Quale leadership per l’Unione di fronte a Trump?

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Buongiorno! Sono Christian Spillmann e, insieme a David Carretta, vi presentiamo Il Mattinale Europeo.

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Quale leadership per l’Unione di fronte a Trump?

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“Quando i cittadini guardano all’Europa, hanno bisogno di vedere una leadership”. La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha ragione. Ma gli europei si chiedono ancora dove guardare. I leader delle istituzioni europee sono in carica da due mesi. È ancora troppo presto per essere definitivi, ma una cosa è chiara: il presidente americano, Donald Trump, sta ignorando la presidente della Commissione europea e il presidente del Consiglio europeo. Trump conosce perfettamente il funzionamento dell’Ue, avendolo praticato durante la piccola guerra commerciale scoppiata durante il suo primo mandato. Per lui la leadership europea non si trova a Bruxelles.

Ursula von der Leyen è stata riconfermata per un secondo mandato alla guida della Commissione europea, l’istituzione incaricata dagli Stati membri dell’Ue di condurre i negoziati commerciali. Il suo primo mandato ha coinciso con la fine caotica di Donald Trump. Ursula von der Leyen ha accolto con favore la vittoria di Joe Biden, salutando il ritorno di un amico dell’Europa alla Casa Bianca. La presidente e il suo braccio destro, il tedesco Bjoern Seibert, hanno lavorato a stretto contatto con il presidente Biden e con Jack Sullivan, il suo consigliere per la Sicurezza nazionale. Si sono impegnati per aiutare la rielezione di Joe Biden, ci ha detto un ex funzionario della Commissione.

Il ritorno di Donald Trump è un disastro per la presidente della Commissione, perché è determinato a punire tutti coloro che hanno sostenuto Joe Biden. Le relazioni tra Ursula von der Leyen e Donald Trump saranno dunque molto complicate, prevede l’ex funzionario della Commissione. In più Ursula von der Leyen è tedesca, vicina ad Angela Merkel, e per sua sfortuna, Trump “non ama la Germania, perché pensa che sia lei a gestire l’Unione”, ha spiegato Jean-Claude Juncker al Mattinale Europeo.

Ursula von der Leyen dovrà farsi valere. Afferma di essere pronta a “rispondere con fermezza se presi di mira in modo arbitrario o ingiusto”. La Commissione europea si è dotata di numerosi strumenti per rispondere a una nuova guerra commerciale con Washington. In particolare, l’Ue dispone di uno “strumento anti coercizione”, che comprende un’ampia gamma di restrizioni legate al commercio, agli investimenti e alla finanza, che può rivelarsi molto utile come deterrente e risolvere le controversie commerciali attraverso i negoziati. In ultima istanza, può essere utilizzato per lanciare contromisure contro un paese terzo che usa i dazi come strumento di pressione politica.

Ursula von der Leyen potrebbe anche riattivare i dazi doganali decisi nel 2019 per contrastare le tariffe imposte da Trump su acciaio e alluminio provenienti dall’Ue e da altri alleati, come ha ricordata Cecilia Malmstrom, ex commissario per il commercio internazionale nella Commissione Juncker. Questi dazi, del valore di 2,8 miliardi di dollari, sono stati sospesi. Ma potrebbero entrare automaticamente in vigore nel marzo 2025.

Ursula von der Leyen ha chiarito che andrà allo scontro se Trump deciderà di aprire le ostilità. Ma la sua riluttanza a reagire alle interferenze di Elon Musk nella vita politica nel Regno Unito e poi in Germania è stata una sorpresa e alimentato i dubbi. Ci sono volute le pressioni di alcuni Stati membri e di alcuni eurodeputati per avere novità sulle indagini condotte in base al Digital Service Act, il regolamento sulle piattaforme. Trump ha messo in guardia la Commissione dal punire Musk. Le indagini proseguono, ma ci vorranno mesi prima di eventuali sanzioni.

Ursula von der Leyen è stata sotto pressione fin dall’inizio del suo mandato. Ora si trova in un rapporto di forza che non vuole con Donald Trump. Lunedì i leader dell’Ue hanno detto al presidente americano che gli europei sono pronti a discutere i problemi e a trovare una soluzione, ma che si rifiutano di farlo sotto minaccia. Il compito di negoziare è affidato alla presidente della Commissione. Ma la leadership di Ursula von der Leyen al momento è ben lontana dall’essere una realtà. La sua comunicazione sulle azioni di Elon Musk è stata disastrosa e ha diviso gli Stati membri. Tutto è controllato dal suo gabinetto, come durante il suo primo mandato. Le sue apparizioni in pubblico sono ingessate e le domande vengono selezionate. La presidente è iperprotetta, come ha dimostrato l’episodio del suo ricovero in ospedale per polmonite.

