prendersi Palermo con la droga del «compare calabrese» appena scarcerato

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LAMEZIA TERME «Pronto, sono Emanuele. Mi hanno scarcerato». Sarà probabilmente questa la frase che avrà pronunciato Emanuele Cosentino (cl. ’88) al telefono con gli amici di Palermo. È il 22 ottobre del 2023, siamo all’uscita dell’Istituto penitenziario di Parma. Da un capo del telefono c’è quello che gli inquirenti definiscono il «boss del clan di ‘ndrangheta Gallico di Palmi», dall’altro ci sono i fratelli Domenico e Nunzio Serio, definiti a loro volta «a capo del mandamento di Tommaso Natale». Una telefonata importante che segna – secondo l’accusa della Dda di Palermo – il nuovo inizio di una collaborazione proficua. Il campo è quello che ormai da qualche anno lega in modo inequivocabile la ‘ndrangheta calabrese ai mandamenti siciliani di Cosa Nostra: il narcotraffico.

La prima importante prova si ha – sempre secondo l’accusa – il giorno successivo (23 ottobre 2023), nel corso di una sorta di riunione nel corso della quale i due Serio spiegavano a Francesco Stagno «quelli che sarebbero stati i nuovi scenari nell’ambito del traffico di stupefacenti controllato dalla cosca mafiosa di Tommaso Natale», l’articolazione mafiosa agrigentina che, proprio fino a quel momento, «avrebbe provveduto alle forniture di droga in favore della cosca palermitana». E non sarebbe neanche mancata una critica dura nei confronti di una altro sodale agrigentino, Pietro Capraro “Pitrinu”. Quest’ultimo, infatti, parlando con i Serio aveva detto che il calabrese Emanuele Cosentino addirittura fosse morto. Notizia evidentemente falsa. Insomma, un nuovo rapporto di forze in campo e un nuovo scenario criminale legato alla scarcerazione del boss calabrese che il sodale agrigentino avrebbe dovuto accettare. E basta.



Dalle risultanze investigative, infatti, sarebbe emerso come su invito dei fratelli Serio, il boss di Palmi si era recato a Palermo almeno tre volte: il 2 dicembre 2023, il 28 gennaio e l’1 febbraio 2024. In quest’ultimo appuntamento – sono sicuri gli inquirenti della Dda – si sarebbe compreso l’invio in Sicilia di droga, suddivisa in cinque pacchi. C’è una intercettazione tra Stagno e un altro soggetto nel corso della quale il primo comunicava al sodale deputato alla gestione dei traffici di droga le «raccomandazioni fattegli dai fratelli Serio». La necessità era quella di «onorare immediatamente gli impegni economici per le forniture di stupefacenti provenienti da Cosentino». Il diktat era chiaro: non fare brutta figura. Il gruppo si sarebbe incontrato qualche giorno dopo, è il 6 febbraio 2023. Una riunione riservata tra Nunzio Serio e Francesco Stagno organizzata all’interno dell’abitazione del capomafia. I due discutevano dei problemi di salute di Emanuele Cosentino mentre Stagno avrebbe consegnato a Serio del denaro, ricevendo l’incarico formale di mantenere i rapporti con l’esponente della ‘ndrangheta calabrese.

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È a questo punto che gli inquirenti si rendono di conto di aver scoperto qualcosa di ancora più grosso. A rivelarli – neanche a dirlo – è stata la microspia informatica installata nel telefono di Stagno. Così gli inquirenti acquisito informazioni cruciali su quelli che erano i nuovi canali riservati di comunicazione utilizzati da Nunzio Serio e da altri associati mafiosi di Cosa nostra, molti dei quali di elevato rango. L’associazione mafiosa decapitata dall’imponente blitz dei Carabinieri l’associazione mafiosa avrebbe infatti utilizzato strumenti di comunicazione criptata ma anche di una struttura di coordinamento tra varie articolazioni territoriali efficiente e veloce e che avrebbe permesso al sodalizio di «continuare a perseguire, oggi come nel passato, una strategia organica e coordinata negli affari e nelle connesse attività illecite».

La prima “svolta” arriva proprio quando uno dei criptofonini, quello utilizzato da Nunzio Serio, inizia a dare segnali di malfunzionamento. Problemi tecnici che avrebbe riscontrato anche il socio Stagno. Così il capo mandamento gli chiede «di impostare un nuovo dispositivo criptato». Un colpo per gli inquirenti perché, attraverso le intercettazioni in atto sul telefonino “normale” di Stagno, riescono a captare – in sequenza – tutti i contatti che Nunzio Serio inserisce nel nuovo criptofonino durante le fasi di impostazione. Alcuni dei quali individuati, secondo la Dda, «con assoluta certezza». Ci sono Emanuele Cosentino – il «compare calabrese» come lo definiscono i due siciliani – e poi Tommaso Lo Presti, reggente il mandamento mafioso di Porta Nuova – il “pacchione” prossimo ai quarant’anni di matrimonio dicono ancora i due – Guglielmo Rubino, reggente il mandamento mafioso di Santa Maria di Gesù – quello che per loro si sarebbe levato la vita dicono – il sodale Angelo Barone – tornato da poco da Malta – il mafioso Cristian Cinà, componente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, e poi Giuseppe Auteri – fratello Peppe – a quel tempo esponente di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e latitante.

Una volta impostato il nuovo criptofonino, Nunzio Serio e Stagno «ritornavano a confrontarsi sui prossimi affari che avrebbero dovuto gestire», con Serio che, dal canto suo, annunciava l’imminente arrivo di un grosso carco di droga. I due, come emerso dalle intercettazioni, si mostrano particolarmente compiaciuti «per la possibilità di gestire il grosso carico di droga» e «calcolavano i margini di profitto dell’affare, che quantificavano in circa 300mila euro». Ma c’è di più: il grosso carico di droga avrebbe dato loro la possibilità di cederla alle altre articolazioni mafiose di Palermo ai quali «avrebbero dovuto praticare lo stesso prezzo». L’obiettivo, infatti, era evitare differenze di trattamento destinate ad incidere negativamente sui reciproci rapporti. Per gli inquirenti non c’è alcun dubbio che il fornitore fosse il calabrese Emanuele Cosentino. Quest’ultimo indicato come “compa’” avrebbe raccontato loro di aver individuato un canale di approvvigionamento di droga in Spagna che avrebbe permesso l’acquisto di ingenti partite di stupefacenti. Un quantitativo tale da permettere loro di «comandare Palermo». (g.curcio@corrierecal.it)

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