Genova – La cucina può essere inclusiva, piacevole, aperta e accogliente. Ma anche divisiva. Saper accogliere invece tutte le scelte e le visioni, rendendo i piatti adatti proprio a tutti i commensali è possibile. Una ragazza di Chiavari (GE) che lavora come guida escursionistica nel Tigullio ha fatto un primo passo in questa direzione: si chiama Laura Rossi e recentemente ha scritto Vegan in Liguria – Non solo mugugni e pasta al pomodoro, un manuale gratuito – sia cartaceo che digitale – rivolto a ristoratori e non solo, creato proprio con l’intento di essere letto e condiviso il più possibile.
D’altronde ormai la riduzione degli alimenti di origine animale è diventato un fattore culturale che interessa anche tanti onnivori che vogliono ridurre l’impatto di quel che portano in tavola oppure non intendono finanziare con i propri acquisti gli orrori degli allevamenti intensivi. Motivi etici, ambientali e di salute, talvolta mixati insieme, fanno sì che l’alimentazione plant based stia guadagnando sempre più terreno in Italia: nel 2024 i vegetariani hanno raggiunto quota 7,2%, in netta crescita rispetto al 4,2% dell’anno precedente, mentre il 2,3% si identifica come vegana, un dato stabile rispetto al 2,4% del 2023 (dati Eurispes 2024).
Incontro Laura un venerdì mattina molto ventoso: scelgo di darle appuntamento in una pasticceria storica genovese, dove ogni mattina vengono sfornati anche croissant vegani, artigianali e degni di questo nome, proprio con l’intento di farglieli assaggiare. Entra intirizzita dal freddo e guarda la vetrina con gli occhi sgranati, quasi incredula per le diverse opzioni presenti, poi sceglie quello al lampone. Già dal primo morso noto la sua espressione estasiata: «Sai, sono abituata ai bar che propongono le brioche surgelate… ecco, la maggior parte di quelle vegane sa di cartone!», mi confida, a metà tra l’autoironico e lo sconsolato.
Mentre sorseggiamo il nostro cappuccino bollente, chiacchieriamo di tutto: mi racconta dei diciassette anni trascorsi all’estero durante i quali ha lavorato per una rete di cooperative e del suo lavoro attuale come guida naturalistica. Il suo progetto escursionistico si chiama Riviera Walk & Talk, un nome curioso. Il motivo è semplice e deriva da un aneddoto che mi racconta: amante delle camminate e delle lingue straniere e da sempre stata attratta dall’apprendimento non formale, come le esperienze di volontariato, i soggiorni all’estero e tutto ciò che permette di imparare attraverso l’interazione reale, Laura, quando lavorava come insegnante, andava spesso a fare escursioni con una collega che stava perfezionando l’italiano.
«Così mi sono ritrovata a spiegarle aspetti linguistici proprio lungo i sentieri: è stato in quel contesto che ho capito quanto l’apprendimento possa essere più efficace e al tempo stesso piacevole in un ambiente rilassato e stimolante come la natura». Quest’apertura verso il mondo le ha permesso di osservare negli anni tante visioni, approcci e prospettive diverse. È stato proprio quando Laura ha lasciato l’Italia che si è resa conto che il cibo è molto più di semplice nutrimento: è un linguaggio di cultura, connessione e tradizione. Ma da vegana ha anche imparato che il cibo può essere una barriera.
Riflettiamo insieme sul fatto che la consapevolezza su temi come il benessere animale, la sostenibilità e la voglia di nutrirsi in modo equilibrato e senza sofferenza sta portando al costante aumento del numero di persone che scelgono di non mangiare più carne e derivati. Ci addentriamo nel tema della guida, Vegan in Liguria, il ricettario gratuito che ha scritto per supportare i ristoratori liguri nell’introduzione di opzioni vegan friendly, e le chiedo com’è nata l’idea. «In realtà non si tratta di un ricettario vero e proprio – chiarisce – ma di un manuale pensato per aiutare i gestori dei locali della nostra regione a offrire portate vegane che però rispecchino la tradizione della cucina ligure».
Voglio dimostrare ai ristoranti che soddisfare i vegani non significa perdere l’autenticità, ma aprire nuove porte
L’idea è nata dopo aver sfogliato le diverse brochure di AgireOra Edizioni, che supportano il veganesimo e aiutano ad arricchire i menu dei locali con proposte a base vegetale. Vegan in Liguria è soprattutto una risposta concreta alle difficoltà che ha osservato qui, ossia l’associazione dell’idea di vegano a qualcosa di esotico, costoso e distante dalle tradizioni. Per questo l’ebook si focalizza sulle ricette liguri, per valorizzare il territorio in chiave vegetale senza rinunciare all’autenticità dei piatti tipici.
«Eppure ci sono tanti piatti molto amati in Liguria che sono già a base vegetale o possono essere facilmente adattati: dalla farinata, preparata con farina di ceci, acqua, olio e sale, naturalmente vegana, alla salsa di noci, tradizionalmente con latte e formaggio, ma altrettanto cremosa anche senza, così come lo zemin, una zuppa di ceci e bietole, che non necessita di modifiche».
Lavorando come guida nel levante ligure, Laura si è spesso trovata in difficoltà a reperire piatti adatti a lei o ai suoi clienti. «Molti turisti si aspettano che la dieta mediterranea sia naturalmente ricca di verdure fresche, ma a volte rimangono delusi, trovando invece molta pasta, carne o pesce. Questo è particolarmente vero quando si è in viaggio o ci si ritrova a mangiare spesso fuori per lavoro: diventa piuttosto difficile seguire una dieta sana e bilanciata».
Dopo la colazione decido di seguirla nel suo tour tra le vie della città per proporre a ristoranti e caffetterie la sua guida gratuita, per toccare con mano la risposta dei locali. Sono curiosa e mentre passeggiamo le chiedo com’è stata finora la risposta dei ristoratori: «Diciamo interessante: la curiosità c’è, anche se la parola vegano viene ancora vista con diffidenza», mi spiega. «Quando però capiscono che non si tratta di cambiare la propria identità culinaria, ma solo di ampliare il ventaglio di proposte, molti si mostrano più aperti, anche se talvolta mi sembra che venga data più importanza alle esigenze legate alle allergie piuttosto che alle scelte etiche».
È stato in effetti un giro istruttivo: una buona metà degli interlocutori ha scambiato l’essere vegani con l’essere intolleranti al lattosio, facendo riferimento alla mancanza di laboratori paralleli per garantire la non “contaminazione”, alcuni poi hanno dimostrato diffidenza e una certa dose di ostilità verso questa scelta, giudicata come fonte di fastidio per chi sta in cucina. Il suo intento però è costruire un ponte, anziché una barriera, e dimostrare ai ristoranti che soddisfare i vegani non significa perdere l’autenticità, ma aprire nuove porte. Dopo la mattinata con Laura mi sono fatta l’idea che la strada per l’inclusività sia ancora lunga e in salita, ma iniziative come la sua sono un primo passo per cambiare le cose.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link