Il suo primo mandato si era rapidamente trasformato in una lotta di potere con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e l’Alto Rappresentante, Josep Borrell. La mancanza di fiducia nel gestire un equilibrio istituzionale difficile per la quale non era stata preparata e un grande scontro di ego hanno danneggiato le relazioni all’interno della “squadra Europa”. Nessuno vuole rivivere questa situazione, soprattutto con Trump al potere. Ora le relazioni tra la presidente della Commissione e presidente del Consiglio europeo appaiono eccellenti. Ma erano eccellenti anche quelle tra Michel e von der Leyen all’inizio del primo mandato.

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L’ex primo ministro portoghese, Antonio Costa, tuttavia, è molto diverso dal suo predecessore, Charles Michel, di cui ha visto gli errori. Costa è entrato in carica con l’ambizione di essere un facilitatore. La sua prima iniziativa è stata quella di organizzare un “ritiro informale” per i leader dei ventisette sul tema della difesa. L’annuncio ha fatto sorridere molti. Ma l’esercizio è andato bene. Nessuna decisione, ma una sessione di “brainstorming” per consentire a tutti di esprimere le proprie idee e fornire alla Commissione una serie di indicazioni sul Libero bianco per la difesa che deve presentare a marzo. Costa comunica bene, ispira empatia e non mostra alcuna bulimia di potere o leadership nell’Ue.

L’Alto rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, invece, è in difficoltà. L’ex premier dell’Estonia sta cercando di trovare la sua strada, ma i suoi primi interventi sono stati deludenti. Kaja Kallas sembra mancare di slancio, visione e ambizione. Dà l’impressione di essere soffocata dal gabinetto di Ursula von der Leyen, da cui dipende per la comunicazione. Non riesce ad affermarsi e per il momento soffre del confronto con Borrell. Kaja Kallas ha avuto una conversazione telefonica con il nuovo Segretario di Stato americano Mark Rubio, ma non le ha dato la possibilità di approfondire la politica commerciale dell’amministrazione Trump.

Gli europei sono ancora confusi sulle intenzioni del presidente americano. Trump fa il bello e cattivo tempo, spaventa su Gaza, ma sorprende per il suo continuo sostegno all’Ucraina. La sua politica commerciale e le sue relazioni con gli alleati della Nate saranno probabilmente transazionali, fatte di minacce e di posizionamenti duri.

L’Europa spera in una visione e una coerenza nelle decisioni del presidente americano e si chiede chi Trump sceglierà come interlocutore europeo, se rifiuterà di trattare con Ursula von der Leyen. Trump non vede l’Unione come un’entità unica, ma come un insieme di paesi che possono essere divisi. I leader dell’Unione europea dovranno fare i conti con la loro decisione di riconfermare una presidente della Commissione inadatta a Trump. La leadership europea è molto lontana.

La frase

“Parole prive di senso”.

Il portavoce del Cremlino dopo che Volodymyr Zelensky ha dichiarato di essere pronto a negoziati diretti con Vladimir Putin.

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L’Ue e Trump

Un “bazooka” contro i ricatti di Trump a colpi di daziIl Financial Times ieri ha rivelato che la Commissione sta pensando di usare il “bazooka” dello “strumento anti coercizione” se Donald Trump userà i dazi come arma di ricatto politico contro l’Ue o i suoi Stati membri. Cos’è lo “strumento anti coercizione”? E’ un regolamento proposto nel 2021 e adottato nel 2023 pensando soprattutto alla Cina. La sua approvazione era coincisa con uno scontro senza precedenti tra la Cina e la Lituania legato a Taiwan. Nel 2021 Pechino aveva cancellato dal suo sistema doganale il nome del piccolo paese baltico, provocando il blocco di tutte le esportazioni e importazioni, in rappresaglia alla decisione del governo lituano di permettere l’apertura di un ufficio di rappresentanza di Taiwan. Lo “strumento anti coercizione” si adatta perfettamente anche all’uso politico dei dazi che potrebbe fare Trump nei confronti dell’Ue, che sia sulla volontà di prendersi la Groenlandia o di forzare l’aumento della spesa militare. “Si ha coercizione economica allorché un paese terzo applica o minaccia di applicare una misura che incide sugli scambi o sugli investimenti al fine di impedire od ottenere la cessazione, la modifica o l’adozione di un particolare atto da parte dell’Unione o di uno stato membro, interferendo in tal modo nelle legittime scelte sovrane dell’Unione o di uno stato membro”, si legge nel regolamento.

