Più che amaro sarà salato: così rischieremo di ricordare il San Valentino 2025, a causa del cacao. Due nuovi rapporti mettono in evidenza la minaccia che il collasso climatico, causato principalmente dalle emissioni prodotte dai combustibili fossili, rappresenta per le piante di cacao e l’impatto che questo avrà sui prezzi del cioccolato in tutto il mondo.
Il primo rapporto, redatto dall’organizzazione di ricerca Climate Central, rivela che il cambiamento climatico ha aggiunto sei settimane di temperature più alte rispetto alle condizioni ottimali di crescita del cacao in quattro Paesi chiave produttori di cacao dell’Africa occidentale, che rappresentano il 70% della produzione globale. Il secondo rapporto, pubblicato dalla ong britannica Christian Aid, rileva che i prezzi del cacao sono aumentati del 400% negli ultimi anni e mette in relazione questo fenomeno con la siccità e le forti precipitazioni in Africa occidentale.
Altro che cacao meravigliao, per citare la celebre canzone scritta da Renzo Arbore: il riscaldamento globale sta impattando in maniera vertiginosa su una delle coltivazioni più note e apprezzate nel mondo. Con effetti a catena sulle filiere che a loro volta si ripercuotono sui consumi. Un circolo vizioso assolutamente da sanare e su cui però, almeno nel breve periodo, sembra difficile uscirne. Probabilmente nel futuro a breve e medio termine, almeno in Occidente, dovremo abituarci a dover rinunciare all’uso quotidiano dei derivati del cacao – dal più celebre cioccolato alla polvere di cacao o al burro cacao. Anche se la prospettiva più preoccupante resta quella di chi vive grazie al cacao.
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Più caldo vuol dire meno cacao
D’accordo che l’Africa è il Continente più caldo al mondo, ma il fatto che tra ottobre e marzo in quattro Paesi dell’Africa occidentale – Costa d’Avorio, Ghana, Camerun e Nigeria – più volte si siano superati i 32 gradi centigradi dovrebbe allarmare tutti quanti. I dati, come accennato, arrivano dall’organizzazione statunitense Climate Central. Nella cosiddetta “cintura africana del cacao” l’analisi delle temperature massime giornaliere nell’ultimo decennio (2015-2024) ha mostrato che il cambiamento climatico ha aggiunto almeno tre settimane sopra i 32° gradi centigradi all’anno durante la stagione principale del raccolto di cacao. Si tratta di limiti superiori all’intervallo di temperatura ottimale per gli alberi di cacao.
“Mentre molti fattori, come le precipitazioni e le infezioni trasmesse dagli insetti, possono influenzare gli alberi di cacao – scrive Climate Central – il calore eccessivo può contribuire a una riduzione della quantità e della qualità del raccolto, aumentando potenzialmente i prezzi globali del cioccolato e influendo sulle economie locali nell’Africa occidentale”. Le tabelle allegate da Climate Central mostrano cali nella produzione di cacao via via crescenti all’aumentare delle temperature. Ecco perché l’organizzazione USA dedica l’ultima parte del proprio report all’adattamento: di fronte a un mondo che continua a riscaldarsi è necessario e vitale saper affrontare gli aumenti delle temperature.
“Investire in pratiche agricole diversificate e rispettose della natura potrebbe essere la chiave per l’adattamento del sistema alimentare – si legge – Ad esempio piantare altre colture e alberi più alti (come mango, anacardi e banane) tra le piante di cacao crea terreni sani e fertili che possono trattenere l’umidità, riduce il rischio di infestazioni di parassiti e malattie e fornisce ombra protettiva per le piante di cacao da temperature estreme e perdita d’acqua. Ciò può significare rese di cacao più costanti per gli agricoltori. Sebbene tali adattamenti siano importanti, non possono proteggere completamente la produzione di cacao dagli impatti del cambiamento climatico. Gli agricoltori di cacao dovranno comunque affrontare sfide significative, soprattutto perché alcune di queste strategie possono essere lente da implementare, costose o difficili da adattare per i piccoli agricoltori. Eventi meteorologici estremi, come siccità e inondazioni, potrebbero esacerbare le sfide esistenti e minare i progressi compiuti attraverso le strategie di adattamento”.
