L’uso delle tecnologie biometriche nei conflitti armati

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L’uso della biometria nelle operazioni militari durante un conflitto armato è sempre più cruciale: come reagisce il diritto internazionale umanitario all’impiego di queste nuove tecnologie? Quest’articolo si propone di illustrare i vantaggi e gli svantaggi operativi della biometria, indagando sul vuoto legale nella normativa vigente, con uno specifico focus sui casi del targeting, del trattamento dei prigionieri di guerra e della protezione dei diritti umani.


A cura di Roberto Canale 

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Introduzione

A seguito dell’offensiva talebana del 2021, uno degli aspetti umanitari più preoccupanti fu quello della conquista dei sistemi di controllo contenenti i dati biometrici sensibili[1] dei cittadini dell’Afghanistan, costruiti dal governo e dagli Stati Uniti. Ma anche prima della vittoria dei talebani l’uso della biometria sollevò preoccupazioni, come dimostrato dall’incidente di Kunduz del 2016[2].
La biometria è il riconoscimento di individui tramite l’identificazione delle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali.[3] Il riconoscimento biometrico funziona tramite verifica o identificazione. La verifica è un processo (1:1) che avviene tramite il confronto tra i dati biometrici acquisiti e i dati biometrici memorizzati, per confermare che la persona identificata è chi dichiara di essere. L’identificazione è un processo (1:N) che avviene tramite la corrispondenza tra i dati biometrici acquisiti e i modelli memorizzati di tutti gli altri utenti, senza che l’individuo identificato debba dichiarare la sua identità.[4] In aggiunta, i sistemi biometrici hanno due modalità, fisica e comportamentale. La prima include gli elementi fisici di un individuo, ed alcuni esempi sono il riconoscimento delle impronte digitali, le scansioni dell’iride, il campione DNA e il riconoscimento facciale; la seconda include gli elementi comportamentali di un individuo, ed alcuni esempi sono l’analisi dell’andatura, il riconoscimento vocale e la biometria cognitiva.[5] La risposta di un sistema di riconoscimento biometrico è un numero singolo che indica il punteggio di similarità (S) tra il dato biometrico acquisito (XQ) e il dato biometrico memorizzato (X1 o Xi): più alto è il numero, più alto è il punteggio di S.[6] Quest’ultimo parte da un livello minimo richiesto di S tra due o più misurazioni biometriche – definito come soglia del sistema (threshold). Tale soglia è fondamentale in quanto influenza i due tipi di errori tipici nel funzionamento di un sistema biometrico, ovvero la “falsa accettazione’’ (False Match) e il “falso rifiuto’’ (False Non-Match). Infatti, abbassando la soglia, si riduce il False Non-Match Rate (FNMR) e si aumenta il False Match Rate (FMR): il risultato è un sistema biometrico più tollerante ma meno sicuro. Aumentando la soglia, invece, si riduce il FMR e si aumenta il FNMR: il risultato è un sistema biometrico meno tollerante ma più rigido e, dunque, più sicuro.[7] Pertanto, avere un sistema biometrico con il livello degli errori entrambi pari a zero è impossibile. La biometria, al netto dei possibili errori identificativi, permette di ottenere un riconoscimento più accurato scientificamente e più rapido rispetto alle modalità precedenti.[8]

Leggi anche:

La biometria nel contesto militare-umanitario

La biometria è nata per scopi civili e l’impiego militare è di recente data, soprattutto a seguito dei primi esempi di applicazione in operazioni militari da parte dell’Esercito degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq.[9] Il riconoscimento dei nemici e la lotta all’anonimato hanno reso la biometria uno strumento fondamentale per la North Atlantic Treaty Organization (NATO), che dal 2012 ad oggi è passata dallo sviluppo dottrinale all’implementazione di un proprio sistema di riconoscimento biometrico – l’Automated Biometrics Identification System.[10] Le situazioni di un conflitto armato in cui il diritto internazionale umanitario si applica sull’uso di tecnologie militari di biometria possono essere molteplici: dalla verifica dell’identità del personale militare fino all’individuazione del personale morto e caduto nella mani di una parte in conflitto, passando per l’uso nel targeting e per l’identificazione del personale catturato e detenuto da una parte in conflitto.[11]

