Bollette gas, gli aumenti spiegati dell’esperto Davide Tabarelli: la guerra Russia-Ucraina c’entra ancora, ecco perché

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MODENA. «Gli aumenti delle bollette sono dovuti per lo più alle forti tensioni del prezzo del gas perché non siamo ancora usciti dalla crisi causata dalla guerra tra Russa e Ucraina, scoppiata esattamente tre anni fa. Credevamo di risolverla velocemente ma è impossibile perché la crisi che c’è stata è una frattura violenta. Ci vorranno degli anni prima di sostituire quelle enormi quantità di gas che ci portava la Russia. Nei prossimi mesi vedremo qualche leggero aumento e poi riduzioni verso l’estate. Resta l’incognita del prossimo inverno perché saremo punto e a capo». È questo il quadro della situazione geopolitica tracciato da Davide Tabarelli, presidente di NE Nomisma Energia (nel riquadro) riferito ai recenti rincari delle bollette di luce e gas.

Tabarelli, quali previsioni si possono fare?

«I rincari ci sono stati e sono partiti già a fine 2024 e dall’inizio di quest’anno sia per l’elettricità che per il gas dal primo febbraio. Adesso iniziamo a guardare alla primavera e a possibili cali perciò, sempre teoricamente, gli aumenti dovrebbero essersi esauriti».

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Quali sono i fattori su cui puntare a breve termine per abbassare le bollette?

«Quello che inciderà più di tutto sarà la capacità del nostro governo, in particolare del ministro Giorgetti, di convincere la Commissione ad aumentare il debito pubblico perché quello che si può fare nell’immediato per ridurre le bollette è abbattere gli oneri, ridurre l’aliquota IVA sui consumi e sulle bollette del gas e dell’elettricità però questo va ad aumentare il debito. Magari anche l’utilizzo di qualche tesoretto che è stato accumulato in passato. Questo nell’immediato».

E guardando al futuro cosa ci si deve aspettare?

«Molto dipende dal clima, ma questo è un fattore fuori dal nostro controllo. Dipende poi dalla guerra, dipende da Trump, da Putin…ma in ogni caso ci vorranno degli anni. Dipende dalla crisi economica. Dipende dalla Cina: se ricomincerà a consumare tanto gas noi ci ritroveremo ancora spiazzati. Dipende poi dalla capacità del sistema elettrico europeo di affidarsi a fonti più rinnovabili ma anche di più al nucleare. Insomma, la chiave è fare più diversificazione. Fatte tutte queste riflessioni rimane il fatto che il nostro sistema energetico è molto rigido, fattore di grande debolezza per l’Europa e per l’Italia».

Ma quindi i prezzi aumenteranno ancora?

«Difficile fare previsioni sull’andamento dei prezzi. È un sistema caratterizzato da profonda incertezza tipico da assenza di capacità di diversificazione e forte rigidità, da dipendenza da un’unica fonte che è quella del gas. Noi nel 2021, anno della guerra, importavamo dalla Russia 29 miliardi di metri cubi di gas, nel 2024 ne abbiamo importati circa 5 e dobbiamo arrivare nel 2025 a zero. Pertanto sostituire i 29 miliardi di metri cubi che rappresentava il 40% dei nostri consumi e sostituirlo in tre anni è impossibile perché ci vogliono strutture che sono state realizzate in decenni».

Qual è la situazione attuale?

«In Emilia-Romagna, i tubi che portano il gas risalgono agli anni’50, realizzati nell’arco di tanti anni. Tre anni è un arco di tempo molto breve: sostituire per rimettersi a posto è difficile e ci vuole del tempo. Adesso stiamo importando di più dall’Algeria, che rimane il nostro primo fornitore con circa 21 miliardi di metri cubi, importiamo molto dall’Azerbaijan, dal Mar Caspio con 10 miliardi metri cubi. Negli ultimi anni abbiamo cominciato a prendere il gas americano (5 miliardi di metri cubi) , abbiamo aumentato le forniture dal Quatar. Purtroppo quello che manca e in questo momento ed è un delitto economico, è la produzione nazionale. Lo dico proprio per i lettori dell’Emilia-Romagna, perché Ferrara, Reggio Emilia, Modena hanno sempre avuto, negli anni della metanizzazione, dei pozzi di estrazione tuttora vicino a Mirandola ci sono dei pozzi che estraggono poche quantità di petrolio e i gas idrocarburi. Noi abbiamo delle riserve che non riusciamo a sfruttare e andiamo invece a prendere il gas in mezzo al Texas, facendo fare tantissimi chilometri. Solo 13 mila chilometri sotto l’Oceano Atlantico e portiamo nei rigassificatori e questo manca».

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Bisognerebbe puntare sulla diversificazione…

«È il buon senso che suggerisce di valorizzare le proprie risorse interne e questo noi non riusciamo a farlo ed è una malattia che ha tutta l’Europa, a mio parere. Poi ci sono gli ambientalisti e i partiti dei verdi che hanno contagiato un po’tutta la politica europea sostenendo che non avremmo bisogno di gas. Ma lo dicevano 30 anni fa e poi ci siamo ritrovati scoperti. Bisogna essere consapevoli. Sicuramente la crisi ci deve insegnare ad essere pronti e più preparati la prossima volta».



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