In un’epoca in cui la viticoltura si trasforma in un’arte che abbraccia la natura e il territorio, il decimo e ultimo punto del Manifesto del vino buono, pulito e giusto chiude perfettamente il cerchio rivolgendosi alla figura del produttore: l’anello di congiunzione tra la terra e il calice, un vero e proprio custode di biodiversità, ma anche espressione dei tempi che cambiano.
La Slow Wine Coalition ci invita dunque a riflettere su un modello di coltivazione in cui ogni scelta diventa un atto d’amore verso la terra. In poche righe, ci invita a batterci per la biodiversità, e lo fa scrivendo questo:
Il vignaiolo sostenibile incoraggia la biodiversità attraverso pratiche quali: l’alternanza del vigneto con siepi e aree boscate; una gestione del suolo che preveda inerbimenti e sovesci e che escluda, in ogni caso, il suolo nudo, se non per brevi periodi stagionali; la tutela degli insetti pronubi e della fauna utile utilizzando di preferenza insetticidi ammessi in agricoltura biologica qualora tali interventi si rendano necessari, e comunque evitando di utilizzarli durante la fioritura della vite e di altre specie erbacee presenti nel vigneto; l’allevamento di animali nel rispetto del loro benessere e la produzione in azienda di letame; la produzione aziendale di compost da residui di potatura e altri materiali organici.
Siamo nel vero cuore della vigna, dove il rapporto con la terra si fa sincero e profondo. I vignaioli svolgono un compito complesso, quello di osservare il territorio, la vigna e studiare delle soluzioni che tutelino la biodiversità. Coltivare il terreno con metodi naturali non è solo una scelta tecnica, ma un gesto d’amore verso un ecosistema vivo e ricco di storie. Ad esempio, l’adozione di colture di copertura, scelte in base alle peculiarità locali, va ben oltre la semplice protezione del suolo dall’erosione: queste piante risvegliano la vita che si annida sotto i piedi, creando un ambiente in cui microrganismi e insetti utili trovano spazio per lavorare insieme alla vite. Le siepi e le aree boscate, posizionate con cura lungo i confini del vigneto, non fungono solo da delimitatori, ma diventano corridoi naturali, vie d’accesso per specie che contribuiscono a mantenere un microclima equilibrato e a difendere la coltura.
Una visione espressa, volendo citare un caso letterario, anche in un totem come “La rivoluzione del filo di paglia”, un saggio di Masanobu Fukuoka risalente al 1975, con un invito a riscoprire e valorizzare pratiche antiche, reinterpretate con semplicità e innovazione.
L’uso misurato dei prodotti fitosanitari, inoltre, applicati solo quando strettamente necessario e con estrema attenzione, permette di difendere la vite senza disturbare l’equilibrio dell’ecosistema. In alcuni sistemi integrati, come quello legato all’agricoltura biodinamica, l’introduzione del bestiame si rivela poi fondamentale: il letame, trasformato in ammendante naturale, rinvigorisce il terreno e favorisce la continuità dei cicli biologici.
L’impegno della Slow Wine Fair
La tutela della biodiversità è stato poi un tema sempre caro a Slow Food, che proprio nella scorsa edizione della Slow Wine Fair ha scelto di celebrare la vitalità del suolo, sottolineando come un terreno ricco di microorganismi, lombrichi e funghi diventi linfa vitale per una vigna che, lasciata libera di esprimersi, si trasforma in una sinfonia.
La viticoltura sostenibile, con la sua capacità di unire il passato al presente, si rivela così non solo come un insieme di pratiche agronomiche, ma come una forma d’arte che rende omaggio alla ricchezza del nostro territorio, trasformando ogni calice in un inno alla vita, un invito a guardare oltre l’ovvio e a lasciarsi cullare dalla bellezza autentica di una terra che, silenziosa e generosa, ci regala emozioni sempre diverse. Questa visione rispettosa e curiosa, indagatrice dei suoli e delle espressioni del calice, trasforma il vigneto in un luogo dinamico e resiliente, in cui ogni pratica si fa strumento di un dialogo sincero con la natura.
L’obiettivo, ancora una volta, non è solo ottenere vini di qualità, ma preservare e far fiorire la biodiversità, rendendo il territorio protagonista e custode di un sapere che si rinnova giorno dopo giorno. Produrre sempre un vino “buono, pulito e giusto”.
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