La biometria nel quadro normativo vigente del diritto internazionale umanitario

Il diritto internazionale umanitario non disciplina direttamente l’uso della biometria nei conflitti armati. Questo, però, non significa che l’uso per scopi militari di tecnologie di biometria sia ignorato: la Corte Internazionale di Giustizia ribadisce che il diritto internazionale umanitario si applica a tutte le tipologie di armi – del passato, del presente e del futuro.[12] Il parere consultivo della Corte non fa distinzione tra specifiche tecnologie militari e altre tecnologie dispiegate durante il conflitto armato, dunque tra i mezzi e metodi di guerra.[13]
Una prima e chiara correlazione tra la biometria e il diritto internazionale umanitario è il principio di distinzione tra i civili e i combattenti, gli obiettivi civili e gli obiettivi militari (Art. 48, I PA CG, 1977). L’utilizzo della biometria, seppur non sia in grado di categorizzare un individuo ai fini del diritto internazionale umanitario, può aiutare ad individuare il personale già noto per la presa di mira.[14] In particolare, la biometria remota, come le tecnologie per il riconoscimento facciale o per l’analisi dell’andatura, possono confermare lo status di un determinato individuo – un comandante di un gruppo armato, ad esempio.[15] Eppure, come già anticipato nella descrizione dei fondamenti della tecnologia biometrica, gli errori non sono affatto da escludere. Infatti, utilizzando sistemi di riconoscimento a distanza – per l’appunto, il riconoscimento facciale e l’analisi dell’andatura – bisogna considerare la natura non distintiva della biometria remota, che potrebbe confondere un individuo con un altro. In questo senso, viene superata la ‘’soglia di dubbio’’ nel targeting, che impone di considerare come civile un individuo qualora vi fossero dubbi sul suo effettivo status (Art. 50, I PA CG, 1977).[16]
Continuando, la biometria può anche aiutare nello scambio di informazioni sui prigionieri di guerra (POWs, Prisoners of War), sui civili o sul personale che risultato morti, feriti o malati.[17] I commenti aggiornati sulle Convenzioni di Ginevra sembrano però suggerire una distinzione tra specifici dati biometrici sottoposti a raccolta da una delle Parti in conflitto. In linea di principio, i POWs che, a causa delle loro condizioni fisiche o mentali, non sono in grado di dichiarare la propria identità[18], possono essere sottoposti a tutti i mezzi utili per la loro identificazione, ma questi mezzi non devono essere coercitivi, di conseguenza, nel caso dei dati biometrici, quest’ultimi possono essere estrapolati solo mediante impronte digitali o fotografie, mentre i campioni di DNA, eccezion fatta in  questioni di natura strettamente legale come un’indagine penale, non possono essere estrapolati senza il consenso del prigioniero.[19]
Inoltre, l’uso della biometria nelle operazioni militari solleva anche questioni legali in ambito di diritto internazionale dei diritti umani, sollevando alcuni problemi dibattuti in dottrina sugli obblighi in materia di diritti umani applicati  extra territorialmente e sull’interrelazione tra il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani.[20] È essenziale garantire che l’uso dei dati biometrici non violi i diritti umani, in particolare il diritto alla privacy e alla sicurezza personale, trovando il corretto bilanciamento legale tra l’esigenza di sicurezza pubblica e la prevenzione della criminalità, soprattutto nel contesto della protezione informatica da cyber crimini.[21]

L’uso della biometria nel caso dei territori occupati palestinesi e dell’Afghanistan

