Procedure estintive dei reati ambientali mediante l’adempimento delle prescrizioni impartite dalla polizia giudiziaria: seconda parte – Approfondimenti

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Indicazioni procedurali per i reati di natura formale

Alcune delle contravvenzioni previste dal d.lgs. n. 152/2006, puniscono l’esercizio di una determinata attività in mancanza di autorizzazione/titolo abilitativo, ovvero dell’adempimento di obblighi di natura formale, a prescindere dal verificarsi di un danno o di un pericolo concreto e attuale di danno al bene giuridico protetto dalla norma. 

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Si tratta di contravvenzioni comunemente definite di “pericolo astratto” o di tipo “formale”, ossia caratterizzate dalla violazione di prescrizioni di tipo formale che determinano una situazione di pericolo potenziale per l’ambiente che in linea teorica, di per sé, non è ostativa all’attivazione della procedura di estinzione/regolarizzazione.

Tale procedura tuttavia sarà preclusa, in concreto, qualora l’organo accertatore accerti la sussistenza di un danno o di un pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, al pari di quanto accade per le altre ipotesi contravvenzionali che rientrano nell’ambito di applicazione della Parte VI-bis, d.lgs. n. 152/06.

Tuttavia, mentre la possibilità di applicazione della procedura estintiva ai reati di natura formale è generalmente riconosciuta negli indirizzi formulati dalle Procure, il contenuto della prescrizione da emettere nei casi di esercizio dell’attività in mancanza di autorizzazione/titolo abilitativo previsto dalla normativa ambientale, registra a tutt’oggi posizioni non del tutto uniformi a riprova della complessità delle problematiche che sottende.

La questione dirimente si incentra sulla funzione della prescrizione che, come stabilisce l’articolo 318-ter, d.lgs. n. 152/06, è impartita allo “scopo di eliminare la contravvenzione accertata”, ma altresì di far cessare, laddove necessario, situazioni di pericolo ovvero impedire la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose.

Numerose Procure che si sono occupate della tematica, fermo restando il richiamo alla necessaria preliminare verifica dell’insussistenza del danno/pericolo concreto e attuale di danno, ritengono ammissibili prescrizioni volte alla regolarizzazione della situazione accertata mediante la richiesta e l’ottenimento del titolo abilitativo, assegnando un termine congruo e in linea con la durata dei singoli procedimenti amministrativi avviati con le istanze autorizzative.

Una parte delle Procure ha ritenuto, tuttavia, che la prescrizione debba limitarsi a richiedere la sola presentazione dell’istanza, non rientrando nella disponibilità del trasgressore l’effettivo rilascio del titolo abilitativo. 

Accomuna entrambi gli orientamenti, la convinzione che, in ogni caso, la prescrizione non possa consistere solo nell’ordine di richiedere/ottenere il titolo abilitativo, ma debba altresì indicare specifiche misure atte a far cessare la situazione di pericolo o la prosecuzione dell’attività potenzialmente pericolosa, e a consentire, se del caso, la messa in pristino dello stato originario dei luoghi. In attesa del rilascio del titolo, a prescindere dal fatto che l’ottenimento sia o meno oggetto della prescrizione. Deve comunque essere garantito un elevato livello di tutela dell’ambiente, che in talune situazioni può giungere sino all’interruzione dell’attività stessa. 

A tutt’oggi va rilevato comunque il permanere di alcune minoritarie posizioni (Procura di Brescia, “Direttiva alla Polizia giudiziaria e disposizioni di coordinamento con l’attività di vigilanza dell’ARPA per l’applicazione della disciplina dui cui agli articoli 318-bis e ss. del d.lgs. n. 152/2006”, emessa in data 10/10/2016), che sostengono che la prescrizione non possa consistere né nell’obbligo di dotarsi del titolo autorizzativo (in quanto il rilascio delle autorizzazioni, atto tipico della Pubblica Amministrazione, non è nella disponibilità giuridica del contravventore), né nell’obbligo di presentare istanza volta al rilascio del titolo (in quanto tale prescrizione sarebbe del tutto inidonea a raggiungere le finalità di eliminazione del reato previste per legge). Per questo, in assenza di autorizzazioni, il contenuto della prescrizione potrebbe essere solo quello di far cessare la situazione di pericolo o la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose (per es. tramite chiusura dello scarico non autorizzato, o tramite interruzione dell’attività non autorizzata).

