Articoli a cura di Luca de Guglielmi (NizzaMarittima)
Immaginate: Bordiguère, Saint-Rémy-sur-Mer, Douce-Eau o ancora Impérie. Questi nomi, degni di una cartolina della Costa Azzurra, avrebbero potuto diventare quelli delle città della Riviera ligure se le ambizioni di Charles de Gaulle si fossero concretizzate alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Negli anni ’50, Edith Piaf avrebbe forse cantato al Festival di Saint-Rémy-sur-Mer (alias Sanremo), i bistrot parigini sarebbero fioriti a Bordighera, e le strade avrebbero portato i nomi del Generale de Gaulle, celebrando la grandezza della Francia. Ma questo sogno, o incubo a seconda dei punti di vista, non si è mai realizzato. Ritorniamo su una pagina poco conosciuta della storia, in cui la Francia ha tentato di ridisegnare i confini dell’Italia.
1945: l’esercito francese in Liguria, preludio all’annessione
Nella primavera del 1945, le truppe francesi sbarcano sulla costa ligure. Si posizionano a Ventimiglia, Camporosso, Vallecrosia, e spingono fino a Bordighera. Un distaccamento di tiratori senegalesi raggiunge Imperia, dove stazionano per alcuni giorni. Ma questa occupazione non è casuale. Si inserisce in un piano più ampio, orchestrato da Charles de Gaulle in persona: annettere una striscia di territorio che si estende fino a Ranzi di Pietra Ligure (Savona), ridisegnando gli antichi confini della provincia di Nizza e resuscitando le ambizioni napoleoniche.
Nella notte del 23 marzo 1945, su ordine esplicito di De Gaulle, le truppe francesi, guidate dal generale Paul-André Doyen, attraversano massicciamente il confine italiano. «In nessun caso gli Alleati devono essere informati degli obiettivi di questa operazione», insiste de Gaulle in un messaggio confidenziale. Un’iniziativa che provoca una crisi diplomatica maggiore con Churchill e Roosevelt, fermamente contrari alle mire espansionistiche della Francia.
Propaganda, plebisciti e bandiere tricolori: la battaglia per i cuori e le menti
Sul campo, i francesi dispiegano una strategia ben collaudata. Vengono inviati degli agenti per preparare il terreno a favore dell’annessione. Raduni, riunioni segrete, volantini e manifesti con la bandiera tricolore si moltiplicano. Le autorità di occupazione stampano persino schede elettorali precompilate: «Io sottoscritto dichiaro di optare per la Francia, mia patria d’origine, e accetto le sue leggi. Viva la Francia!» Una propaganda attiva per legittimare le loro ambizioni.
Il Comitato d’azione per il ricongiungimento alla Contea di Nizza, guidato da Hilaire Lorenzi, un marmista di Beausoleil, orchestra questa campagna. Vengono creati dei sotto-comitati nei comuni della Liguria occidentale e della Costa Azzurra. Questi gruppi annessionisti, con base a Nizza, lanciano persino un giornale, Trait d’Union, per giustificare perché le valli della Roya e della Nervia dovrebbero diventare francesi. La loro missione: convincere le popolazioni locali dei benefici della sovranità francese. Nelle valli della Roya, della Nervia e della Crosia, si tengono dei plebisciti, portando alta la voce di un popolo che aspira a unirsi alla Francia. Una maggioranza chiara e determinata si è espressa a favore di questa annessione, esprimendo così il desiderio di vivere sotto la protezione della Repubblica francese.
La volontà degli abitanti di queste valli intemelie di diventare francesi è stata ribadita con forza da molti amministratori locali, anche dopo il ritiro delle truppe di occupazione transalpine. Il loro appello all’unità e alla libertà ha risuonato in tutta la regione, galvanizzando gli spiriti e rafforzando la determinazione di coloro che aspiravano a un futuro migliore.