Le munizioni del bazooka contro Trump – Un allegato del regolamento sullo “strumento anti coercizione” elenca le sanzioni contro i paesi terzi che praticano ricatti economici a fini politici: imposizione di dazi, stop all’importazione o all’esportazione di merci, esclusione dalle gare di appalto, restrizioni agli scambi di servizi, agli investimenti esteri diretti, alla protezione della proprietà intellettuale e al loro sfruttamento commerciale, alle attività bancarie, assicurative e finanziarie. A differenza delle sanzioni legate alla politica estera che sono adottate all’unanimità, lo “strumento anti coercizione” prevede un voto a maggioranza qualificata da parte degli stati membri. “Nessuno potrebbe mettere un veto per proteggere Trump”, spiega una fonte. I tempi di risposta sono relativamente rapidi per gli standard dell’Ue: le sanzioni vanno adottate in otto settimane.

Geopolitica

Il lungo silenzio di von der Leyen e Kallas su Trump e Gaza – Il presidente americano, Donald Trump, ha scioccato il mondo affermando che gli Stati Uniti vogliono “prendere il controllo” di Gaza e svuotarla della popolazione palestinese per trasformarla nella “Riviera del Medio Oriente”. Ma le istituzioni dell’Unione europea sono rimaste a lungo in un silenzio imbarazzato ieri, rifiutandosi di commentare le proposte di Trump. Né i portavoce della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, né l’Alto rappresentante, Kaja Kallas, hanno reagito. Solo alle 19h30 è arrivato un breve commento di un portavoce. “Abbiamo preso nota dei commenti del presidente Trump. L’Ue rimane fermamente impegnata per una soluzione a due Stati (…). Gaza è parte integrante di un futuro Stato palestinese”. Una risposta più rapida è arrivata da alcune capitali. La Striscia di Gaza “appartiene ai palestinesi” e deve far parte del “futuro Stato palestinese”, ha detto il ministero degli Esteri tedesco. “La Francia reitera la sua opposizione a qualsiasi spostamento forzato della popolazione palestinese di Gaza, che costituirebbe una violazione grave del diritto internazionale”, ha detto il ministro degli esteri francese.

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La Groenlandia convoca elezioni anticipate – Messo sotto pressione da Donald Trump, il primo ministro della Groenlandia, Múte Egede, ha annunciato che il territorio sotto sovranità della Danimarca ma con uno stato di autonomia andrà a elezioni anticipate l’11 marzo. “E’ tempo per un’elezione dell’Inatsisartut (il parlamento groenlandese)”, ha scritto Egede martedì in un post su Facebook: “Siamo in un momento serio. Un momento che non abbiamo mai sperimentato nel nostro paese. Il momento non è di divisioni interne, ma di cooperazione e unità per il nostro paese”, ha aggiunto il primo ministro. Il parlamento groenlandese ha appena approvato una legge che vieta le donazioni straniere o anonime in campagna elettorale. Ma gli strumenti di interferenza e pressione non mancheranno a Trump e ai suoi alleati. Gli iscritti alle liste elettorali alle ultime elezioni erano appena 41 mila.

Difesa

La Brigata franco-tedesca in Polonia per 3 mesi – Fiore all’occhiello della cooperazione militare tra Francia e Germania, la Brigata franco-tedesca sarà inviata in Polonia “nella piena misura delle sue capacità” per tre mesi, ha annunciato ieri il ministro della Difesa francese, Sébastien Lecornu davanti all’Assemblea nazionale. L’annuncio è stato fatto otto giorni prima della riunione dei ministri della Difesa della Nato che si terrà a Bruxelles il 13 febbraio. La brigata comprende 5.600 uomini (60 per cento tedeschi, 40 per cento francesi) ed è dotata di importanti mezzi di combattimento. Lecornu ha insistito sulla necessità di superare il dibattito sul 2 per cento del Pil che i membri della Nato devono destinare alle spese per la difesa e di parlare di “contributi militari reali all’Alleanza, cioè il numero di navi, aerei e brigate effettivamente disponibili per realizzare i vari piani di difesa”. I membri della Nato si sono impegnati a mobilitare 30 brigate, 30 squadroni di aerei e 30 navi da guerra in 30 giorni entro il 2030.