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Considerando che la casistica di reati di tipo formale, che si può presentare nella pratica degli operatori può essere anche molto variegata e fermo restando che alcune fattispecie comunque non risulteranno ammissibili alla procedura a motivo della tipologia di pena edittale prevista, si ritiene che a seconda della situazione concreta accertata, potrà risultare più adeguato e funzionale alla rimozione dell’illecito l’uno o l’altro degli orientamenti sopra richiamati. 


L’applicabilità delle procedure estintive ai reati a condotta esaurita e ai casi di adempimento spontaneo

Le linee guida del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) n. 38/2022

Dall’analisi dei documenti di indirizzo emessi dalle Procure dall’entrata in vigore della legge n. 68/2015 ad oggi, risulta pressoché univoco l’indirizzo di considerare la procedura estintiva relativa ai reati ambientali, applicabile sia ai casi in cui il trasgressore abbia provveduto autonomamente a regolarizzare la situazione senza attendere la prescrizione dell’organo di vigilanza (c.d. prescrizione “ora per allora”), sia ai reati a condotta esaurita, ovverosia reati a condotta istantanea, già consumatisi nel tempo. 

Si registra un’unica posizione contraria, espressa dalla Procura della Repubblica di Monza (“Indicazioni operative in tema di procedimento per la regolarizzazione delle contravvenzioni in materia ambientale ai sensi degli artt. 318-bis e seguenti, d.lgs. 152/2006, introdotti dalla legge 22 maggio 2015, n. 68”, 30 ottobre 2017). 

In tale documento, infatti, la Procura precisa che in presenza di situazioni in cui non vi è nulla da regolarizzare, né sotto il profilo della cessazione della condotta antigiuridica, né sotto il profilo della rimozione di effetti permanenti (v. reati esauriti che non presentano effetti duraturi), l’istituto non è applicabile.

Fermo restando l’orientamento espresso dalla Procura brianzola, si considera possibile ammettere il trasgressore direttamente al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, senza impartire alcuna prescrizione ex art. 318-ter, d.lgs. n. 152/2006. 

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Tale orientamento, in linea con la giurisprudenza sviluppatasi nel settore della sicurezza sul lavoro, si pone anche in coerenza con quanto successivamente consolidato a livello normativo, sempre in tale settore, con l’articolo 15, d.lgs. n. 124/2004.

Nei successivi documenti di indirizzo emessi dalle Procure, oltre a trovarsi conferma di tale lettura, è emersa tuttavia un’importante precisazione riferita alla procedura estintiva ex Parte VI-bis, d.lgs. n. 152/06: ai fini dell’ammissione diretta a pagamento resta comunque necessario che l’organo di vigilanza proceda preliminarmente a verificare l’esistenza di un danno o di un pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. Tali evenienze, infatti, se riscontrate, porterebbero all’esclusione della possibilità di applicazione della procedura.

Alla luce di quanto sopra, le linee guida del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) n. 38/2022, per l’applicazione della procedura estintiva delle contravvenzioni ambientali, ex Parte VI-bis, d.lgs. n. 152/2006, approvate con delibera del Consiglio del 20 dicembre 2021, raccomandano di aderire a tali letture maggioritarie, applicando la procedura estintiva sia ai casi di adempimento spontaneo che ai reati a condotta esaurita, previa necessaria indagine sugli effetti del reato e la verifica dell’assenza di danno o di pericolo concreto e attuale.


L’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte

La procedura di estinzione prevista dagli articoli 318-bis e ss., d.lgs. n. 152/2006, si applica tanto alle condotte esaurite – cioè prive di conseguenze dannose o pericolose per cui risulti inutile o impossibile impartire prescrizioni al contravventore – quanto alle ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente e volontariamente regolarizzato l’illecito commesso. 