Prima del 7 Ottobre del 2023, il governo israeliano ha implementato sistemi di riconoscimento facciale (FRTs, Facial Recognition Technologies) nei Territori Palestinesi Occupati per controllare il movimento dei palestinesi ai checkpoint e nelle aree urbane come Hebron.[22] Il diritto internazionale umanitario consente misure di controllo e sicurezza (Art. 27, IV CG, 1949), ma impone che siano proporzionate e non eccessive rispetto alla minaccia.[23] Tuttavia, la sorveglianza di massa e gli errori di false match possono esporre i civili a violazioni indebite della privacy e della libertà di movimento.[24] In questo senso, il diritto internazionale umanitario necessita di un’integrazione con i diritti umani – tramite, ad esempio, l’Art. 17 del Patto ICCPR, che richiede legalità, necessità e proporzionalità nelle restrizioni alla privacy.[25]
Dopo l’11 settembre, la biometria è diventata una tecnologia di rilevante importanza per missioni di antiterrorismo. Infatti, nel 2017, il Consiglio di Sicurezza delle le Nazioni Unite ha emanato la Risoluzione che richiede agli Stati di sviluppare sistemi di biometria per l’identificazione dei terroristi.[26] In Afghanistan, gli Stati Uniti hanno raccolto dati biometrici di milioni di individui, inclusi sospetti terroristi e civili, creando database militari e governativi che hanno comportato, a seguito del ritiro del 2021, conseguenze indesiderate.[27] Infatti, già nel 2019 il database biometrico USA conteneva 7,4 milioni di identità, utilizzato per identificare sospetti terroristi sul campo; tuttavia, con il ritiro delle forze statunitensi, i Talebani hanno acquisito dispositivi biometrici militari, ottenendo accesso a dati sensibili di ex collaboratori della coalizione, mettendoli a rischio di persecuzione[28] con l’utilizzo, inoltre, di una strumentazione priva di crittografia e di una solida protezione tramite password.[29]

Conclusioni

Come avviene spesso nel contesto umanitario, l’uso legale di nuove tecnologie militari è messo in crisi dal problematico compito di bilanciare i vantaggi operativi e le norme del diritto internazionale umanitario. Tale sfida, nel caso della biometria, è resa ancor più ardua dal fatto che quello umanitario non è l’unico regime giuridico rilevante.[30] L’obiettivo finale rimane, in ogni caso, proteggere i civili. Di conseguenza, gli Stati devono trovare soluzioni a tutte quelle caratteristiche “non etiche’’ della biometria: la reversibilità, l’irrevocabilità e l’unicità[31] dei dati biometrici rendono difficoltoso nel contesto umanitario l’utilizzo della biometria. In merito allo sforzo congiunto, il Comitato internazionale della Croce Rossa restringe i dati biometrici ad un uso caso per caso, mentre di altro avviso è l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ne fa un uso strategico e di ‘’routine’’.[32] Infine, un ultimo punto fondamentale nell’uso della biometria, comune alle diverse dottrine e ai diversi strumenti giuridici, è di giustificare in termini di efficienza ed efficacia l’uso dei dati biometrici per uno specifico scopo securitario, ai fini di aumentare l’informazione e il consenso tra i cittadini.[33]


