‘Ndrangheta, le mire di Bellocco sul negozio di Beretta e il piano per ucciderlo. «Gente che non ha mai lavorato»

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LAMEZIA TERME «Io li ho stoppati subito, sono sempre stato chiaro che il negozio è una cosa che ho inventato io, è una cosa mia (…) il negozio era una cosa che ho inventato io e l’ho sempre detto, per questo io senza timore, a parte che ho tutti i conti, i pagamenti, tutto tipo banca svizzera, andavo agli appuntamenti. È logico, poi quando quelli mi vogliono stirare, ci vado in un’altra maniera agli appuntamenti…». Ai pm della Distrettuale antimafia di Milano è Andrea Beretta – ex capo ultrà dell’Inter – ora collaboratore di giustizia, racconta gli aspetti, alcuni dei quali avvenuti a sua insaputa, legati alla gestione dell’attività commerciale avviata per il merchandising dell’Inter attraverso la “We Are Milano”. Diatriba che, nei suoi racconti iniziali, avevano poi portato alla lite con Antonio Bellocco (cl. ’88), rampollo dell’omonimo clan di ‘ndrangheta, ucciso il 4 settembre scorso.

I pm richiamano l’incontro tra Antonio Bellocco, Andrea Beretta, Marco Ferdico, Gianfranco Ferdico e Matteo Norrito. Quando però i pm gli chiedono come mai dava conto al gruppo proprio sulla gestione del negozio, Andrea Beretta chiarisce: «Ci vado perché non ho niente da nascondere, sono sempre andato agli incontri, anche con i familiari (…) all’inizio non avevo niente da nascondere perché per me era limpido il mio operare». «Avevo fatto tutti i conteggi a casa di Antonio, a Pioltello, non mi ricordo che c’era anche Chuck. C’era Franco, c’era Marco, c’era Antonio, e gli facevo capire “comunque guarda che c’è da pagare anche GLS…”, gli facevo vedere tutte le cose che c’erano da pagare, perché GLS mensilmente magari uscivano 10/12.000 euro di spedizioni da pagare. Tutti i conti, il personale, il vario fatturato dell’affitto del negozio, i pagamenti dei cartoncini…». «Poi i soldi andavano sulla PayPal – racconta ancora Beretta – PayPal diciamo che pagava il sito online, e di là io li spostavo sul conto corrente, capito?».

Il clima di sfiducia, dunque, era palese nei confronti di Andrea Beretta. Erano proprio i suoi amici più stretti a non fidarsi di lui. L’ex capo ultrà dell’Inter, però, non sa spiegare il perché. «Non so, ma questa qui è gente che non ha mai lavorato, non ha capito bene cosa vuol dire lavorare, nel senso i pagamenti da fare, le tasse, l’F24, star dietro all’attività. A parte che eravamo già nell’occhio del ciclone, sapevamo che ci controllavate i conti, le cose. Perciò io ogni volta che arrivavano i pagamenti cercavo di portare delle robe in banca (…) questi qui non hanno mai lavorato in vita loro, non sanno che c’è roba da pagare, c’è da pagare i fornitori, la corrente elettrica, sponsorizzavamo la palestra con i ragazzi di pugilato, era tutto un lavoro che entrava macchinalmente».
Insomma, una diatriba nata per i conti del negozio come movente per il piano omicidiario nei confronti dello stesso Beretta. «(…) il negozio è il centro di tutte le dispute. Il negozio era il centro nevralgico di tutte le problematiche. Tutto il discorso, tutti i miei problemi sono arrivati dal negozio. L’avevo fatto bene, avevo avuto l’idea di venderlo online, avevo visto che c’era appeal a livello di vendita del merchandising…». In buona sostanza, secondo il racconto di Beretta, «loro volevano entrare, anche quando ho avuto l’appuntamento giù nei box con i familiari di Antonio, il discorso era sempre incentrato sul negozio. Solo che vedevano che io, non so come dirglielo, mio padre mi dice che sono fuori di testa…». «Nella mia ottica – spiega meglio Beretta – non avevo niente da nascondere perché stavo facendo le cose giuste».

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Una vicenda che si consuma nell’arco di un anno, tra il 2023 e l’estate del 2024, poco prima dell’omicidio di Antonio Bellocco. «Loro periodicamente tornavano sulla storia del negozio» spiega Beretta agli inquirenti, «ma non si fidavano lo stesso». E ancora: «Io gli ho fatto vedere tutto, ma non sapevo delle cose alle mie spalle, io ho sempre ragionato nella mia ottica che facevo le cose regolarmente». A Beretta, in sede di interrogatorio, vengono fatte vedere alcune foto relative all’incontro avvenuto nei box di Bellocco nell’estate del 2024, il 23 luglio. «Questo è quello che m’ha fatto l’appuntamento nel box con Antonio. Diceva che era un latitante, parente di Antonio». Il riferimento in questo caso è ad Domenico Sità. «C’era anche “Bellebuono” (Daniel D’Alessandro ndr), io quando sono andato via a prendere la macchina all’angolo, lui è passato sul furgone nero, l’ho visto che era lui che guidava, è passato di qua e ho visto lui, dal vetro laterale. Poi avevo i vetri oscurati dietro. Ho visto lui». (g.curcio@corrierecal.it)

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