Meloni sceglie la Cisl: «Landini ha una visione tossica del conflitto»

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Un attacco durissimo alla Uil e soprattutto alla Cgil che oggi al Paladozza di Bologna lancia la campagna referendaria contro il Jobs Act e sulla cittadinanza. E un’alleanza con la Cisl fatta per sancire la spaccatura tra i sindacati confederali in nome di una legge sulla «partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa» che è stata peggiorata rispetto alla proposta di legge popolare presentata dal sindacato guidato dal segretario uscente Luigi Sbarra. Da oggi, al suo posto, ci sarà Donatella Fumarola.

LA DOPPIA MOSSA di Giorgia Meloni è stata fatta ieri all’assemblea generale della Cisl all’auditorium della conciliazione a Roma. Da tempo in silenzio sui problemi del governo, a cominciare dal caso Elmasry, il primo intervento pubblico di un certo rilievo è avvenuto sul lavoro e sull’economia. La presidente del Consiglio ha continuato a spacciare la favoletta per cui l’aumento assoluto della quantità dei lavoratori registrato negli ultimi due anni sia una conquista della «Nazione», mentre invece è un problema perché non corrisponde all’aumento della produttività e al recupero della maxi-inflazione degli ultimi due anni da parte dei salari.

VEDIAMO I DATI. Il 29 gennaio scorso l’Inps ha dimostrato che nell’ultimo anno la cassa integrazione è aumentata del 20% (da 41,4 milioni di ore a 507 milioni). A novembre l’Inps ha ricevuto il 4,3% in più di domande di disoccupazione (Naspi e DisColl). Inoltre ci sono i ventidue mesi consecutivi di calo della produzione industriale e la crisi devastante che sta travolgendo il settore dell’automotive. Poi c’è l’aumento record dei prezzi dell’elettricità a gennaio (+48% sulla Spagna, +40% sulla Francia). E c’è anche il record del prezzo del gas naturale che determina quello dell’elettricità nel 90% delle ore. Sono gli elementi che influiscono tanto sulle bollette, e sui salari, quanto sulle imprese che stanno rallentando la produzione. C’è il rischio di altri licenziamenti e cassa integrazione.

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MELONI NON HA DETTO nulla su tutto questo. In mancanza di iniziativa politica ieri, davanti alla platea della Cisl che le ha tributato una standing ovation, ha colto l’occasione per riaffermare una linea ideologica basata sulla lotta contro un avversario, cioè Cgil e Uil (e i sindacati di base). Tutti accusati di avere una «visione tossica e conflittuale» dei rapporti con il suo governo. Meloni ha inoltre rilanciato una narrazione per cui il suo governo sarebbe favorevole a «una nuova alleanza tra imprese e lavoratori». A condizione che questi ultimi siano d’accordo con l’autorità.

PER CHI PROTESTA ci sarà invece il liberticida Ddl sicurezza, marchio di questo esecutivo, e il ridimensionamento del diritto di sciopero per i lavoratori che protestano e non hanno risposte. A cominciare da quelli delle ferrovie. In tutti questi casi la «partecipazione» è soggetta all’arbitrio di chi sta al governo. Non è mancata, da parte di Meloni, il classico riferimento al «buon senso»: la categoria gommosa usata dalle estreme destre in tutto il mondo per dire che il potere ha sempre ragione e chi non lo è va punito.

È IN QUESTO QUADRO neo-autoritario che Meloni ha messo il cappello sulla proposta sulla partecipazione della Cisl e ha annunciato che presto sarà votata. Per la presidente del Consiglio il «rinascimento partecipativo» sarà basato sulla «coesione sociale» che rende «moderna una nazione». «Allora – ha aggiunto – io devo dire grazie sinceramente alla Cisl per saper ancora interpretare il confronto nell’accezione più nobile del termine».

MELONI NON HA CITATO per nome Maurizio Landini, ma il segretario della Cgil è stato l’evidente destinatario della sua stilettata contro la «rivolta sociale», citazione di Camus fatta da Landini, mentre il governo ha finanziato il taglio del cuneo fiscale con i soldi delle banche e delle assicurazioni. Non è vero: è solo di un’anticipazione di imposte che lo Stato restituirà tra il 2027 e il 2029.

BISOGNA «LASCIARSI alle spalle il Novecento» ha detto Meloni. Il secolo identificato con il conflitto che però, a suo avviso, è il risultato di «pregiudizi, antagonismo e furore ideologico». Sembra palese in queste parole il conformismo e il revisionismo che ammorba da 40 anni e più e si è incarnato nel berlusconismo in cui Meloni ha risciacquato i panni.

L’ IMPIANTO IDEOLOGICO è stato usato ieri da Meloni per dire che la contrattazione sindacale va legata ai «territori e alla dimensione aziendale», dunque è negata quella «dei contratti nazionali» che hanno «rigidità». È un’immagine delle relazioni del lavoro e di quelle sindacali di tipo nazionalistico e neo-corporativo.

LUIGI SBARRA ha regalato un mazzo di fiori a Meloni al termine del suo intervento e ha attaccato Landini definendo «grottesche» le sue critiche al modo in cui è stata cambiata la proposta della Cisl sulla partecipazione. Nello slancio Sbarra ha rievocato una distinzione tra «sindacati riformisti e antagonisti», ha parlato di una «Cgil populista paralizzata da antagonismo incendiario» «Di Vittorio – ha aggiunto – sarebbe esterrefatto davanti allo spettacolo dei suoi pronipoti». Sbarra ha rivolto un «appello bipartisan» alle forze politiche e parlamentari che dovrebbero sostenere una legge che attua «dopo 77 anni l’articolo 46 della Costituzione». Non sembrano le condizioni migliori per ottenere la risposta auspicata. Il conflitto è astuto e, ogni tanto, riserve sorprese.



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