[1] Human Rights Watch, New Evidence that Biometric Data Systems Imperil Afghans, 2022. Disponibile al link: https://www.hrw.org/news/2022/03/30/new-evidence-biometric-data-systems-imperil-afghans
[2] K. HAO, This is the real story of the Afghan biometric databases abandoned by the US, MIT Technology Review, 2021. Disponibile al link: https://www.technologyreview.com/2021/08/30/1033941/afghanistan-biometric-databases-us-military-40-data-points/
[3] M. ZWANENBURG, Know Thy Enemy: The Use of Biometrics in Military Operations and International Humanitarian Law, International Law Studies, vol. 97, 2021.
[4] Ibid., p. 1407.
[5] R. KING, What are Biometrics?, Biometric Update.Com. Disponibile al link: https://www.biometricupdate.com/201601/what-are-biometrics-2
[6] A. K. JAIN, ROSS A. e S. PRABHAKAR, An Introduction to Biometric Recognition, IEEE Transactions on Circuits and Systems for Video Technology, vol. 14, n. 1, 2004.
[7] Ibid., p. 6 
[8] M. ZWANENBURG (2021), p. 1409
[9] Ibid., p. 1410
[10] Ibid., p. 1411
[11] Ibid,. p. 1411-1413
[12] Legality of the Threat or Use of Nuclear Weapons. ICJ Advisory Opinion of 8 July 1996. [13] T. D. GILL, War in Space: How International Humanitarian Law Might Apply, Just Security, December 16, 2019. Disponibile al link: https://www.justsecurity.org/68906/war-in-space-how-international-humanitarian-law-might-apply/.
[14] M. ZWANENBURG, Biometrics on the Battlefield, Lieber Institute West Point, 21 ottobre 2020. Disponibile al link: https://lieber.westpoint.edu/biometrics-on-the-battlefield/.
[15] M. ZWANENBURG, Biometrics and International Humanitarian Law, Lieber Institute West Point, 2021. Disponibile al link: https://lieber.westpoint.edu/biometrics-international-humanitarian-law/.
[16] M. ZWANENBURG (2021)
[17] M. ZWANENBURG (2020)
[18] Nello specifico, un malato, un morto o un ferito caduto nelle mani di una delle parti in conflitto, deve essere identificato solo ai fini delle seguenti informazioni: (a) la Potenza da cui dipende; (b) il numero di esercito, di reggimento, di personale o di serie; (c) il cognome; (d) il nome o i nomi; (e) la data di nascita; (f) ogni altro particolare riportato sulla sua carta d’identità o sulla sua targhetta; (g) la data e il luogo della cattura o della morte; (h) i particolari relativi a ferite o malattie, o causa della morte. Art. 16 (2) I CG, 1949
[19] Commento n. 1584 del 2016 all’Art. 16, Prima Convenzione di Ginevra del 1949. Disponibile al link: https://ihl-databases.icrc.org/en/ihl-treaties/gci-1949/article-16/commentary/2016?activeTab=1949GCs-APs-and- commentaries#index_Toc452044939 [20] M. ZWANENBURG (2020)
[21] C. JASSERAND, The Future AI Act and Facial Recognition Technologies in Public Spaces: Nice to Have or Strictly Necessary? European Data Protection Law Review 9 (4): 430–43, 2023. Disponibile al link :https://doi.org/10.21552/edpl/2023/4/9.
[22] R. TALBOT, Automating Occupation: International Humanitarian and Human Rights Law Implications of the Deployment of Facial Recognition Technologies in the Occupied Palestinian Territory. International Review of the Red Cross 102 (914): 823–49, 2020. Disponibile al link: https://doi.org/10.1017/S1816383121000746.
[23] Ibid., p. 832-833.
[24] Ibid., p. 844.
[25] Ibid., p. 840
[26] S/RES/2396 (2017), ONU CdS. Disponibile al link: https://docs.un.org/en/S/RES/2396(2017)  
[27] J. K. LINDSKOV, Biometric Data
Flows and Unintended Consequences of Counterterrorism.
International Review of the Red Cross 103 (916–917): 619–52, 2022. Disponibile al link: https://doi.org/10.1017/S1816383121000928.[28] Ibid., p. 626

[29] R. CIESIELSKI e M. ZIERER, How Biometric Devices Are Putting Afghans in Danger, Bayerischer Rundfunk, 2022. Disponibile al link: https://interaktiv.br.de/biometrie-afghanistan/en/index.html.
[30] M. ZWANENBURG (2021)
[31] V.G. NARBEL e J. SUKAITIS, Biometrics in humanitarian action: a delicate balance, ICRC Humanitarian Law & Policy, 2021. Disponibile al link:https://blogs.icrc.org/law-and-policy/2021/09/02/biometrics-humanitarian-delicate-balance/
[32] J. K. LINDSKOV (2022), p. 646-647
[33] M. SMITH e S. MILLER, The ethical application of biometric facial recognition technology, AI & Society 37, 167–175, 2022. Disponibile al link: https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC8042627/pdf/146_2021_Article_1199.pdf


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