Nel contesto di un 2025 caratterizzato dall’avvio della seconda amministrazione Trump, l’attenzione del leader cinese Xi Jinping sarà primariamente rivolte allo stato dell’economia interna della Repubblica popolare cinese (Rpc), da tempo motivo di preoccupazione. Le autorità governative ne parlano apertamente da anni, ma le soluzioni proposte dal governo al momento non sembrano sufficienti per invertire il corso del rallentamento strutturale in atto.[1] Il sistema economico cinese è sotto pressione dall’inizio della pandemia da Covid-19, giunta peraltro in un periodo di rallentamento strutturale e di guerra commerciale con gli Usa, che era stata avviata nel 2018 dalla prima amministrazione Trump.
La riforma del modello economico cinese: tra gli annunci e i fatti
Dal 2020, il modello economico promosso fin dall’inizio dal mandato di Xi Jinping attraverso il concetto di “nuova normalità”, che prevedeva una crescita più improntata alla qualità che alla quantità, è entrato in crisi.[2] Tale situazione è causata soprattutto dal rallentamento della domanda interna, effetto del calo della fiducia dei consumatori a seguito delle politiche per contrastare la pandemia. La “nuova normalità”, infatti, mirava a ridurre il peso degli investimenti come motori della crescita cinese (che generano indebitamento) e delle esportazioni (fonte di dipendenza esterna). Il piano puntava invece sulla domanda interna – maggiormente controllabile dal governo locale, in contrasto con la volatile domanda internazionale – e la trasformazione del tessuto produttivo locale verso l’industria ad alto valore aggiunto. Considerazioni analoghe erano state rilanciate nel 2020, quando, nel mezzo della pandemia, Xi Jinping propose la Strategia della “doppia circolazione” che riprendeva gli stessi temi in un contesto politico radicalmente mutato.[3] Se la “nuova normalità” propendeva per uno sguardo verso l’interno per ridurre l’esposizione alla volatilità internazionale, nel 2020 la volontà di Xi Jinping era quella di proteggere il paese dalle incertezze politiche:[4] è con la pandemia, infatti, che la comunità internazionale si rendeva conto della necessità di introdurre il fattore del “rischio politico” nella localizzazione dei siti produttivi e, più in generale, della struttura delle catene del valore.
A fronte della nuova presidenza Trump e dopo un quadriennio di amministrazione Biden votata alla sicurezza economica, le considerazioni cinesi sull’impatto economico delle tensioni geopolitiche sono in aumento, ma le modifiche promesse non sono state confermate. Nel 2024, la Cina ha registrato un tasso di crescita del Pil del 5%:[5] sebbene sia il valore più basso degli ultimi decenni (escludendo la pandemia), conferma la capacità del paese di mantenere un livello di crescita stabile nonostante le difficoltà globali.[6] Per il 2025, le previsioni delle principali istituzioni economiche stimano una crescita compresa tra il 4% e il 4,5%.[7] Questo rallentamento è attribuibile a vari fattori.[8]
I principali dati economici
Uno degli elementi più critici per l’economia cinese nel 2025 – nel contesto di una dichiarata volontà di rafforzarne il peso nella composizione del Pil – è quello dei consumi interni. Analizzando i dati sulle vendite al dettaglio è evidente come la pandemia abbia inciso, mostrando un significativo rallentamento nell’ultimo decennio. Tra il 2014 e il 2019, la crescita media annua delle vendite al dettaglio si attestava su un robusto 10,46%, riflettendo un’economia in forte espansione e una crescente domanda interna.[9] Tuttavia, tra il 2020 e il 2024, tale crescita si è ridotta al 5,14%, evidenziando un calo marcato attribuibile principalmente all’impatto della pandemia, che ha generato una perdita di fiducia dei consumatori, e ai cambiamenti strutturali nell’economia cinese.[10] La mancata transizione verso un modello economico più basato sui consumi interni, unita a un contesto globale più incerto, ha contribuito al rallentamento generale dell‘economia, segnando una nuova fase di maturazione per il mercato cinese.[11]
Al contrario, il dato sull’interscambio commerciale segna un percorso inverso. Nel quinquennio precedente al Covid-19, la Cina ha registrato una crescita costante sia nelle esportazioni che nelle importazioni, accompagnata da una riduzione del surplus commerciale. Le esportazioni sono aumentate moderatamente, con una crescita media annua del 2,4%, passando da $2.270 miliardi a $2.498 miliardi.[12] Le importazioni, invece, hanno registrato un incremento più significativo, con una crescita media annua del 5,4%, salendo da $1.680 miliardi a $2.077 miliardi.[13] Di conseguenza, il surplus commerciale si è ridotto da $590 miliardi a $421 miliardi. Nel periodo successivo alla pandemia, l‘interscambio ha dimostrato una notevole resilienza economica: le esportazioni sono passate da $2.498 miliardi a oltre $3.580 miliardi; le importazioni, pur in aumento, hanno mostrato una crescita più contenuta, passando da $2.077 miliardi a circa $2.590 miliardi.[14] Questo ha determinato un forte incremento del surplus commerciale, che ha raggiunto un record di $992 miliardi nel 2024.[15]
