Un paese più attrattivo per salvare le conquiste dello stato sociale

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Lo stato sociale italiano è l’insieme delle politiche pubbliche che proteggono i cittadini nei confronti di bisogni e rischi quali la nascita, la malattia, la vecchiaia, gli infortuni, la disabilità, la disoccupazione. Fondato tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 con il Regno d’Italia che ha introdotto le prime assicurazioni sociali volontarie contro gli infortuni (divenute subito dopo obbligatorie), lo Stato Sociale ha registrato la nascita del sistema della pensione statale con la costituzione della Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali. Subito dopo, il soccorso statale si è esteso sulle strutture di assistenza sociale. In particolare nel 1898 è nata l’INPS, Cassa Nazionale di Previdenza e per l’invalidità e la vecchiaia degli operai.

Lo Stato Sociale ha avuto il suo periodo di consolidamento nell’Epoca fascista (1922 – 1943) con l’ampliamento delle tutele pubbliche con un forte indirizzo centralista e il rafforzamento delle Istituzioni statali chiamate ad intervenire sull’importante tema. L’Epoca in questione ha segnato lo sviluppo organico della previdenza, fondato essenzialmente sulle mutue, mentre il settore della sanità ha visto interventi frammentati.

A partire dal 1944 nell’Epoca Repubblicana, si è registrata, anche grazie ai principi contenuti nella Carta Costituzionale, un espansione dello Stato Sociale tanto da far conseguire il «miraggio» dell’assistenza dalla culla alla bara; in particolare, considerato il basso livello delle pensioni di vecchiaia la priorità dei partiti politici dell’Epoca è coincisa con un allargamento dei benefici delle pensioni, utilizzando all’occorrenza anche gli strumenti degli assegni familiari e delle pensioni di invalidità. Si è dato poi anche impulso all’Edilizia sociale, alla pensione sociale e all’universale diritto allo studio. È il periodo in cui è cresciuto notevolmente, come mai accaduto prima, il numero di famiglie proprietario di abitazione. È il periodo in cui con determinazione e successo si è avviata la lotta all’alfabetismo e è cresciuto il numero di coloro che frequentano le scuole di ogni ordine e grado e le Università.

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Lo Stato Italiano così ha acquisito un ruolo sempre più centrale nel rassicurare la popolazione in relazione alle forti attese di tutela pubblica. Queste politiche sono culminate, in epoca moderna, nel 1978 con la fondazione del Sistema Sanitario Nazionale. Lo Stato nella sanità ha così mantenuto le funzioni di indirizzo delegando alle USL prima, ma dopo alle Aziende Sanitarie Locali sotto il controllo delle Regioni le attività di cura e prevenzione di carattere sanitario.

La spesa pubblica nel tempo è sempre salita gradualmente e le risorse pubbliche necessarie per sostenere il Welfare hanno trovato un bilanciamento nella contribuzione dei cittadini e, in parte, nella implementazione del debito pubblico che è cresciuto fino al dato importante dei nostri giorni (circa 3.000 miliardi di euro, 144 miliardi in più rispetto allo scorso anno). In Epoca recente pertanto – almeno negli ultimi 30 o 40 anni – si è sentita la necessità di un dibattito sul tema più Stato o meno Stato? O ancora, più società e meno Stato.

Il debito pubblico negli ultimi anni è aumentato notevolmente a causa dell’uso sconsiderato e senza controllo di misure legate alla spesa pubblica ma tante tutele pubbliche sono oramai divenute patrimonio identitario degli Italiani ed hanno contribuito alla sicurezza del cittadino su più fronti, certamente quelli economico, sociale e culturale.

Appare difficile che un Paese come l’Italia possa rinunciare oggi ai traguardi raggiunti in campo economico sociale e culturale ma occorre porre un freno al debito pubblico. Questo rallentamento andrà attivato con una azione mirata su più fronti. Il Paese deve riprendere la sua corsa con l’ascesa del PIL se pur in un contesto di previsioni di crescita molto contenute a causa della scarsa vivacità di consumi e investimenti e della flessione delle esportazioni. Investimenti PNRR in infrastrutture che colleghino le aree periferiche ai centri nevralgici del Paese e l’azione delle aziende private magari agevolata da strumenti virtuosi come, ad esempio, quello collegato alla area ZES unica per il Mezzogiorno giocheranno un importante ruolo. Sul tema delle agevolazioni finanziarie e fiscali anche le Regioni possono contribuire non poco a completare l’offerta di adeguati strumenti in un’ottica di programmazione e di sostenibilità.

L’Italia ha un sistema del credito costituito da banche piccole e grandi sano che potrà contribuire alla crescita del PIL ma sono tanti gli attori che direttamente ed indirettamente potranno collaborare per il raggiungimento di questo risultato: dalla grande azienda al piccolo operatore commerciale in primis, dagli insegnanti alle forze dell’ordine, dagli operatori sanitari ai dottori commercialisti, dalle associazioni dei datori di lavoro alle organizzazioni sindacali, solo a titolo di esempio.

Nello stesso tempo il Paese dovrà porre attenzione ad esempio: a) Alla Sostenibilità delle pensioni, con aiuti utili all’inversione del trend demografico e buon governo delle politiche di immigrazione; b) Al mix pubblico privato in sanità, con uno spazio per il privato competitivo che impedisca grandi emorragie di risorse pubbliche, ma che concorra a rendere più virtuoso ed economico il servizio pubblico; c) ai Piccoli borghi che se tutelati concorrono a rendere più morale il vivere civile e ad abbassare il costo medio della vita.

Occorre agire presto per mettere in sicurezza il Paese il cui debito pubblico continua a correre con una velocità sostenuta. Tanto anche per non mettere in discussione le conquiste in termini di welfare di oltre un secolo di storia.



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