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Meno cacao vuol dire prezzi più alti
Una delle prime lezioni di economia è che al diminuire dell’offerta si alzano i prezzi. E’ quel che sta avvenendo col cacao, dove la carenza di quest’anno segue un crollo simile della produzione dell’anno scorso, che ha visto i prezzi del cacao aumentare del 400%, fino a superare i 12mila dollari per tonnellata. Il 18 dicembre 2024 è stato stabilito un nuovo record di 12.605 dollari per tonnellata e i prezzi sono rimasti ostinatamente alti da allora.
Come si apprende dal report pubblicato dalla ong Christian Aid, “alcune delle aziende di cioccolato preferite del Regno Unito stanno risentendo della crisi del cacao, così come il gigante globale Nestlé, che ha parlato della minaccia posta dal cambiamento climatico. La carenza di cacao è iniziata nel 2023, dopo piogge insolitamente abbondanti durante la stagione secca del Ghana. Le precipitazioni totali in Africa occidentale sono state più del doppio della media trentennale per quel periodo dell’anno e le condizioni umide hanno causato il marciume delle piante con la malattia della “macchia nera”.
Osai Ojigho, direttore delle Politiche e delle Campagne Pubbliche di Christian Aid, ha dichiarato: “Coltivare cacao è un mezzo di sussistenza vitale per molte delle persone più povere del mondo e il cambiamento climatico causato dall’uomo sta mettendo tutto questo seriamente a rischio. Il cioccolato è uno dei tanti prodotti che collega i consumatori del nord globale con i coltivatori del sud globale. Allo stesso modo, il cambiamento climatico, guidato in gran parte dalle emissioni di gas serra del nord globale, sta causando scompiglio in tutto il mondo, con i coltivatori di cacao che ne subiscono le conseguenze. Dobbiamo mirare a una riduzione delle emissioni e un finanziamento climatico mirato che vada ai coltivatori di cacao per aiutarli ad adattarsi”.
Nel report di Christian Aid vengono riportate anche alcune testimonianze dirette. Come ad esempio quella di Amelia, 24 anni, coltivatrice di cacao in Guatemala. “Le mie piantagioni stanno morendo a causa della mancanza d’acqua e, per quanto riguarda me, non c’è cibo per la mia famiglia – ha detto Amelia – Gli alberi di cacao stanno morendo, nonostante siano solitamente molto resistenti. Non sono preoccupata che possa accadere (la perdita dei raccolti legata al clima), sta già succedendo”.
Una preoccupazione, quella del riscaldamento globale, che unisce chi coltiva la materia prima e chi poi la produce, per farne poi i prodotti finali più noti e commercializzati. La riflessione di Andy Soden, direttore di Kernow Chocolate, è in questo senso cruciale. “In termini semplici i terreni adibiti alla coltivazione di cacao – ha detto – stanno ricevendo il clima sbagliato nei momenti sbagliati del ciclo di crescita e raccolta, il che sta riducendo notevolmente la produzione. La bassa offerta e l’elevata domanda globale hanno gonfiato i prezzi di mercato a livello globale da un prezzo relativamente stabile a oltre 10mila dollari a tonnellata. Per un piccolo produttore, questo ha il potenziale di metterci fuori mercato a lungo termine, poiché il nostro prezzo all’ingrosso per il 2025 è molto vicino a superare il nostro prezzo al dettaglio del 2023. Le aziende più grandi possono manipolare le ricette per rimuovere i prodotti a base di cacao (sostituendo il burro di cacao con panna essiccata, ecc.) o modificare le dimensioni delle confezioni. Come piccola impresa, che realizza tutto a mano, questo tipo di soluzione non è un’opzione, quindi non ci resta che aumentare i prezzi e sperare che il prodotto rimanga vendibile. È un incubo, non credo che nessuna azienda coinvolta nel cioccolato abbia evitato questo impatto, ed è tutto dovuto al cambiamento climatico”.
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