Analizzando i rapporti con le principali economie mondiali, il surplus della Cina con gli Stati Uniti è aumentato da $296 miliardi nel 2019 a $361 miliardi nel 2024, mostrando un incremento significativo nonostante le tensioni commerciali.[16] Con l’Unione Europea, il surplus è passato da $152 miliardi nel 2019 a $247 miliardi dello scorso anno (con un picco di quasi €400 miliardi nel 2023 secondo fonti europee),[17] evidenziando un rafforzamento delle esportazioni verso i mercati europei.[18] Con l’Asean la Cina ha registrato un surplus che è cresciuto da $77 miliardi nel 2019 a $191 miliardi nel 2024, grazie alla crescente integrazione economica nella regione. Inoltre lo spazio fiscale per stimoli economici si è ridotto nel corso del tempo.[19]
In sintesi, mentre il periodo pre-pandemico era caratterizzato da una dinamica più equilibrata tra importazioni ed esportazioni, negli anni successivi la Cina ha consolidato la propria posizione economica globale, trainata da una crescita delle esportazioni che ha ampliato il surplus commerciale con le principali economie mondiali. Si tratta allo stesso tempo di un punto di forza e di debolezza perché espone l’economia all’andamento della domanda internazionale, oggi influenzata anche da dinamiche geopolitiche, ben rappresentate dai dibattiti sull’azione della seconda presidenza Trump e dai dazi europei sui veicoli elettrici.
Il compimento di “Made in China 2025” e l’impatto sull’economia mondiale
La forza delle esportazioni cinesi non è un fatto nuovo, ma si collega a premesse che sono cambiate nel tempo. Al centro della questione vi è il tema della sovracapacità produttiva, già emerso un decennio fa come risultato dello stimolo fiscale del 2008. Il concetto di overcapacity nel 2025, tuttavia, non riguarda più esclusivamente settori tradizionali come l’acciaio e il cemento, ma è legato a un fenomeno più ampio noto come “China Shock 2.0”.[20] Questo termine descrive l’impatto delle eccedenze produttive cinesi su mercati avanzati e settori ad alta tecnologia, come i pannelli solari, i veicoli elettrici e i prodotti avanzati legati all’intelligenza artificiale. La capacità della Cina di produrre beni ad alta tecnologia a costi estremamente competitivi sta creando pressioni significative sulle industrie di altri paesi, generando nuovi squilibri economici.
Il piano “Made in China 2025”, lanciato nel 2015, mirava a trasformare la Cina da una “fabbrica del mondo” a una potenza tecnologica avanzata. Tra gli obiettivi principali del piano c’era quello di aumentare la produzione domestica di tecnologie strategiche, come i semiconduttori, i veicoli elettrici e l’intelligenza artificiale. A dieci anni dal suo avvio, per quanto diversi da settore a settore, i risultati possono essere visti generalmente.[21] Secondo un’analisi del South China Morning Post del 2024, oltre l’86% degli obiettivi fissati dal piano Made in China 2025 sono stati raggiunti.[22] Settori come i veicoli elettrici e l’energia rinnovabile hanno superato le aspettative, mentre aree come la fotolitografia avanzata e gli aerei intercontinentali affrontano ancora sfide significative. Tuttavia, la dipendenza da tecnologie estere in alcuni ambiti dimostra che il percorso verso l’autosufficienza industriale è ancora in corso. Il raggiungimento degli obiettivi finali richiederà ulteriori investimenti in ricerca e sviluppo, oltre a politiche economiche mirate a ridurre la dipendenza dalle importazioni di tecnologie critiche. Quello che è però rilevante è che il tessuto industriale cinese è completamente mutato in un decennio, raggiungendo l’obiettivo sotteso di cambiare la percezione collegata al concetto “Made in China” da prodotti economici a basso valore aggiunto a produzioni all’avanguardia tecnologica. Oltre alla discussione sulle auto elettriche che stanno stravolgendo i mercati mondiali, anche la vicenda del lancio del software di Intelligenza Artificiale DeepSeek dimostra come Pechino possa raggiungere la leadership tecnologica in alcuni settori di grande rilievo strategico.[23]
Il paradosso dell’economia cinese e l’annuncio di un nuovo stimolo
L’economia cinese si trova così in una situazione d’incertezza che condiziona le scelte interne e il rapporto con gli altri paesi. Sul piano interno le riforme annunciate non decollano e i consumi non crescono alla velocità di un tempo, ma sul piano esterno Pechino riesce a dominare i mercati in funzione di un eccesso di capacità produttiva in settori ad alto valore aggiunto. A questo proposito, era ritenuto fondamentale il Terzo Plenum del Comitato centrale del Pcc, l’organo esecutivo del partito – tenutasi in via eccezionale nel luglio 2024 invece che ad ottobre 2023 a un anno dal Congresso, come da consuetudine – in cui vengono definite le linee di politica economica per il quinquennio.[24] Nonostante le grandi attese per questa riunione, che si pensava avrebbe impresso una svolta decisiva all’economia cinese, i risultati sono stati relativamente modesti. Il punto centrale, oltre a decisi riferimenti al rapporto tra economia e sicurezza nazionale nell’attuale contesto geopolitico, è il rafforzamento delle cosiddette nuove forze produttive. Sostanzialmente, nonostante le obiezioni esplicite di Stati Uniti e Unione Europea, Pechino non vede la sovraccapacità come un problema, ma come il risultato di normali dinamiche di mercato e il segnale della migliore capacità cinese di affrontare la produzione industriale. Tra i problemi dell’economia cinese, però, non c’è tanto la capacità produttiva, quanto piuttosto la domanda interna e il Terzo Plenum non è stato in grado di ripristinare la fiducia dei consumatori cinesi.
