Richiamati nell’esercito donne e uomini sotto i 60 anni. Per gli under 50 vietato lasciare il paese. Timori di un conflitto con l’Etiopia
L’ex presidente etiope Mulatu Teshome Wirtu accusa Isaias Afwerki di fomentare le divisioni nella leadership del TPLF con lo scopo di iniziare un nuovo conflitto nel Tigray. Accuse che Asmara respinge decisamente
21 Febbraio 2025
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 5 minuti
Secondo un comunicato fatto circolare da Human Rights Concern – Eritrea (HRCE), un’organizzazione della diaspora con sede a Londra e con contatti frequenti e significativi con il paese, il governo eritreo avrebbe lanciato una mobilitazione militare nazionale, circostanza che fa pensare alla preparazione di un conflitto. Le informazioni di HRCE sono solitamente di prima mano, vagliate e credibili.
Il documento descrive in modo dettagliato quanto starebbe succedendo in Eritrea in questi giorni. Dice che tutte le amministrazioni regionali hanno ricevuto l’ordine di registrare e mobilitare i cittadini al di sotto dei 60 anni che dovranno ricevere un nuovo training militare.
L’ordine riguarda anche i militari di leva recentemente smobilitati e quelli che godono di esenzioni speciali, tipo quelle per lavorare negli uffici governativi. Mobilitate anche le donne sposate e madri, che devono presentarsi alle loro unità militari senza indugio. Le amministrazioni regionali avrebbero già iniziato il processo.
Secondo la direttiva, alle persone sotto i 50 anni è stato inoltre vietato di lasciare il paese.
Sono disposizioni che sembrano portare ad una rapida mobilitazione di tutta la popolazione valida, circostanza che fa crescere il timore di un altro, prossimo, conflitto con l’Etiopia.
Altre fonti eritree, sentite da Nigrizia, confermano la delicatezza del momento nel paese e commentano che il governo potrebbe avere l’obiettivo di tenere in tensione la popolazione anche per motivi interni. Le due ragioni non sarebbero in contrapposizione.
Il porto di Assab e la questione Amhara
I rapporti tra Asmara ed Addis Abeba si sono deteriorati in modo significativo dopo l’accordo di Pretoria (2 novembre 2022) tra il governo etiopico e il TPLF (Fronte popolare per la liberazione del Tigray) per la pace in Tigray.
La tensione è cresciuta ulteriormente dopo le dichiarazioni del primo ministro Abiy Ahmed che sottolineava la necessità, per lo sviluppo del suo paese, di avere un accesso al mare. «… Vogliamo avere un porto con mezzi pacifici. Ma se non sarà possibile, useremo la forza». Una minaccia il cui ovvio riferimento era il porto eritreo di Assab, che apparteneva all’Etiopia fino all’indipendenza eritrea.
D’altra parte il primo ministro si faceva portavoce di chi, in Addis Abeba, sostiene da sempre la necessità, per un grande paese come l’Etiopia, di avere un confine sul mare.
È uno dei punti del “programma” di una influente élite amhara, cui probabilmente Abiy, con la sua dichiarazione, voleva tendere una mano, dopo averla tenuta sotto scacco da quando è al potere, e soprattutto dopo lo scoppio della ribellione nella loro regione, l’Amhara. Un conflitto sanguinoso che non è ancora stato sedato.
Mappa modificata al summit UA
L’ipotesi di una revisione dei confini sarebbe stata, in un certo senso, veicolata anche nei giorni scorsi, durante l’ultimo summit dell’Unione Africana, che si è svolta ad Addis Abeba, dove è stata usata una carta geografica con i confini tra l’Eritrea e l’Etiopia sbagliati.
Lo denuncia con sconcerto setit.org, un sito di informazione eritreo della diaspora che dice di essere indipendente. In un articolo postato il 16 febbraio stigmatizza “la distorsione etiopica della sovranità eritrea…”. Dice che errori simili sono già avvenuti nel passato.
“Piuttosto che un episodio isolato, riflette un modo di pensare persistente e problematico di certi circoli etiopici – presenti nello stesso governo – che non hanno ancora accettato completamente l’indipendenza eritrea”. E continua: “… è parte di un disegno più profondo di negazionismo storico”.
Naturalmente la dichiarata necessità dell’accesso al mare è sottolineata in modo particolare: “È particolarmente preoccupante la retorica incalzante sull’acquisizione di un porto, descritta come una necessità esistenziale”.
Perciò, “il fatto che la carta geaografica in questione incorpori zone costiere dell’Eritrea solleva seri dubbi sul fatto che si sia trattato di un’innocente svista”.
Dell’uso di una mappa manipolata il governo eritreo ha chiesto conto all’Unione Africana.
Frasi pesanti che sembrerebbero smorzate in un articolo successivo in cui si dice che la cartina manipolata era stata postata sul sito delle milizie amhara (FANO) e rimossa nei giorni successivi.
Afwerki e il Tigray
Anche altri elementi contribuiscono a rendere incandescente l’atmosfera.
Il 17 febbraio Al Jazeera ha pubblicato l’intervento dell’ex presidente Mulatu Teshome Wirtu che accusa il presidente eritreo Isaias Afwerki di fomentare le divisioni nella leadership del TPLF con lo scopo di iniziare un nuovo conflitto nel Tigray.
Si aumenterebbe così l’instabilità nell’intera regione riaprendo una crisi che andrebbe ad aggiungersi a quelle già preoccupanti del Sudan, della Somalia e dei paesi del Sahel, in uno scenario internazionale a dir poco complesso e in rapidissima evoluzione.
Un’accusa che il governo eritreo ha immediatamente rispedito al mittente osservando che il governo etiopico accusa i vicini delle crisi interne che non è in grado di gestire e risolvere.
Insomma, un palleggiamento di accuse, non infondate, che, unite alle notizie sulla mobilitazione militare nazionale decisa dal governo di Asmara, non può non preoccupare.
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