Il 29 ottobre 1993, fu scritta una pagina nera della nostra storia repubblicana, fu abolita la parte centrale dell’articolo 68 con la legge costituzionale n.3: l’autorizzazione a procedere per l’avvio di indagini e processi penali contro i parlamentari. Il testo definitivo dell’art. 68 fu approvato, il 20 dicembre 1947, dall’Assemblea costituente. La revisione dell’art.68 della Costituzione fu fatta in un periodo di scontro tra politica e magistratura che portò al crollo della Prima repubblica. Fu il cruciale punto di flesso in cui si diede la stura all’avvento del potere della magistratura e alla perdita del primato della politica, portando con sé l’antipolitica, la scomparsa del sistema dei partiti e il populismo.
Una guerra senza esclusioni di colpi sta continuando con esiti incerti, stavolta, tra la destra al governo e una parte della magistratura, che non vuole la riforma della giustizia. Uno scontro che ha connotati inediti, con il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, che ha inviato delle informazioni giudiziarie alla presidente Meloni, ai ministri Piantedosi e Nordio e al sottosegretario Mantovano. Basta e avanza. In base a un esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti. Non finisce qui. L’avvocato, Luigi Mele, a sua volta, ha presentato un nuovo esposto nei confronti di Lo Voi e di Li Gotti sempre nell’ambito della vicenda Almasri. A questo punto, la procura di Perugia, la sede competente per le questioni che riguardano i magistrati del distretto di Roma, ha aperto un’inchiesta nei confronti del procuratore e dell’avvocato ex difensore di Tommaso Buscetta ed ex sottosegretario del governo Prodi per conto del partito Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, dopo una lunga militanza nel MSI e Alleanza nazionale.
Con la revisione dell’art. 68, si fece scempio, è bene dirlo, della nostra legge fondamentale dello Stato italiano, la Costituzione. Non venissero più a dire che la Costituzione italiana «è la più bella del mondo», perché è uno spergiuro. Detto questo, l’abolizione dell’autorizzazione a procedere per i parlamentari, di fatto amputando l’art. 68, è una vera e propria «controriforma», scaturita in seguito sia a un serrato dibattito parlamentare sia a una «guerra civile a bassa intensità», entrambe legate alle vicende di Tangentopoli. Nel biennio ‘92-‘94 la politica si arrese davanti al circolo mediatico giudiziario, credendo che con la resa, cioè modificando l’art 68 si trovasse l’armistizio con la magistratura. Non fu per nulla così. Ragion per cui, si diede la zappa sui piedi, mettendo mano all’art. 68 della Costituzione, che disciplina l’immunità, i cui parlamentari godevano di una protezione estesa non solo per l’insindacabilità – libertà di opinione e voto -, ma anche per l’immunita dall’azione penale, senza previa autorizzazione delle Camere. La modifica ha mantenuto l’insindacabilità e purtroppo ha ridotto l’immunità procedurale.
A ben vedere, la riforma ha eliminato la necessità di ottenere l’autorizzazione del Parlamento, per sottoporre i propri membri a processi penali. Al momento, i parlamentari possono essere indagati e processati come qualsiasi comune cittadino senza bisogno di una autorizzazione preventiva da parte delle Camere. Resta il fatto , però, che occorre ottenere l’autorizzazione delle Camere, in una delle due in cui il parlamentare viene eletto, per sottoporlo all’arresto o a perquisizione o per intercettare le comunicazioni – art. 68, comma 2 e 3. Caso più unico che raro, una sorta di cigno nero giudiziario, il caso dell’ex senatore del Partito democratico, Stefano Esposito, che venne intercettato illegalmente, cioè senza l’autorizzazione del Senato, per tre anni consecutivi, 500 volte dalla procura di Torino, mentre era parlamentare a tutti gli effetti. Ma il gip di Roma, cui gli atti dell’indagine del pm di Torino erano stati trasmessi per competenza territoriale, ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dai pm di Roma.
In sintesi, c’è stata «l’eutanasia della democrazia» per colpa di Mani pulite, per dirla con Giuseppe Benedetto. Con la demolizione dell’architrave: l’autorizzazione a procedere. Il che ha profondamente cambiato la storia del rapporto tra poteri dello Stato dettati da Montesquieu. Perché parliamo dell’articolo 68 della Costituzione? Perché c’è un revival, grazie a Forza Italia, alla Lega, alla Fondazione Einaudi e all’intervista rilasciata dal Ministro della difesa, Guido Crosetto, al Corriere della Sera. Cosa dice il Ministro: «Se la nostra Costituzione è considerata la più bella del mondo, perché quella è l’unica parte che e’ stata cassata? Era uno dei capisaldi dell’equilibrio tra poteri».
Storicamente, l’immunità parlamentare nasce come strumento per proteggere i parlamentari da interferenze esterne e permettere loro di esercitare, liberamente, il proprio mandato popolare. Questa «armatura» di protezione affonda le sue radici nelle lotte tra potere legislativo e quello esecutivo, molto comune nelle monarchie dispotiche ai primordi degli Stati moderni. Sovrani e governi repubblicani tentavano di controllare o intimidire i parlamentari con arresti o persecuzioni giudiziarie, per limitare la loro libertà e potere di legislatore. Questo succedeva e succede tutt’oggi nei Paesi governati dalle democrature e in quelle in regimi dittatoriali.
Chiaramente, la collaborazione dei poteri dello Stato, finché sarà a’ la carte continueranno a duellarsi, ma se con spirito di leale rispetto della Costituzione ritroveranno il loro equilibrio e ognuno agisce nel proprio alveo in modo sinergico, la democrazia sarà più forte con l’avvicinamento tra Paese legale e Paese reale.
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