A questo proposito, dal mese di settembre si sono susseguiti annunci relativi a possibili stimoli economici rivolti proprio a sostenere la crescita dei consumi. Tuttavia, dopo aver generato elevate aspettative, le misure adottate si sono limitate principalmente a ridurre l’indebitamento degli enti locali (Figura 1): una misura attesa e necessaria, ma ben diversa rispetto a una azione strutturale atta a rilanciare i consumi. La gestione degli stimoli ha rafforzato l’incertezza sul sistema di potere sempre più centralizzato di Xi Jinping. La sua leadership ha sovvertito le liturgie politiche e comporta possibili decisioni inattese. Tale dinamica è un’ulteriore eredità della gestione della pandemia, che ha visto nell’ordine: la pioneristica imposizione del lockdown nel 2020, il mantenimento di rigide misure di contenimento nel 2021, un nuovo ciclo di lockdown nel 2022 e infine lo smantellamento dell’impianto di prevenzione nel dicembre dello stesso anno. Per quanto riguarda la liturgia del partito, invece, il ritardo del Terzo Plenum non è un fenomeno isolato: secondo la tradizione del Pcc, al Terzo Plenum – a un anno dal Congresso – dovrebbe far seguito un Quarto Plenum l’anno successivo. Tuttavia, dopo che l’incontro non si è tenuto a ottobre 2024, al momento non esistono informazioni su quando verrà convocato. Di fatto, il pubblico – interno e internazionale – è stato privato dell’unica vetrina regolare sull’attività politica del partito cinese, che risulta così ancora più opaco.
Tali eventi sono il risultato della graduale centralizzazione del potere politico in Cina, che ha contribuito a ridurre lo spazio per l’imprenditoria privata, sempre più assoggettata agli interessi politici di sicurezza nazionale. La vicenda più significativa a riguardo è stata la campagna contro le grandi imprese tecnologiche che aveva preso avvio nel 2020, mettendo nel mirino prima l’azienda Alibaba – e il suo fondatore Jack Ma – per poi proseguire con altri settori. Come conseguenza, mentre l’ecosistema dell’innovazione cinese viene celebrato per i risultati nel campo dell’intelligenza artificiale del software DeepSeek, è in corso da mesi un dibattito – che coinvolge Xi Jinping in prima persona – sul perché la Cina non sia più in grado di produrre “unicorni”, ovvero start-up che raggiungono il miliardo di dollari di capitalizzatone.[25]
Infatti, nel maggio 2024, durante un incontro con imprenditori, il presidente cinese Xi Jinping ha espresso preoccupazione per la diminuzione del numero di nuovi “unicorni” in Cina negli ultimi anni (tuttavia, nonostante questi timori, la Rpc si posiziona seconda nell’Hurun global unicorn index 2024, così come nel 2023 la Cina ha visto la nascita di 56 nuovi unicorni posizionandosi al secondo posto dopo gli Stati Uniti, che ne hanno registrati 70 nello stesso periodo).[26] Per contrastare questa tendenza, il governo cinese sta pianificando di mobilitare capitali di rischio interni e risorse per sostenere le imprese nazionali, riducendo la dipendenza dai finanziamenti esteri. Ad esempio, è stato istituito un nuovo fondo statale con un capitale registrato di 344 miliardi di yuan (circa $46 miliardi) per potenziare l’industria dei semiconduttori.[27]
I prossimi passi: le Due Sessioni del 2025
Sebbene le riunioni plenarie del Pcc siano diventate meno frequenti, restano confermate le sessioni plenarie degli organi parlamentari cinesi, che prendono il nome di Due Sessioni.[28] Previste per la prima settimana di marzo, si tratta del momento in cui vengono fissati i target di crescita per l’anno in corso. Dopo avere ottenuto un 5% tondo nel 2024 come da obiettivo – solo nel 2022, a causa della pandemia, la Rpc non ha raggiunto quanto preventivato – si discuterà se la previsione per il 2025 debba scendere sotto la soglia psicologica del 5%, che costituirebbe un importante segnale per diverse ragioni.[29] Considerando che il target non è semplicemente una proiezione, ma un’indicazione politica da raggiungere come somma di investimenti, esportazioni e consumi e che gli investimenti spesso sopperiscono ai dati negativi delle altre due voci, un valore più basso sarebbe il risultato di un’azione prudente che mira a contenere l’indebitamento. La pressione nel 2025 sarà significativa, perché non solo i consumi non accennano a riprendersi, ma le esportazioni saranno inevitabilmente colpite dal nuovo corso trumpiano e dalla politica di de-risking europea.
