L’ultimatum di Musk ai federali. Ma il capo dell’Fbi: ignorate la mail

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di
Massimo Gaggi

L’imprenditore: «Ditemi cosa fate». Ed evoca licenziamenti. Il no del fedelissimo di Trump Patel

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Dopo le affermazioni false di Donald Trump ribattezzate dai suoi comunicatori, fin dal 2017, «fatti paralleli», ora siamo alle realtà parallele nella gestione (o, meglio, smantellamento) dell’amministrazione federale: spinto da una sollecitazione del presidente ad «essere più aggressivo», Elon Musk sabato sera ha annunciato su X, la sua rete sociale, che a minuti sarebbero partite email dirette a tutti i dipendenti federali (sono circa 2,4 milioni escludendo il mezzo milione delle Poste) con la richiesta di compilare entro 48 ore un elenco in cinque punti delle cose fatte e degli obiettivi raggiunti nei loro ruoli di lavoro nell’ultima settimana. Con un’aggiunta ancor più agghiacciante: la mancata risposta entro la serata di lunedì «sarà considerata un atto di dimissioni». Ma negli atti formali questa minaccia scompare. Qual è la realtà?

L’ultimatum pronunciato dall’imprenditore di Tesla e SpaceX sembra seguire lo stesso copione della sua conquista della rete Twitter-X: richiesta delle mansioni dei singoli e successivo licenziamento dei tre quarti dei dipendenti. Secondo molti, per Musk — che ha già cacciato migliaia di impiegati in molte amministrazioni, da UsAid al ministero dell’Istruzione passando per la soppressione dell’agenzia per la protezione dei consumatori e perfino per l’Irs, il Fisco federale, privato di personale nel periodo dell’annuale dichiarazione dei redditi — quella di oggi sarà la scadenza-chiave per smantellare e ridisegnare la burocrazia federale.




















































In realtà, però, le mail inviate dall’ufficio gestione del personale (Opm) a tutti i dipendenti federali contengono la richiesta di informazioni, ma non la minaccia di licenziamento per chi non risponderà. E per la prima volta si registra una reazione contraria all’azione del Doge, la task force di Musk, da parte di vari settori dell’Amministrazione. Colpisce che il primo a dare un secco stop alla disposizione dell’Opm sia stato un fedelissimo di Trump: Kash Patel. Il direttore dell’Fbi ha scritto a tutti i suoi dipendenti invitandoli a ignorare la direttiva dell’Ufficio del personale, aggiungendo che tutte le valutazioni sul lavoro e la produttività degli agenti federali verrà fatta all’interno del Federal bureau of investigation.

Se Patel è quello che si è esposto di più mettendo in rete il suo stop, pare che altre agenzie federali abbiano fatto altrettanto: da quella meteorologica (Noaa) alla Nsa, l’Agenzia per la sicurezza nazionale, il «grande orecchio» dello spionaggio che lavora in parallelo con la Cia e gli altri servizi di intelligence. Ma, evitando comunicazioni pubbliche, anche il Dipartimento di Stato di Marco Rubio ha invitato i dipendenti del ministero, delle ambasciate e dei consolati sparsi in tutto il mondo a non rispondere alla richiesta dell’Opm: lo farà per tutti il Dipartimento.
Sono in molti, poi, a chiedersi, anche nel caso di una risposta odierna dei dipendenti di tutte le amministrazioni, come farebbe l’Opm, che ha un organico limitato, anch’esso sottoposto agli ulteriori tagli di Trump, ad esaminare milioni di dichiarazioni, verificando la loro rispondenza alla realtà.

I tentativi di chiarire quello che sta avvenendo, a cominciare dalle due versioni sulle conseguenze di una mancata risposta alla richiesta di Musk, fin qui sono caduti nel vuoto: benché subissata di richieste, la Casa Bianca ieri sera non aveva ancora fornito delucidazioni.
Forse la doppia realtà confonde anche chi lavora con Trump: da un lato elogiano la determinazione con la quale Musk sta smantellando la burocrazia federale, dall’altro la stessa Casa Bianca ha certificato, nei documenti presentati nei giorni scorsi nei Tribunali, che l’imprenditore messo dal presidente a capo del Dipartimento dell’Efficienza, in realtà «non ha alcuna autorità decisionale nel Doge del quale non è formalmente l’amministratore». E Joshua Fischer, direttore dell’Office of Administration, chiarisce ulteriormente che Musk «non ha nessuna autorità formale per prendere decisioni: può solo consigliare il presidente e dare direttive».

A licenziare, allora, è direttamente il presidente? Lui di certo non si tira indietro: nel suo intervento alla Cpac ha usato toni estremi dipingendo i dipendenti delle sue amministrazioni come pericolosi estremisti: «Abbiamo scortato i burocrati della sinistra radicale, migliaia di loro, fuori dagli edifici pubblici. E poi abbiamo chiuso la porta dietro di loro».

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23 febbraio 2025 ( modifica il 23 febbraio 2025 | 21:48)

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