Padovana, per anni ha vissuto a Tenno (Trento), per due settimane ha viaggiato per “Mi Illumino di meno”: «Da sola in sella alla mia bici con tutto il necessario»
Oltre 1400 chilometri in due settimane percorsi da sola, in sella alla sua mountain bike, unendo due città che negli ultimi mesi hanno visto abbattersi su di loro la tragedia di un’alluvione. Nata a Padova, ma cresciuta a Tenno (Trento) con la famiglia, dove è rimasta fino all’età di 11 anni, Silvia Gottardi, 46 anni, ha un passato da giocatrice di pallacanestro. Ora è una commentatrice tv e fondatrice (assieme alla moglie Linda) della pagina “Cicliste per Caso”. Gottardi ha terminato proprio ieri, 19 febbraio, il suo viaggio che da Valencia l’ha condotta fino a Bologna. Due città scelte in maniera non casuale, ma che portano su di sé gli effetti del cambiamento climatico.
Perché ha deciso di intraprendere questo viaggio?
«L’idea nasce per promuovere l’iniziativa “Mi illumino di meno”, in occasione della giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili, introdotta dal programma di Radio 2, Caterpillar. Mi è stato chiesto di pedalare da Valencia a Bologna, due città che negli ultimi mesi sono state vittima di un’alluvione e di fatto diventate simbolo del cambiamento climatico, tramite quello che è il mezzo sostenibile per eccellenza. Ho viaggiato da sola, in sella alla mia bici, su cui trasportavo tutto il necessario».
Qual è stato il percorso?
«Sono partita da Valencia il 6 febbraio per passare poi da Tarragona, Barcellona e Girona. Sono poi passata in Francia da Perpignan per poi andare a Montpellier, in Provenza e a Nizza. Da lì sono andata a Sanremo, passando in bici sul Red Carpet durante il festival. Ho fatto tutta la costa ligure in compagnia di mia moglie che mi ha raggiunta, per poi finire in Emilia, prima a Parma e poi a Bologna. In Spagna il viaggio era in buona parte organizzato, mentre per il resto del percorso mi sono dovuta arrangiare e organizzare alla giornata».
A Valencia che situazione ha trovato?
«La situazione in città è buona, ma nei paesi limitrofi, dove mi hanno accompagnata, è ancora drammatica. Ci sono case sventrate, ponti rotti, negozi chiusi e tante macchine escavatrici che sono ancora a lavoro dopo mesi. Vedere tutto questo è stato davvero impressionante».
La scelta di chiudere questo percorso a Bologna si lega all’alluvione dello scorso ottobre?
«Sì, oltre ai fenomeni degli anni precedenti. Alcune persone appartenenti a Salvaciclisti Bologna e altri gruppi mi hanno mostrato le zone colpite. Inoltre, Bologna è città 30, una scelta utile non solo all’ambiente, ma anche per salvare la vita dei cittadini».
Qual è il suo rapporto con la bicicletta?
«È il mezzo prediletto, che io e mia moglie usiamo non solo nei nostri viaggi, ma anche nella vita di tutti i giorni a Milano. Abbiamo anche creato una pagina dedicata alla bici, ovvero Cicliste per Caso, dove raccontiamo tutte le nostre avventure, ma non solo. Per noi la bicicletta è anche uno strumento per parlare di emancipazione femminile e parità di genere, in quanto è un mezzo che ha fatto tanto per la storia delle donne. Nel corso degli anni tutto questo si è trasformato in un vero e proprio lavoro, con cui organizziamo anche eventi e festival».
Quali sono stati gli altri viaggi che avete fatto in questi anni?
«Tra i principali c’è stato quello della scorsa estate, da Milano a Oslo. Siamo state in Namibia, mentre il più lungo che abbiamo affrontato è stato quello dal Canada al Messico. Cerchiamo di abbinare a ogni viaggio temi e storie legati al femminismo, come quando abbiamo ripercorso in maniera simbolica il Giro d’Italia di Alfonsina Strada, raccontando la sua storia, che abbiamo poi raccolto in un libro».
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