L’assunto in questione trova decisivo fondamento nell’articolo 15, comma 3, d.lgs. n. 124/2004 che, nell’ambito della normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, prevede l’applicazione della procedura di estinzione prevista dagli articoli 20 e ss., d.lgs. n. 758/1994: “alle condotte esaurite, ovvero alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente alla prescrizione”

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Certamente il legislatore ha inteso utilizzare la congiunzione “ovvero” attribuendole il significato di “oppure” e non quello di “cioè”; e ciò, sia perché ordinariamente questo è il significato giuridico del termine predetto, sia, soprattutto, perché nello stesso d.lgs. n. 124/2004 si utilizza la richiamata espressione attribuendole sempre un significato di alternatività. 

L’articolo 15, comma 3, del d.lgs. n. 124/2004 non solo conforma l’applicabilità della procedura estintiva anche alle condotte esaurite, ma, soprattutto, evidenzia la differenza intercorrente tra queste ultime e il ravvedimento operoso del contravventore: la regolarizzazione volontaria e spontanea dell’illecito può legittimare la procedura di estinzione de qua, ma è cosa diversa dalla condotta esaurita, ossia dall’illecito istantaneo non produttivo di conseguenze dannose o pericolose, per cui non sia possibile impartire prescrizioni, anch’esso considerato alternativamente dall’articolo 15, comma 3, d.lgs. n. 124/2004 e dunque idoneo a legittimare l’applicazione della procedura estintiva di cui agli articoli 20 e ss., d.lgs. n. 758/2004.

Le conclusioni che si raggiungono in forza dell’analisi condotta sulla normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (articolo 15, comma 3, d.lgs. n. 124/2004 e articoli 20 e ss., d.lgs. n. 758/1994), devono automaticamente estendersi alla procedura di cui agli articoli 318-bis e ss., d.lgs. n. 152/2006. 

La procedura estintiva prevista dal Testo Unico Ambientale è, infatti, costruita sul medesimo meccanismo previsto dalla normativa di cui al d.lgs. n. 758/1994, e, dunque ne segue l’interpretazione.

Soprattutto, deve rilevarsi che la conclusione cui si è pervenuti risponde – tanto nei reati ambientali quanto nelle violazioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro – ad esigenze di intrinseca ragionevolezza, in quanto impedisce di applicare un trattamento peggiorativo al soggetto che abbia commesso un illecito di limitata gravità rispetto al contravventore, che – pur avendovi spontaneamente posto rimedio – abbia commesso un illecito dannoso o pericoloso per l’ambiente o per la sicurezza dei lavoratori: se quest’ultimo soggetto può beneficare della procedura estintiva di cui agli articoli 318 bis e ss., d.lgs. n. 152/2006 e 20 e ss., d.lgs. n. 758/1994, tanto più la procedura in questione deve essere riconosciuta in capo al contravventore che abbia commesso una violazione meno grave ed abbia correttamente proceduto al pagamento delle sanzioni amministrative imposte dall’autorità di vigilanza.

La conclusione cui si perviene, del resto, è confermata dalla più recente giurisprudenza di legittimità. 

Si afferma pacificamente, infatti, che l’intento del legislatore del 2004 di introdurre una generale procedura di estinzione delle meno gravi contravvenzioni in materia di lavoro e legislazione sociale mediante il pagamento nei termini indicati di una sanzione amministrativa, previa regolarizzazione delle sanzioni che avevano dato luogo all’infrazione comporta inevitabilmente il superamento di quell’orientamento che aveva ritenuto inapplicabile la procedura di estinzione delle contravvenzioni di cui agli articoli 20 e ss., d.lgs. n. 758/1994, nelle ipotesi di reati istantanei già perfezionatisi, ovvero nei casi in cui l’organo di vigilanza non abbia impartito al contravventore alcuna prescrizione per la già avvenuta spontanea regolarizzazione. 

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Al contrario, merita adesione il diverso e più persuasivo orientamento che, riferendosi alle c.d. “condotte esaurite”, evidenzia che la finalità dell’istituto consiste soprattutto nel consentire in via generale l’estinzione amministrativa del reato, anche quando non vi siano regolarizzazioni da effettuare, perché il reato è istantaneo o perché la regolarizzazione è già avvenuta spontaneamente (ex plurimis, Sez. 3, n. 37228 del 15/09/2015; Sez. 3, n. 34900 del 06/06/2007). 

