L’export delle armi italiane: un tema etico

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Dopo quasi dieci mesi di stasi, si avvia verso il voto finale alla Camera il Disegno di Legge di iniziativa governativa che intende modificare la Legge 185/90 sull’export di armamenti italiani. Una legge importante e storica che, pur con le revisioni apportate negli anni, ha finora garantito il controllo del Parlamento e dei cittadini su un settore altamente critico per gli impatti devastanti delle esportazioni di armi nelle zone di conflitto e a regimi che violano costantemente i diritti umani.

Un po’ di storia

La legge 185 del 1990 ha introdotto nel nostro Paese “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. Prima, per cinquant’anni, era rimasta in vigore la legge fascista promulgata col Regio Decreto n. 1161 dell’11 luglio 1941, firmato da Mussolini, Ciano, Teruzzi e Grandi, con cui l’intera materia delle esportazioni di armamenti era vincolata al “segreto di Stato” e sottratta all’esame del Parlamento.

La legge approvata grazie all’ampia mobilitazione sociale promossa negli anni Ottanta dalla campagna “Contro i mercanti di morte” composta da Acli, Mani Tese, Pax Christi e Missione Oggi a cui aderirono decine di associazioni cattoliche e laiche anche del mondo sindacale.

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La nuova legge non solo pose fine al “segreto di Stato” sulle esportazioni italiane di materiali d’armamento, ma definì una serie rigorosa di divieti per impedire l’esportazione di materiali militari agli Stati sottoposti a misure di embargo, ai Paesi coinvolti in conflitti armati, a governi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e verso Paesi la cui politica contrasta con i principi dell’articolo 11 della nostra Costituzione. Ma soprattutto introdusse l’obbligo alla Presidenza del Consiglio di presentare ogni anno al Parlamento una Relazione completa e dettagliata su tutta la materia comprese le transazioni bancarie svolte dagli istituti di credito che operano nel settore.

Proprio l’informazione e la trasparenza garantite dalla Relazione annuale sono state fin dall’inizio osteggiate dalle aziende produttrici di armi che nel corso degli anni hanno chiesto, e ottenuto, di sottrarre informazioni cruciali riguardo ai Paesi destinatari dei materiali d’armamento ed ai sistemi militari esportati.

Le modiche proposte dal Governo

“Il disegno di legge proposto dal Governo – scrivono in un comunicato congiunto i presidenti dell’Azione Cattolica, ACLI, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari., Pax Christi Italia e AGESCI – intende limitare l’applicazione dei divieti sulle esportazioni di armamenti, ridurre al minimo l’informazione al Parlamento e alla società civile e, soprattutto, limitare le informazioni contenute dalla Relazione governativa annuale, cancellando la documentazione riguardo alle operazioni svolte dagli istituti di credito circa l’import e l’export di armi e dei sistemi militari italiani”.

“Tali modifiche – evidenziano i presidenti delle associazioni cattoliche – svuotano il contenuto della legge 185. Sarebbe una decisione gravissima”. “La legge 185 ha permesso, ad esempio, sempre grazie alla pressione della cittadinanza attiva, di interrompere, dal 2019 al maggio 2023, la partenza dal nostro Paese di migliaia di missili e bombe destinate ad essere usate nel disastroso conflitto in atto nello Yemen” notano i presidenti delle associazioni. Per questo, rivolgendosi ai Deputati e ai Senatori, chiedono di non svuotate la legge 185/90 nel suo profondo significato. “Vi chiediamo, vi supplichiamo – scrivono – di ricordare e custodire il lavoro società civile che ha portato all’approvazione di questa legge che attua i principi costituzionali. Ve lo chiediamo in nome della comune umanità che ripudia la guerra”.

I presidenti delle associazioni cattoliche intendono “unire la nostra voce a quella di tante donne e uomini, coordinamenti di molti movimenti e associazioni, come Rete Italiana Pace e Disarmo che ha lanciato l’appello “Basta favori ai mercanti di armi! Fermiamo lo svuotamento della Legge 185/90”. Sul sito della Rete Italiana Pace e Disarmo è disponibile la petizione pubblica che si può firmare online e una serie di indicazioni per promuovere mozioni e ordini del giorno nel proprio Comune.

 

L’appello di mons. Enrico Trevisi, Vescovo di Trieste

Anche il Vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, in occasione della manifestazione “Fari di Pace” dello scorso novembre ha evidenziato l’importanza che “i valori e le motivazioni che hanno portato l’Italia ad approvare la legge 185/1990, che prevede che tutti i transiti di armi nei porti italiani siano comunicati pubblicamente, non vengano disattesi con la proposta di modifica presentata in Parlamento”.

“Chiediamo innanzitutto – scriveva il Vescovo nella lettera pubblica indirizzata al Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dell’Alto Adriatico, Commissario Straordinario, Vittorio Torbianelli – che sia comunque rispettata la lettera della legge 185/1990, che regola l’export degli armamenti, in particolare all’articolo 6; e che sia rispettata la lettera del Trattato internazionale sul commercio delle armi, in particolare agli articoli 6 e 7, nei punti dove prescrivono che le diverse autorità che hanno, nel concreto, poteri di controllo sull’entrata e sull’uscita delle merci e sul transito delle stesse nei porti, non devono consentire il transito di armamenti di cui si possa presumere l’impiego in conflitti che violino gravemente i diritti umani, o in cui si possano commettere crimini di guerra e genocidi”.

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Dopo aver sottolineato l’importanza del dialogo tra tutte le parti, il Vescovo concludeva ribadendo il sostegno alle “esigenze di trasparenza e legalità riguardanti i transiti delle merci e degli armamenti caricati su navi in transito e la destinazione degli stessi, nella convinzione che tale vigilanza possa contribuire anche ad arginare eventuali traffici illegali di armi e droghe, entrambi distruttivi per il genere umano”.

Giorgio Beretta

 


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