Paragon finisce in Procura. Il governo: non c’entriamo

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Come volevasi dimostrare: il caso Paragon finisce in Procura e va a ingrossare i dossier e le indagini sui nostri servizi segreti, in un momento delicatissimo per il nostro Paese. Lo spyware di origine israeliana che è servito per indagare almeno sette bersagli italiani «sensibili» (tra cui il direttore di Fanpage Francesco Cancellato e l’attivista pro migranti Luca Casarini) diventerà presto oggetto di una denuncia per provare ad accertare chi sono i veri mandanti dello spionaggio che ha coinvolto almeno 90 persone di 14 Paesi europei.

«Siamo al lavoro con il nostro legal team per mettere a punto un documento da inviare a Palermo e Roma», annuncia Casarini, capomissione dell’Ong Mediterranea Saving Solution, che mercoledì ha ricevuto sul suo cellulare una messaggio con cui Meta, società che gestisce Whatsapp, gli annunciava la violazione del cellulare attraverso il software militare, in uso alle agenzie di intelligence dei principali governi Ue, definito «tra i più sofisticati al mondo».

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L’Ordine dei giornalisti si è svegliato per condannare l’inaccettabile intrusione «contraria al principio di libertà di stampa e vietato dal Media Freedom Act che sancisce il divieto di intercettare i giornalisti con software-spia, salvo casi di estrema gravità». Ma chi è stato a decidere di intecettare Casarini, Cancellato e altri cinque bersagli italiani finora anonimi?

Si sa che due agenzie italiane che si occupano di sicurezza avrebbero acquistato il software spia Graphite, riservato ai governi «amici» di Usa e Israele. Ieri di buon mattino due quotidiano stranieri (Haretz e Guardian) rivelano che queste due agenzie, dopo una sospensione cautelare partita il 31 gennaio, tra martedì e mercoledi si sarebbero viste cancellare il contratto per aver violato i termini di servizio e il quadro etico del protocollo. Sono stati davvero i servizi italiani ad hackerare i cellulari dei sette bersagli? Difficile, se non impossibile. «È stato il governo italiano ha autorizzato una simile operazione? I Servizi Segreti italiani si avvalgono del software Paragon?», si chiede comunque Casarini? «L’Italia è cliente dell’azienda Paragon Solutions? Il governo può ufficialmente smentire di aver spiato il direttore di un giornale?», è la domanda che Cancellato fa a Palazzo Chigi.

Il governo si è messo subito a disposizione per riferire al Copasir sulla vicenda, interessando anche l’Agenzia nazionale per la Cyersicurezza, negando che i nostri servizi possano mai aver violato le stringenti regole previste dalla legge del 2007 che prevede espressamente il divieto di intercettare giornalisti. Come a dimostrare di non avere nulla da nascondere. Chiunque abbia utilizzato lo spyware per hackerare i dispositivi di giornalisti e attivisti politici ha violato sia le normative israeliane sulle esportazioni sia i termini contrattuali dell’azienda. Ma potrebbe non essere stata l’Italia, anzi sarebbe plausibile pensare che chi ha spiato i nostri connazionali l’ha fatto per mettere in difficoltà la nostra intelligence. E mentre la Ue con il portavoce per gli Affari interni, la Giustizia, Democrazia e Stato di diritto della Commissione europea, Markus Lammert avverte che «è inaccettabile qualsiasi tentativo di accedere illegalmente ai dati dei cittadini, compresi giornalisti e oppositori politici», il Pd con Sandro Ruotolo e Pina Picierno porta la vicenda all’attenzione del Parlamento europeo con due interrogazioni parlamentari per chiedere all’esecutivo Ue se intenda «avviare un’indagine per accertare i responsabili e la portata di questa violazione» e «quali misure intenda adottare contro gli autori di tali attacchi e per proteggere la libertà di stampa e i giornalisti da simili attacchi informatici».

C’è chi ipotizza che il cuore dell’azione spionistica riguardi i rapporti tra

questi soggetti e il Nord Africa, dalla Libia ad Hamas. Tra i bersagli di Graphite c’è anche Husam El Gomati, un attivista libico che vive in Norvegia ed ha posizioni critiche sugli accordi per frenare le partenze di migranti.



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