alto valore tecnologico. L’ente camerale provinciale ha presentato i dati nell’ultimo numero di Economia trentina. Il panorama è chiaroscuro: il mondo delle start-up, da dizionario «imprese appena costituite», è costellato di opportunità e sfide. Dal 2009 al 2024 sono state 456 le imprese iscritte nella Sezione speciale delle start-up innovative in Trentino: il 72,6% di queste (331) sono ancora attive, ma solo 138 hanno conservato le caratteristiche che la legge italiana assegna alle start-up.

Il flusso in entrata

Nel frattempo, il flusso in entrata si è ridotto drasticamente. Il totale delle nuove start-up è stato di 31 nell’anno inaugurale della legislazione, con un picco di 50 nel 2017. «Nel 2023 — spiega lo studio —, le nuove start-up rappresentano ormai il 6,6% della nuova imprenditorialità locale, evidenziando un rallentamento nella creazione di iniziative innovative a fronte di un flusso consolidato e stabile di nuove imprese». Infatti, dal 2021 il numero è solo sceso, con un minimo storico di 22 nuove imprese iscritte nella Sezione speciale trentina nel 2023. «La legge del 2012 fu sostenuta da incentivi su bandi varati per la Provincia da Trentino Sviluppo, oltre ad accessi ai fondi nazionali e detrazioni fiscali per chi investe — spiega Massimo Pavanelli, coordinatore dell’Ufficio studi e ricerche della Camera di Commercio di Trento —. Per legge il sostegno va solo alle realtà innovative, quindi con requisiti, tra cui investimenti interni in ricerca e sviluppo e una quota di laureati nello staff. Questo è limitante».




















































«Il boom non era più sostenibile»

Per Pavanelli, i parametri imposti dalla legge sono parte della spiegazione dietro il calo nel flusso di start-up in Trentino: «Il boom iniziale non era più sostenibile, queste imprese drenavano risorse da quelle tradizionali — spiega Pavanelli —. Una parte di start-up supera i 7 anni di vita e riesce in un interessante aumento di produzione, registrando fatturati alti. Il gioco vale la candela, ma esiste il rischio imprenditoriale». Delle 138 start-up ancora attive, la maggior parte di quelle che sopravvivono al sesto, settimo e ottavo anno (oggi 62 in Trentino) arrivano a ricavi superiori a 100mila euro.
Ma la Camera di Commercio si chiede se «questa crescita dei ricavi sia imputabile esclusivamente a alle capacità gestionali e imprenditoriali delle singole start-up o se vi sia l’influenza di investimenti provenienti da gruppi esterni». Come spiega la Camera di Commercio, dal 2012 le start-up trentine si sono occupate di tre settori: fabbricazione di prodotti industriali, servizi professionali, scientifici e tecnici, e servizi di informazione e comunicazione. «Le start-up crescono, ma la domanda per operare in questi settori nel nostro territorio è limitata — spiega Pavanelli —. A quel punto o cresci e continui a cercare mercati fuori oppure fare impresa diventa difficile. In Trentino manca un sistema di incontro tra domanda e offerta, non si sposa con la nostra cultura finanziaria. E ottenere credito da investitori è sempre più difficile». Per questo, delle poche neo-imprese che riescono a superare la barriera iniziale, a sfruttare i finanziamenti pubblici e a diventare grandi, alcune «emigrano» (con i loro «cervelli»).

E il nostro territorio non sembra attrattivo per i giovani imprenditori: tra le 456 imprese la fascia d’età predominante tra i titolari è quella tra i 31 e i 50 anni, ovvero il 61,4% del totale. «La fascia 21-30 anni copre il 17,1% , mentre la fascia più giovane (20 anni o meno) ha registrato un numero estremamente ridotto di iscrizioni, con solo 3 imprese». «La sfida è trattenere le start-up sul territorio — spiega Pavanelli —. Contano l’accessibilità alle tecnologie e alle grandi piazze di mercato. Servono strutture e una maggiore sinergia tra hub come Università e Fbk. Ma rimane il problema del sostegno privato agli investimenti per fare il grande salto sul mercato».

Innovazione e competitività

«Le startup sono una scommessa di innovazione e competitività, con una componente di rischio d’impresa — spiega l’assessore provinciale allo sviluppo economico Achille Spinelli —. I dati confermano quanto sia fondamentale continuare a sostenere l’ecosistema dell’innovazione presente in Trentino. La sfida è essere in grado di generare progetti imprenditoriali ad alta innovazione tecnologica, di crescere nel tempo e assicurare la formazione di nuovi posti di lavoro, con una ricaduta su tutto il nostro settore produttivo. Finanziamo il supporto ai progetti innovativi anche tramite la rete della ricerca e del trasferimento tecnologico, che vede insieme Fondazioni e Università».

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