Pensioni, ormai è deciso: i contributi necessari per smettere di lavorare saliranno da 20 a 30 anni

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Ancora pessime notizie da Palazzo Chigi: presto non saranno più sufficienti 20 anni di contributi per poter lasciare il lavoro e avere l’assegno Inps. La soglia verrà alzata a 30 anni.

Si parla da qualche anno di andare oltre la legge Fornero ma, per il momento, superarla appare impossibile a causa della mancanza di risorse necessarie nelle casse dello Stato. Il Governo di Giorgia Meloni si trova davanti ad una grande sfida: continuare ad andare avanti, manovra dopo manovra, nell’impossibilità di fare ulteriore debito.

Pensioni, ormai è deciso: i contributi necessari per smettere di lavorare saliranno da 20 a 30 anni -(foto Ansa)- Abruzzo.cityrumors.it

Ma la coperta è corta, troppo corta per accontentare tutti e, dunque, inevitabilmente da qualche parte bisogna tagliare. Il campo prescelto su cui apportare, qua e là, qualche sforbiciata sembra essere il campo previdenziale che quest’anno è stato fortemente penalizzato da una rivalutazione dello 0,8%.

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In pratica quest’anno le pensioni minime sono aumentate di circa 3 euro al mese e si mantengono ancora ben lungi dai 1000 euro di cui si vocifera da anni. Ma non è questa l’unica batosta: presto – prima di quello che pensiamo – non basteranno più 20 anni di contribuzione all’Inps per accedere alla pensione. Il requisito contributivo passerà da 20 a 30 anni.

Pensioni: ecco chi dovrà lavorare 10 anni in più

Le notizie che arrivano dal fronte delle pensioni continuano a non essere positive e fanno tremare non solo chi in pensione c’è già ma soprattutto chi non vede l’ora di andarci ma vede questo traguardo allontanarsi progressivamente. A breve non basteranno più 20 anni di contributi per l’accesso alla pensione: ne serviranno 30.

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Pensioni: ecco chi dovrà lavorare 10 anni in più/Abruzzo.cityrumors.it

Attualmente – essendo ancora in vigore la legge Fornero – per accedere alla pensione di vecchiaia, come tutti sappiamo, occorre avere almeno 67 anni e non meno di 20 anni di contributi. Questo, almeno per il momento, resterà invariato. Cambierà tutto, invece, per i lavoratori contributivi puri: cioè coloro che non hanno versato nemmeno un contributo prima del 1996.

Nel 1996 – per effetto della Legge Dini – è cambiato il sistema di calcolo delle pensioni e siamo passati dal sistema retributivo al sistema contributivo. Chi ha contributi sia prima che dopo il ’96 avrà un assegno Inps calcolato con il sistema misto, chi invece ha contributi solo dal ’96 in poi avrà un assegno interamente calcolato con il sistema contributivo e, per questo, è detto “lavoratore contributivo puro”.

I contributivi puri, pesando meno sulle casse dell’Inps, possono fruire già da anni di uno sconto sull’età e, quindi, possono andare in pensione non a 67 ma già a 64 anni sempre con 20 anni di contributi. A breve però il requisito contributivo passerà a 30 anni e, dunque, il vantaggio di andare in pensione 3 anni prima, verrà, in un certo senso annullato dal dover lavorare 10 in più.

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Pensione anticipata contributiva: ecco da quando serviranno 30 anni di contributi

Come spiegato nel paragrafo precedente, coloro che non hanno contributi antecedenti all’anno 1996, possono accedere alla pensione a 64 anni e, al momento, ancora con solo 20 anni di contributi. Per beneficiare di questa agevolazione, tuttavia, devono aver maturato un assegno previdenziale pari almeno a certe soglie che sono le seguenti:

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Pensione anticipata contributiva: ecco da quando serviranno 30 anni di contributi -(foto Ansa)- Abruzzo.cityrumors.it
  • 3 volte l’importo dell’assegno sociale per le donne senza figli e per gli uomini;
  • 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale per le donne con un figlio;
  • 2,6 volte l’importo dell’assegno sociale per le donne con due o più figli.

Considerando che l’assegno sociale nel 2025 corrisponde a circa 538 euro al mese, raggiungere tali cifre solo con i contributi versati all’Inps può non essere facile. Dunque il Governo Meloni, per agevolare i lavoratori, da quest’anno ha introdotto la possibilità di sfruttare anche i fondi versati nella previdenza complementare per arrivare a suddette soglie.  Chi sfrutterà questa opportunità, però, avrà un piccolo prezzo da pagare: potrà andare sempre in pensione a 64 anni ma con 25 anni di contributi e non più solo con 20.

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Dal 2030 – come è già stato anticipato – non basteranno nemmeno più 25 anni di contribuzione ma ce ne vorranno 30 e l’importo da raggiungere sarà di 3,2 volte l’assegno sociale. Pertanto un lavoratore contributivo puro che, nel 2030, vorrà accedere alla pensione a 64 anni sfruttando i fondi della pensione integrativa dovrà avere almeno 30 anni di contributi.



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