L’ennesima associazione a delinquere, attiva in tutta Italia nel campo delle frodi fiscali e della falsa fatturazione, è stata scoperta grazie a una imponente operazione della Guardia di Finanza di Reggio Emilia, città che ancora una volta si accredita come capitale della criminalità organizzata di stampo economico. I numeri sono impressionanti e documentano il dilagare del ricorso a pratiche illecite tese ad evadere il fisco e a riciclare gli enormi capitali illeciti che ne derivano.
203 capi di imputazione, 70 milioni di euro sottoposti a sequestro per un volume presumibile di affari illeciti che supera i 100 milioni, 179 persone indagate (uno, nel frattempo, è morto) per attività che risalgono fino al 2016. Novanta di loro risiedono in Emilia-Romagna, la “silicon valley” delle società cartiere dedite alla falsa fatturazione. Ma l’organizzazione aveva solide filiali in Lombardia (18 indagati), nel Veneto (9), nel Lazio (17) e in Campania (16), senza trascurare Puglia, Calabria, Piemonte, Marche, Umbria, Toscana, Sicilia e Trentino-Alto Adige. Avevano creato e messo a disposizione del mercato almeno 34 società cartiere, cioè senza reali attività economiche, il cui compito era generare fatture false per consentire indebite compensazioni d’Iva, mettendo in campo anche sofisticate operazioni di cessione di rami d’azienda e false certificazioni con visti fasulli di conformità. A stendere gli atti ci pensavano gli esperti contabili, 2 notai e almeno una ventina di commercialisti, al servizio dell’organizzazione secondo l’accusa formulata dalla Procura di Reggio Emilia. Il comandante della Guardia di Finanza di Reggio Emilia col. Ivan Bixio sottolinea il dato inquietante che emerge, al termine delle perquisizioni e dei sequestri patrimoniali compiuti da oltre 200 finanzieri in tutta Italia: “A fruire di questa illecita produzione di documentazione sono stati almeno 369 beneficiari”. Rappresentano la “clientela” dell’organizzazione criminale: imprese e aziende che non si sono fatte scrupolo di stipulare accordi con carte false per ottenere un risparmio che andava dal 30% al 70% sugli oneri contributivi elusi. I guadagni dell’associazione a delinquere non erano inferiori e prendevano spesso la via del bonifico su conti di società all’estero. “Siamo al centro di un sistema economico patologico” commenta il Procuratore di Reggio Emilia Calogero Gaetano Paci, “che genera ricchezza illecita nelle mani di pochi mentre alla comunità vengono a mancare le risorse per la tutela dello stato sociale”.
A guidare l’associazione a delinquere, secondo l’accusa, erano quattro persone residenti in Emilia: Michele Mastropietro di Bibbiano (RE), Roberto Marzana di Fiorano (MO), Whendy Maioli (PR) e Marco Rizzi (BO). I notai accusati di operare per le anomale cessioni dei rami d’azienda sono i bolognesi Fabio Cosenza ed Elisa Gentilucci. Tra coloro che secondo le indagini gestivano le società cartiere figura anche Salvatore Gaetano, crotonese residente a Sant’Ilario (RE), arrestato nel dicembre scorso nell’ambito della operazione “Limiti”, in quanto ritenuto uno dei capi dell’organizzazione italo/albanese di narcotrafficanti che gestiva, sempre dall’Emilia-Romagna, l’acquisto e il commercio di quintali di droga, con centro direzionale Reggio Emilia e magazzini di stoccaggio nel modenese. Alle false certificazioni provvedevano, sempre secondo l’accusa, anche commercialisti presunti tali o privi di titoli, come il capo Marco Rizzi che non era abilitato al rilascio dei visti o come il mantovano residente a Parma Mauro Usuardi, che era stato sospeso dall’Ordine dei commercialisti. Visti di conformità li firmava anche nel gennaio 2019 Christian Rocco, sebbene non iscritto all’Ordine e agli arresti domiciliari in quel periodo. Uno dei centri nevralgici di creazione della falsa documentazione era lo studio reggiano di consulenza “AT Consulting” gestito da Stefania Torelli e dal marito di origini campane Angelo Cortese. Tutte le società cartiere venivano create a Reggio Emilia, in particolare attraverso l’ufficio di Whendy Maioli. Le loro sedi erano inesistenti e la stessa Maioli, interrogata, dichiarava che i rari dipendenti “erano soggetti amici che poi venivano licenziati al fine di poter usufruire dell’indennità di disoccupazione”.
A dare il via alle indagini sono state tra l’altro alcune importanti segnalazioni della Agenzia delle Entrate su anomale operazioni e le intercettazioni ambientali e telefoniche hanno in seguito consentito agli operatori del Nucleo Economico della Guardia di Finanza di comprendere la vastità del fenomeno. Intercettazioni, ha tenuto a precisare il Procuratore Paci, che per questa indagine sono costate complessivamente 11.580,24 euro, a fronte dei 70 milioni di euro sottoposti poi a sequestro. Come a dire: non veniteci a raccontare che le intercettazioni di Polizia vanno limitate perché costano troppo allo Stato.
L’operazione della Guardia di Finanza è stata chiamata “Ombromanto”, come il cavallo del mago Gandalf nel “Signore degli Anelli”. Un cavallo difficile da cavalcare, come difficile da perseguire è stata questa organizzazione sempre attenta a cambiare il sistema di società utilizzato per generare i guadagni illeciti e a rispondere in tempo reale allo sviluppo delle indagini. Mettendo assieme solo le inchieste principali che hanno indagato associazioni criminali comuni e di stampo mafioso dedite alla falsa fatturazione in Emilia-Romagna, dal maxi processo Aemilia a Perseverance, da Billions a Radici, da Limiti all’attuale Ombromanto, il dato complessivo che emerge nell’ultimo quinquennio è sconfortante: a beneficiare del lavoro sporco sono migliaia di società del territorio, che pur di risparmiare o guadagnare sono disposte a correre i rischi dell’intesa coi criminali. La domanda è quasi d’obbligo: perché in Emilia-Romagna e non altrove? Risponde il Procuratore Paci: “Perché la Regione è una realtà florida economicamente, crocevia per gli spostamenti di merci e persone, che favorisce i collegamenti con il nord Italia e con il resto d’Europa. L’inchiesta Aemilia è stato il detonatore che ci ha aiutato a capire il fenomeno e a come contrastarlo”. La guerra continua.
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