La mobilità militare resta un problema nell’Ue – Le forze armate degli Stati membri dell’Ue non sono ancora in grado di muoversi rapidamente sul loro territorio, ha detto ieri la Corte dei conti europea in una nuova relazione. “La mobilità militare è fondamentale per dare all’Ue una capacità di difesa credibile. È giunto il momento di accelerare il passo. Ma gli ostacoli impediscono di accelerare”, ha sottolineato Marek Opioła, membro della Corte responsabile della relazione. L’obiettivo di garantire un movimento rapido e senza ostacoli di personale militare, attrezzature e forniture, sia all’interno che all’esterno dell’Ue, a breve termine e su larga scala, non è ancora stato raggiunto. Il bilancio complessivo dell’Ue per la mobilità militare è modesto, pari a 1,7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, e la dotazione è stata completamente utilizzata entro la fine del 2023. “Ciò significa che passeranno più di quattro lunghi anni prima che i fondi europei siano nuovamente disponibili per la mobilità militare, il che compromette la stabilità e la prevedibilità dei finanziamenti”, deplora la Corte dei conti dell’Ue.

Socialisti

Il ritorno di Frans – Frans Timmermans, l’ex vicepresidente della Commissione diventato il bersaglio degli attacchi della destra e dell’estrema destra per il Green deal, ieri era a Bruxelles per un incontro con il gruppo dei Socialisti&Democratici, la sua famiglia politica. Incontrando i giornalisti, Timmermans si è tolto alcuni sassolini dalle scarpe nei confronti del Partito Popolare Europeo. “A volte mi chiedo come mai la memoria delle persone sia così corta. Il Green Deal non è stato possibile solo perché il PPE ha partecipato a tutti i processi decisionali e ha votato positivamente. Il Green Deal è stato spesso rivendicato dal Partito popolare europeo come un loro progetto. Dov’è finito ora? Cosa è cambiato? È cambiato il progetto o è cambiato il Ppe?”. Secondo Timmermans, “se il centro-destra inizia a imitare l’estrema destra, è l’estrema destra che vince e il centro-destra che perde”. Timmermans ha preso di mira il leader della CDU tedesca, favorito per diventare cancelliere, che si è alleato con l’estrema destra al Bundestag per far passare una mozione sull’immigrazione. “Ora vedo Friedrich Merz commettere di nuovo questo tragico errore in Germania. In passato pensavo che il centro-destra in Germania avesse imparato a non farlo. Ma tragicamente, ora Merz lo ha fatto. Non posso controllare le conseguenze che questo avrà, ma mi preoccupano”, ha detto Timmermans.

Timmermans critica i sussidi concessi da von der Leyen nel Green deal – Frans Timmermans è tornato alla politica nazionale nel 2023, rinunciando anticipatamente al suo incarico alla Commissione per condurre una campagna elettorale che non ha avuto successo. Ora nei Paesi Bassi sta promuovendo la fusione del suo partito laburista con i verdi, dopo aver guidato una coalizione tra i due alle ultime elezioni. Ma non risparmia alcune critiche alla Commissione per come sta portando avanti gli obiettivi del Green deal. “Devo anche essere onesto: molti dei sussidi e delle misure che dovevano aiutare le persone a passare a una mobilità a zero emissioni o a basse emissioni, a installare pannelli solari, eccetera, hanno beneficiato la parte più ricca dell’Europa, le parti più ricche della nostra società. Ora dobbiamo assicurarci di ristrutturare questa politica, in un modo che avvantaggino davvero le persone che non possono permettersi di acquistare pannelli solari, che dipendono dai trasporti pubblici, che hanno bisogno di investimenti anche in questo, e che hanno bisogno di avere accesso a veicoli a zero emissioni”, ha detto Timmermans. Se per fare questo occorre cambiare il nome al Green deal, lui è a favore.

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Digitale

Una nuova tassa sui pacchetti dell’e-commerce cinese – Il pacchetto per un commercio elettronico sicuro e sostenibile presentato ieri dalla Commissione per frenare le importazioni di merci a basso costo dalle piattaforme cinesi Shein, Temu e AliExpress contiene una brutta sorpresa per i consumatori. Non solo la Commissione vuole togliere l’esenzione dai dazi per le merci di valore inferiore ai 150 euro, ma propone di introdurre una tassa su ciascun pacchetto importato. Ufficialmente si chiama “commissione di gestione non discriminatoria sugli articoli di commercio elettronico importati nell’Ue direttamente ai consumatori”. L’obiettivo è “far fronte ai costi crescenti della supervisione della conformità di miliardi di tali spedizioni alle norme dell’Ue”. L’anno scorso, circa 4,6 miliardi di spedizioni di valore inferiore ai 150 euro sono entrate nel mercato dell’Ue per un totale di 12 milioni di pacchi al giorno. Si tratta del doppio rispetto al 2023 e del triplo rispetto al 2022. Secondo la Commissione, molte di queste merci sono risultate non conformi alla legislazione europea, sollevando preoccupazioni sulla pericolosità dei prodotti, le pratiche sleali e la contraffazione. L’abolizione dell’esenzione dai dazi (il cosiddetto “de minimis”) dovrebbe permettere di incassare più di un miliardo di euro. La Commissione non ha specificato l’ammontare della tassa sui pacchetti.

