Non si arresta lo sciame sismico che sta colpendo il sistema bancario italiano. Alla fine non ci saranno macerie, ma di sicuro uno scenario completamente nuovo e diverso per il mondo del credito nazionale. La prima scossa l’ha data Unicredit a fine 2024, con un blitz tentato all’estero.
Nel mirino della banca guidata da Andrea Orcel è finito Commerzbank, uno dei big del credito in Germania. Unicredit nel tempo è salita a una partecipazione potenziale del 28% circa di Commerzbank, tra una quota del 9,5% detenuta direttamente e un altro 18,5% tramite strumenti derivati. L’operazione ha scatenato la dura opposizione del management di Commerzbank, dei potenti sindacati tedeschi e del governo di Berlino, e al momento è in standby anche in attesa delle prossime elezioni politiche in Germania. Unicredit, intanto, ha mosso le proprie pedine, ha messo fieno in cascina ‘impegnando’ circa 6 miliardi di euro e nei prossimi mesi potrà ritornare alla carica partendo da una posizione di forza. Nel frattempo Orcel si può dedicare all’altro fronte aperto: l’Ops da oltre 10 miliardi di euro per Banco Bpm, un progetto che puntellerebbe la forza di Unicredit nel Nord Italia e darebbe vita al terzo gruppo europeo per capitalizzazione. Anche l’offerta per la ‘vecchia’ Popolare di Milano ha agitato le acque della politica, in questo caso italiane. Banco Bpm, infatti, si era mossa verso Siena, acquistando il 5% di Mps durante l’ultima tranche ceduta dal Mef, una partecipazione che arriverebbe al 9% se si considera il pacchetto in mano ad Anima Holding, su cui pende un’Opa (da 1,6 miliardi) lanciata dalla banca guidata da Giuseppe Castagna.
In questo caso il progetto era quello di dare finalmente un destino al Monte dei Paschi di Siena facendo nascere il terzo campione del credito in Italia dietro Intesa Sanpaolo e Unicredit. Un progetto chiaramente stoppato dall’Ops di Unicredit. Al fianco di Banco Bpm si erano mossi due pesi massimi dell’imprenditoria e della finanza del Paese, la Delfin della famiglia Del Vecchio e la galassia Caltagirone, presenti in forze sia in Mediobanca sia in Generali.
La vera mossa a sorpresa è arrivata proprio dalla ‘cenerentola’ tra le principali banche italiane, ovvero da Mps, risanata e di nuovo profittevole grazie alla cura di Luigi Lovaglio. L’istituto più antico del mondo ha lanciato un’Ops da 13,3 miliardi di euro su Mediobanca, un tempio considerato (non a torto) il tempio della finanzia italiana. L’offerta, come di rito in questi casi, è stata ritenuta “non concordata” e “ostile”, e pertanto rispedita al mittente. Inevitabili gli sguardi alle ricadute a cascata di quest’ultima operazione, visto che Mediobanca è anche il primo azionista con circa il 13% di Generali, che ha in pancia 176 miliardi di obbligazioni governative. Proprio il timore sulla gestione futura del risparmio degli italiani, è alla base dell’’allarme’ che è scattato per l’operazione di Generali per dare vita a una joint venture con i francesi di Natixis, che darebbe vita a un operatore globale da 1.900 miliardi di euro di masse gestiste.
L’ultimo colpo di scena è arrivato da Bper, già recente protagonista del consolidamento del settore dopo gli acquisti di Carige, degli sportelli di Unipol Banca e di quelli ‘in esubero’ derivanti dalla fusione Intesa Sanpaolo-Ubi. Ebbene, l’istituto modenese ha lanciato un’Ops da 4,3 miliardi di euro sulla Popolare di Sondrio. In questo caso l’operazione, sempre “non concordata” e “ostile” per chi l’ha subita, potrebbe essere facilitata dal fatto che il primo azionista di entrambi gli istituti è Unipol, che possiede il 24,6% di Bper e il 20% della Banca Popolare di Sondrio.
Sullo sfondo, infine, un’operazione che in questa fase si potrebbe definire minore ma in periodi diversi avrebbe catalizzato l’attenzione delle cronache finanziarie: l’Opas di Banca Ifis sul 100% di Illimity per un corrispettivo di quasi 300 milioni di euro.
Chi invece sembra che resti alla finestra è il primo gruppo bancario del Paese, Intesa Sanpaolo. Il perché lo ha spiegato lo stesso Ceo, Carlo Messina: “Non abbiamo alcuna intenzione di partecipare a operazioni di fusioni e acquisizioni in Italia”, a parte il fatto che “anche sul fronte Antitrust siamo in una posizione tale che sarebbe difficile fare operazioni che creerebbero valore”. E poi “vogliamo essere lontani dalla confusione che c’è sul mercato”, un caos tale che “io stesso faccio fatica a mettere insieme tutti i pezzi”, ha detto Messina in occasione della conferenza stampa per la presentazione del bilancio 2024 della Ca’ de Sass.
“Abbiamo ripetutamente sottolineato che le banche avrebbero dovuto rivisitare le loro equity story quando i tassi d’interesse avrebbero iniziato a scendere, con le operazioni di fusione e acquisizione (M&A) come possibile via”, scrivevano in tempi non sospetti gli esperti di Intermonte. Ecco, proprio quello che sembra stia accadendo adesso. (AGI)
DAN
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