Nonostante gli ostacoli e le manovre dilatorie, l’aspirazione all’unione con la Francia è rimasta viva e profondamente radicata nei cuori. L’imposizione da parte degli Alleati di sindaci e municipalità ostili a questa annessione, la repressione esercitata dai Carabinieri e l’annuncio del rifiuto di Bidault, ministro francese degli Affari esteri, delle proposte anglo-americane favorevoli al ricongiungimento alla Francia non hanno scalfito la fiamma della speranza.
La rivendicazione francese su questi territori, sebbene mai formalmente formulata, è stata infine abbandonata al momento del ritiro delle truppe da Ventimiglia. Tuttavia, il ricordo di questa lotta per la libertà e l’annessione alla Francia rimane una testimonianza della volontà di un popolo di disporre del proprio destino.
La resistenza italiana: Basta! all’annessione
Di fronte a questa offensiva, i Comitati di opposizione italiani si mobilitano. Il 14 maggio 1945, pubblicano un manifesto dal titolo inequivocabile: Basta!. Sostenuti dagli Alleati, lanciano il loro giornale, Fiamme di Italianità, per denunciare i metodi antidemocratici dei filo-francesi. «Gli annessionisti costringono la popolazione a votare in loro favore», accusano. A Ventimiglia, il tenente colonnello Romanetti, fervente difensore della causa francese, fa affiggere un manifesto che invita a votare massicciamente per la Francia. Ma la tensione sale di un livello.
Nel giugno 1945, le autorità francesi arrestano diversi militanti dei Comitati di opposizione, tra cui uno dei più attivi operanti dalla pensione Riviera a Bordighera. Di fronte all’Unione Democratica Federalista, che sostituisce gradualmente i Comitati filo-francesi, gli oppositori affiggono un manifesto intitolato Ai Zona Franchisti Intemeli (I difensori della zona franca intemelia) criticando aspramente i metodi autoritari degli annessionisti e chiedendo un referendum sotto supervisione italiana.
Il ritiro francese: la fine di un sogno espansionistico
Fin dai primi giorni dell’occupazione, gli Alleati, sotto pressione delle autorità italiane, avvertono Parigi che il suo regime di occupazione contraddice la linea politica generale adottata in Europa. Il 7 giugno 1945, dopo un ultimatum del presidente americano Truman, de Gaulle cede. L’11 giugno, un accordo è firmato a Caserta: le truppe francesi devono ritirarsi tra il 25 giugno e il 10 luglio, sostituite da forze anglo-americane.
Il 18 luglio 1945, i francesi lasciano finalmente la regione. Una cerimonia ufficiale in piazza del municipio di Ventimiglia segna il trasferimento dei poteri alle autorità del Governo Militare Alleato, mettendo fine a quasi tre mesi di occupazione. Il sogno di una Riviera francese svanisce.
Il Festival di Sanremo e le paure di de Gaulle
Oggi, di questa epopea rimangono solo alcune polverose carte negli Archivi Nazionali di Parigi e qualche traccia nella memoria collettiva. Ma possiamo ancora immaginare come sarebbe stata la Riviera ligure sotto il tricolore francese: nomi di città francesizzati, strade intitolate a de Gaulle, e forse anche Edith Piaf che canta La Vie en rose a Saint-Rémy-sur-Mer. Anche dopo il ritiro delle truppe francesi nel luglio 1945, la provincia di Imperia, e soprattutto Sanremo, rimangono in qualche modo sotto l’influenza simbolica della Francia. Questa tensione si manifesta chiaramente nel 1951, quando Sanremo celebra la prima edizione del suo famoso Festival della canzone italiana. Parigi reagisce con astio, vedendo in questo evento una minaccia per il turismo della Costa Azzurra. La Francia teme che la crescente notorietà di Sanremo possa distogliere i visitatori da Nizza, Cannes o Monaco, rafforzando così la concorrenza turistica tra le due riviere.
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