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La scelta di Riello del gruppo Aermec di produrre negli Usa, Visentin (Federmeccanica): «Inevitabile»
Un’Europa veloce nell’imporre leggi-capestro sulle imprese, ma non nel sostenere i progetti di transizione green. Con scelte politiche rapide, sostenute da massicci investimenti pubblici sull’innovazione, come succede in Cina e Stati Uniti: in Europa se ne fa un gran parlare, ma poi restano sulla carta. Passa di qui il giorno dopo dell’industria veneta, di fronte alla decisa presa di posizione di Alessandro Riello, presidente di Aermec, la nota azienda della climatizzazione veronese, 370 milioni di euro di fatturato 2024, per metà realizzati all’estero, alle prese con l’apertura di uno stabilimento negli Usa, interrompendo la linea storica di produrre solo in Italia. Come ha spiegato Riello al Corriere del Veneto, succede di fronte all’impossibilità, imposta dal 2027 dalle nuove norme europee sui gas refrigeranti, di poter fabbricare in Italia, per poi esportarle, le macchine che usano ancora i gas di vecchia generazione, verso i Paesi che ancora li useranno.
«Rischiano di moltiplicarsi le scelte come quella di Riello»»
Situazione che rischia di esporre la climatizzazione ai contraccolpi che vivono automotive e termomeccanica. «L’avevamo detto – dice il presidente di Federmeccanica, Federico Visentin, alla guida del gruppo vicentino dell’automotive Mevis -. La coscienza dei rischi pare aumentare, gli interventi di Mario Draghi si ripetono, ma ancora non è chiaro come verranno corrette le norme europee. Intanto il rischio è che si moltiplichino le scelte inevitabili che ha indicato Riello, mentre tutti gli altri corrono».
Frase non di maniera, quest’ultima. Visentin è reduce dall’Ungheria, dove 170 imprese italiane della componentistica auto sono state dal colosso cinese Byd, che deve alimentare il suo nuovo stabilimento da 300 mila auto elettriche. «Impressiona la velocità con cui si sono mossi: in tre anni sono saliti a 4 milioni di vetture, in combinazione con le scelte governative, che hanno ad esempio sostituito i taxi delle metropoli con auto elettriche. Si torna ai grandi investimenti con fondi europei indicati da Draghi, da spendere sulle infrastrutture di ricarica o sull’attrarre un costruttore cinese con cui condividere un progetto di successo sull’auto elettrica di massa».
«Meglio incentivare chi investe piuttosto che vietare»
Insomma, tempi più diluiti per la transizione e investimenti europei per far svoltare la transizione. Linea che riprende Marco Nocivelli, presidente e amministratore delegato di Epta, il gruppo della refrigerazione industriale, ricavi per oltre un miliardo e mezzo di euro, che ha il suo cuore industriale in Veneto, tra la Costan di Limana, nel Bellunese e la Eurocryor di Solesino, nel Padovano. Nocivelli sdoppia il ragionamento tra il ruolo di industriale di settore e di vicepresidente di Confindustria alle politiche industriali: «Epta ha sempre creduto nella transizione e i gas che usiamo sono già quelli di nuova generazione. Il problema è più ridotto». Diversa la questione più generale: «Purtroppo concordiamo con quello che Riello dice sull’atteggiamento dell’Europa: di chiusura, in cui s’immagina che le prescrizioni siano più utili delle misure a sostegno della competitività. Meglio incentivare chi investe, piuttosto di vietare. Certo, con le prescrizioni non si deve metter mano al portafoglio. Ma così si ottiene la reazione, comprensibile, di dire: ‘va bene, se altri Stati mi accolgono e creano un terreno fertile per le imprese andrò altrove’». E ancora, Nocivelli: «Il modello giusto sono le misure di sostegno alla competitività. Inoltre mancano politiche d’incentivazione strutturali che diano stabilità e visibilità alle imprese. Oggi in Italia abbiamo un piano che termina nel 2025».
«Mancano i componenti per lavorare con le nuove regole»
Le sollecitazioni di Riello vengono riprese all’interno del settore climatizzazione. «Nell’immediato, la svolta significa affrontare notevoli investimenti su stabilimenti e personale: devi avere un team di ricerca e sviluppo capace di adeguare una tecnologia matura ad un cambio di paradigma, riprogettando le macchine», dice Alberto Salmistraro, amministratore delegato di Hiref, il gruppo padovano attivo nella climatizzazione industriale e per data center, 117 milioni di euro di fatturato, per il 60% realizzato all’estero, con 400 dipendenti. E in Hiref stanno chiudendo un investimento da 14 milioni di euro su un nuovo stabilimento, pronto tra due mesi, concentrato sulla nuova generazione di macchine. Con un ulteriore scoglio: «La componentistica – aggiunge il manager -. Lo stravolgimento riguarda anche quelle aziende, che stanno investendo e attendono le certificazioni di prodotto; ad oggi, se si volesse realizzare tutto secondo le nuove regole, non sarebbe possibile per la mancanza di componenti. C’è stato poco tempo per la svolta». E tuttavia vede anche le opportunità che la svolta green può aprire, Salmistraro: «Saremo i più avanzati ad operare con i nuovi standard, verso cui sta andando anche il resto del mondo. L’ho visto a Orlando, nei giorni scorsi alla fiera di settore Ahr: tutte le macchine esposte erano di nuova generazione. E noi europei disporremo di un deciso vantaggio competitivo».
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