Fig. 1 – Annunci del governo cinese sullo stimolo economico
Fonte: elaborazione ISPI
[1] “Why is China’s economy slowing down?”, CGTN, 28 agosto 2023; J. Palmer, “China Is Still Suffering an Economic Hangover”, Foreign Policy, 30 settembre 2024.
[2] K. Lo, “China’s economy has entered ‘new new normal’, leading policy adviser warns in call for systemic reform”, South China Morning Post, 4 settembre 2023.
[3] R. Peston, “What is China’s new normal?”, BBC News, 24 settembre 2015.
[4] Si arrivava dall’esperienza drammatica della crisi finanziaria internazionale che aveva costretto le autorità di Pechino a intervenire con uno stimolo da 4.000 miliardi di Rmb per sostenere la crescita.
[5] “China achieves 2024 growth target, bolsters global economy”, State Council of the People’s Republic of China, 18 gennaio 2025.
[6] World Bank, Open Data – China webpage.
[7] “World Economic Outlook Update”, International Monetary Fund, gennaio 2025.
[8] Z. Liu, “China’s Real Economic Crisis. Why Beijing Won’t Give Up on a Failing Model”, Foreign Affairs, 6 agosto 2024.
[9] National Bureau of Statistics of China, ultima visita: gennaio 2025.
[10] Ibidem.
[11] D. Lubin, “Why a more inward-looking China is bad news for the world economy”, Chatham House, 17 ottobre 2022.
[12] “China’s total export and import values, December 2019”, General Administration of Customs people’s Republic of China, dicembre 2019.
[13] Ibidem.
[14] “China’s total export and import values, December 2024”, General Administration of Customs people’s Republic of China, dicembre 2024.
[15] Ibidem.
[16] General Administration of Customs people’s Republic of China, Customs statistics, dicembre 2024.
[17] Eurostat, “China-EU – international trade in goods statistics”, Statistics explained, febbraio 2025.
[18] General Administration of Customs people’s Republic of China, cit.
[19] Ibidem.
[20] F. Fasulo, “China Shock 2.0: le nuove ‘forze produttive’”, Commentary, ISPI, 17 maggio 2024.
[21] S. Brooks e J. Fang, “Made in China 2025 ‘hugely successful’ despite US efforts to thwart plan”, RNZ, 29 gennaio 2025.
[22] Z. Tong, D. Peng, “Made in China 2025: China meets most targets in manufacturing plan, proving US tariffs and sanctions ineffective”, South China Morning Post, 30 aprile 2024.
[23] W. Knight, “Perché DeepSeek è una rivoluzione per l’intelligenza artificiale”, Wired Italia, 30 gennaio 2025.
[24] G. Samarani, “Il Terzo Plenum e le prospettive future della Cina”, in F. Fasulo (a cura di), Focus Cina e Indo-Pacifico n.6, ISPI per l’Osservatorio di politica internazionale del Parlamento e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ottobre 2024
[25] W. Chen, “Tech war: China’s chip industry becomes key breeding ground for unicorns, report says”, South China Morning Post, 9 settembre 2024; J.Z. Lim, “Where are the unicorns? China in search of the animal spirits of its economy”, The Strait Times, 11 giugno 2024.
[26] Global Unicorn Index, Hurun Research Institute, 9 aprile 2024.
[27] “China sets up third fund with $47.5 bln to boost semiconductor sector”, Reuters, 27 maggio 2024.
[28] W. Zheng, “China sets dates for ‘two sessions’ as investors await 2025 economic growth target”, South China Morning Post, 25 dicembre 2025.
[29] “China’s GDP grows 5% in 2024, hitting annual target”, Xinhua, 17 gennaio 2025.
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