La destra si butta sulle neuroscienze: i rischi di questa nuova deriva politica

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Ormai tutto, anche nei media e nel marketing, è orientato ai cuoricini sui social e alle reazioni chimiche che uno slogan scatena nel nostro cervello. Ogni tema è semplificato e polarizzato, i conservatori ci sguazzano. Mentre la sinistra fa più fatica a sporcarsi le mani. La nostra testa però non funziona come un algoritmo. E non capirlo è pericoloso.

La destra si butta sulle neuroscienze: i rischi di questa nuova deriva politica

Sono di moda le neuroscienze. La novità di questa epoca è che si preferisce misurare il valore della conoscenza su base scientifica. Le nostre vite sono dominate e orientate dagli algoritmi, il sapere si sta sempre più ibridando, la comunicazione tra esseri umani non è più solo linguaggio visivo, scritto o parlato, ma anche reazione neurochimica agli stimoli digitali: le neuroscienze ci dicono che tutto avviene nel cervello, illudendoci forse di poter ridurre la complessità umana a circuiti neuronali, rendendola più comprensibile e maneggiabile.

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La destra si butta sulle neuroscienze: i rischi di questa nuova deriva politica
Ormai anche la politica si butta sempre di più sulle neuroscienze (foto Getty).

Le dimensioni cognitive, emotive e culturali analizzate come meccanismi biologici aprono affascinanti prospettive nel marketing, nella politica, nei media. Cosa succede quando mettiamo un cuoricino sotto a un post? Come risponde il cervello alle sollecitazioni che team specializzati di psicologi della Silicon Valley hanno simulato e previsto per trascinare il genere umano in questa nuova forma di tecno-schiavitù?

Che modo subdolo di manipolare il consenso

È appena uscito un libro di Simona Ruffino, che è neurobrand specialist, divulgatrice e influencer sui temi delle neuroscienze applicate alla comunicazione, intitolato Non tutto è come appare – Contro la cultura della manipolazione (prefazione di Paolo Di Paolo, Apogeo, 2025) che ci conduce nel mondo inquietante del pensiero binario, che riduce la realtà a dicotomie polarizzanti e che impoverisce la nostra capacità critica, un modo subdolo di manipolare il consenso di masse sempre più propense a credere a qualunque cosa appaia sui social.

La destra si butta sulle neuroscienze: i rischi di questa nuova deriva politica
Il libro di Simona Ruffino.

«Una dolce, ma al contempo violenta, ipnosi visiva»

Attraverso una prospettiva dove si intrecciano storia, filosofia e neuroscienze, l’autrice evidenzia che la semplificazione, spesso utilizzata come mezzo di controllo, contribuisce alla polarizzazione del pensiero e al prosciugamento della nostra capacità discernitiva. «Le neuroscienze ci avvertono: davanti a uno schermo, il nostro pensiero critico rallenta, come se l’attività analitica cedesse il passo a una dolce, ma al contempo violenta, ipnosi visiva».

Sinistra additata come «enclave di élite privilegiate»

La destra è abilissima a trasformare qualsiasi concetto di minima complessità in slogan elementari, che parlano “alla pancia” degli elettori per incassare voti, mentre la sinistra «sembra impacciata, quasi timorosa di sporcarsi le mani in questo stesso gioco» e nella propaganda della destra diventa «enclave di élite privilegiate, distanti e incomprensibili». Ma la politica non dovrebbe giocare un ruolo anche pedagogico, soprattutto nei confronti delle fasce di popolazione meno attrezzate e meno alfabetizzate, non dovrebbe in qualche modo “educarle”? O deve solo preoccuparsi di convincerle, vendendogli slogan per acquisire consensi?

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Le scelte degli esseri umani non dipendono dai soli impulsi cerebrali (foto Getty).

La politica e anche il marketing si buttano sulle neuroscienze convinti che i comportamenti delle persone siano prevedibili e controllabili. Tuttavia, al contrario degli algoritmi che procedono per accumuli matematici, le scelte degli esseri umani non sono così deterministiche, dipendono da molto di più che dai soli impulsi cerebrali.

Conta anche l’ambiente culturale e sociale in cui viviamo

Il cervello è certamente il motore della nostra esperienza, ma non è l’unico elemento che ci definisce. La nostra storia, l’ambiente culturale e sociale in cui viviamo, le persone con cui interagiamo e le nostre scelte coscienti hanno un peso fondamentale. Il “neurocentrismo”, cioè la tendenza a spiegare tutto attraverso il cervello, trascurando storia e contesti individuali, sembra un altro rischio, un rischio nuovo da evitare, in questo scorcio di secolo dove siamo pionieri anche quando tentiamo di costruire relazioni e dare un significato alla nostra vita.



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