Spese di trasferta non tracciate con dubbio deducibilità

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Il mancato rispetto dei nuovi obblighi di tracciabilità delle spese di trasferta (vitto, alloggio, viaggio e trasporto con taxi o ncc) previsti dall’art. 1 commi 81-83 della L. 207/2024 è passibile di produrre conseguenze penalizzanti per gli operatori coinvolti.
In estrema sintesi, sono previste l’imponibilità del rimborso erogato in capo al dipendente (senza considerare le esclusioni previste dall’art. 51 comma 5 del TUIR) e l’indeducibilità dal reddito d’impresa e di lavoro autonomo delle somme rimborsate (o sostenute direttamente) dal datore di lavoro. In pratica, si verificherebbe una doppia imposizione dei rimborsi in esame, che, in primissima battuta, potrebbe creare un’evidente disparità con l’ipotesi analoga dei rimborsi delle suddette spese erogati in via forfetaria ai lavoratori autonomi.

Consideriamo il caso di un commercialista che, nel corso del 2025, si avvale della consulenza di un avvocato che sostiene direttamente le spese di vitto, alloggio e trasporto tramite taxi, riaddebitandole al commercialista stesso. Posta l’irrilevanza dei costi rimborsati in capo all’avvocato (si veda “Tracciabilità delle spese di trasferta e rappresentanza con più dubbi che certezze” del 17 gennaio), tali spese, per essere deducibili in capo al commercialista, devono essere state pagate dall’avvocato mediante bancomat, carta di credito o gli altri strumenti tracciabili previsti dalla norma.

Tuttavia, è possibile osservare che, se le spese chieste a rimborso al committente fossero determinate con criteri forfetari, o, comunque, indistintamente indicate in fattura, il rispetto dei nuovi obblighi di tracciabilità dovrebbe essere irrilevante ai fini della deducibilità. L’art. 1 comma 81 lett. b) della L. 207/2024 richiede, infatti, che gli oneri siano riaddebitati “analiticamente” (vale a dire, presumibilmente, con esposizione distinta rispetto all’oggetto della prestazione professionale e ai compensi ad essa relativi). In questo caso, in capo al committente l’addebito di un importo forfetario o, comunque, indistinto rispetto alla remunerazione della prestazione avrebbe natura di compenso professionale e sarebbe comunque deducibile, senza che il professionista consulente che ha sostenuto la spesa debba fornirne il “giustificativo”.

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Pertanto, riprendendo il nostro esempio, laddove per l’avvocato non sia stato possibile effettuare il pagamento delle spese domandate a rimborso con mezzi tracciabili e queste ultime siano “riaddebitate” forfetariamente unitamente al compenso, il costo della prestazione professionale sarebbe interamente deducibile in capo al commercialista all’atto del relativo pagamento.

Fermi restando i consueti obblighi documentali, in assenza di pagamento tracciato e di conseguente riaddebito analitico, qualche dubbio potrebbe porsi sulla deducibilità, in capo all’avvocato, delle spese di vitto e alloggio, viaggio e trasporto tramite taxi da lui direttamente sostenute, anche se, per come è formulata la norma, la tracciabilità del pagamento sembrerebbe comunque subordinata al relativo riaddebito analitico al committente.

Analoghe considerazioni sembrano proponibili in ordine al rimborso delle spese di trasferta (vitto e alloggio, viaggio e trasporto tramite taxi o ncc) sostenute direttamente dal dipendente senza pagamento tracciato, ma in presenza, comunque, di una nota spese.
Il datore di lavoro (impresa o professionista) dovrebbe comunque rimborsare tali somme, in quanto tale obbligo è previsto dai CCNL, ferma restando l’imponibilità integrale del rimborso e, quindi, di un “netto” in busta paga inferiore rispetto all’importo dell’onere anticipato.

In alternativa, le spese di trasferta sostenute dal dipendente senza pagamento tracciato potrebbero essere rimborsate al lordo delle imposte e dei contributi su di esse dovuti o, comunque, in modo forfetario.
A questo punto, il maggior costo sostenuto dal datore di lavoro (impresa o professionista) parrebbe perdere la natura di rimborso per trasferta e assumere, invece, quella di spesa per lavoro dipendente, con la conseguente deducibilità dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo secondo le rispettive regole, a prescindere dalle modalità con cui è stato eseguito il pagamento.

In attesa degli opportuni chiarimenti di fonte ufficiale, si consideri che, per le imprese OIC adopter, i costi per i dipendenti in trasferta devono essere classificati nella voce B.7 di Conto economico solo quando rivestono la natura di prestazione di servizi, come nel caso di quelli di vitto e alloggio (documento OIC n. 12, § 63).

Laddove, invece, si configuri come un elemento che compone la retribuzione lorda (come nel caso delle indennità di trasferta), il rimborso deve essere rilevato nella voce B.9.a del Conto economico, assumendo natura di retribuzione (documento OIC n. 12, § 67) e divenendo, conseguentemente, deducibile come tale (quindi, ai sensi del comma 1, e non 3 e 3-bis, dell’art. 95 del TUIR, con la conseguente inapplicabilità degli obblighi di tracciabilità).



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