Migranti

Brunner solleva dubbi sull’accordo Italia-Albania – In una risposta a un’interrogazione parlamentare, il commissario agli Affari interni, Magnus Brunner, ha ricordato al governo di Giorgia Meloni che l’accordo con l’Albania sull’esternalizzazione delle procedure di asilo “non deve compromettere il sistema europeo comune di asilo o incidere negativamente sulle norme comuni dell’Ue”. Il protocollo tra Italia e Albania deve anche “essere complementare alle vie di accesso all’asilo esistenti e non può frapporsi alle finalità e agli obiettivi del diritto dell’Unione in quest’ambito, né ledere i diritti e le garanzie che gli Stati membri devono concedere alle persone che si trovano in queste situazioni”, ha aggiunto Brunner. Il commissario ha annunciato che intende “seguire da vicino l’attuazione del protocollo Italia-Albania, monitorando in particolare la corretta applicazione del diritto dell’Unione in tale contesto”.

Stato di diritto

Il Tribunale dell’Ue conferma la multa da 320 milioni di euro alla Polonia per la riforma della giustizia del PiS – Il Tribunale dell’Ue ieri ha confermato la multa da 320 milioni di euro inflitta alla Polonia per le leggi sulla giustizia adottate dal precedente governo, guidato dal partito nazionalista Legge e Giustizia (PiS). In mancanza del pagamento delle penalità giornaliere da parte della Polonia, la Commissione ha proceduto periodicamente al loro recupero mediante compensazione con diversi crediti vantati da tale Stato membro nei confronti dell’Unione. La Polonia ha adito il Tribunale dell’Unione europea chiedendo l’annullamento in totale di sei decisioni di compensazione che le hanno permesso di recuperare 320 milioni di euro. Per il governo di Donald Tusk, la convalida della multa conferma che le riforme introdotte dal PiS per mettere sotto controllo la giustizia vanno contro il trattato.

Francia

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Bayrou si salva dalla censura, la sinistra implode, la Francia ha un bilancio per il 2025 – 128 deputati hanno votato a favore della mozione di censura presentata dalla France Insoumise, ben al di sotto della maggioranza di 289 voti necessaria per far cadere il governo, ha annunciato ieri sera il presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivet. Il Partito Socialista e il Rassemblement National avevano annunciato il loro rifiuto di votare la mozione di censura. Anche una seconda mozione di censura presentata contro il bilancio della sicurezza sociale è stata respinta. Il primo ministro, François Bayrou, è così sopravvissuto al malcontento provocato dalla sua decisione di approvare il bilancio dello Stato per il 2025 e il bilancio della sicurezza sociale avvalendosi dell’articolo 49.3, che consente al governo di approvare un disegno di legge senza dibattito parlamentare. La France Insoumise ha preso atto della fine del Nuovo Fronte Popolare, l’alleanza di partiti di sinistra formatasi dopo lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale per contrastare l’estrema destra nelle elezioni legislative anticipate.

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Accade oggi

  • Commissione: visita del collegio dei commissari per l’inizio della presidenza polacca del Consiglio dell’Ue a Danzica

  • Servizio europeo di azione esterna: l’Alto rappresentante Kallas riceve Mark Rutte, segretario generale della Nato, e Tomoko Akana, presidente della Corte penale internazionale

  • Consiglio europeo: il presidente Costa riceve il presidente della Corte penale internazionale, Tomoko Akane

  • Commissione: il commissairo Sefcovic riceve rappresentanti della Camera di commercio dell’Ue in Cina

  • Commissione: il commissario Hoekstra ospita il Youth Policy Dialogue sulle politiche climatiche dell’Ue

  • Commissione: il commissario Kubilius riceve Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo

  • Commissione: la commissaria Zaharieva riceve Pietro Barabaschi, direttore generale del reattore sperimentale termonucleare internazionale (Iter)

  • Parlamento europeo: audizioni del capo della procura europea, Laura Kosevi, del capo di Eurofisc, Yannic Hulot, e del commissario Hoekstra alla sottocommissione Tassazione

  • Parlamento europeo: audizione del commissario Kadis alla commissione Ambiente

  • Eurostat: dati sul commercio al dettaglio a dicembre; prezzi delle importazioni industriali a dicembre



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