Nella stessa direzione si muovono le più risalenti pronunce che escludono la procedibilità dell’azione penale nel caso in cui l’autorità di vigilanza non abbia impartito prescrizioni (ex plurimis Sez. 3, n. 37228 del 15/09/2015; Sez. 3, n. 34900 del 06/06/2007), proprio in virtù delle modifiche apportate dall’articolo 15, comma 3, d.lgs. n. 124/2004, che, riconducendo tanto le condotte esaurite, quanto le condotte seguite dallo spontaneo ravvedimento operoso, alla procedura estintiva di cui agli articoli 20 e ss., d.lgs. n. 758/1994, impone di considerare la mancata indicazione di prescrizioni da parte dell’organo di vigilanza quale causa di improcedibilità dell’azione penale.

Né può ritenersi che la ritenuta conclusione sia smentita dalle più recenti pronunce di legittimità le quali affermano che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’omessa indicazione da parte dell’organo di vigilanza delle prescrizioni di regolarizzazione non è causa di improcedibilità dell’azione penale (ex plurimis, Sez. 3, n. 7678 del 13/01/2017; Sez. 3, n. 26758 del 05/05/2010). 

Le pronunce in questione, infatti, prendono le mosse dal presupposto implicito secondo cui la procedura di estinzione possa applicarsi anche alle condotte esaurite, tanto che richiamano espressamente il disposto di cui all’articolo 15, comma 3, d.lgs. n. 124/2004, nella sua alternativa previsione delle condotte esaurite che si concretizzano negli illeciti istantanei e delle ipotesi di spontaneo ravvedimento operoso, e, proprio per questo, prevedono la possibilità di presentare istanza di oblazione in sede amministrativa o in sede penale, come imposto dalla lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 24, comma 3, d.lgs. n. 758/1994.

Secondo i più recenti orientamenti, pertanto, la Procura è legittimata ad esercitare l’azione penale contro il contravventore che non abbia ricevuto prescrizioni di regolarizzazione da parte dell’autorità amministrativa (perché la condotta è esaurita e non sussistono prescrizioni da potere impartire), ma il contravventore, tanto che abbia commesso un illecito istantaneo, tanto che abbia spontaneamente regolarizzato l’illecito, può proporre istanza di oblazione al cui accoglimento e all’avvenuto pagamento segue l’estinzione del reato. Infatti, si afferma espressamente che «il beneficio in questione non potrebbe essergli precluso per il solo fatto che non ci sia nulla da regolarizzare».

In conclusione, deve quindi affermarsi che: 

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  1. la procedura estintiva delle contravvenzioni in materia ambientale prevista dagli articoli 318-bis e ss., d.lgs. n. 152/2006, è applicabile anche nel caso in cui, previo accertamento dell’assenza di danno o pericolo concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, l’autorità amministrativa di vigilanza competente non abbia impartito prescrizioni per regolarizzare la situazione di fatto che integra la contravvenzione accertata; 
  2. l’articolo 15, comma 3, d.lgs. n. 124/2004, si riferisce sia alle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, sia alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto, precedentemente all’emanazione della prescrizione, all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati.

 

Le indicazioni (non condivise) della Procura della Repubblica di Parma, nota prot. n. 10/2024

La nota della Procura della Repubblica di Parma, prot. n. 10/2024, recante linee guida circa “Articolo 255, comma 1, decreto legislativo n. 152/2006 (abbandono di rifiuti), come modificato dall’articolo 6-ter, comma 1, legge 9 ottobre 2023, n. 137”, sulle procedure per l’estinzione delle contravvenzioni ambientali, afferma quanto segue:

«C/1 In primo luogo, dopo alcune incertezze iniziali, dovute soprattutto alla formulazione della norma di cui all’articolo 318-ter, comma 1 (“… l’organo di vigilanza … ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un’apposita prescrizione, asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata …”), che lasciavano intendere un obbligo per la P.G. di attivare la procedura per l’estinzione, la Corte di cassazione, ormai, ritiene non obbligatoria la procedura delle prescrizioni finalizzate all’estinzione (Corte di cassazione, Sez. III, 14 dicembre 2023, n. 685), tanto più che l’imputato – anche quando tale procedura non sia stata attivata – può comunque definire la propria posizione con l’oblazione.

C/2 In secondo luogo – in stretta connessione con quanto appena dedotto – vi sono dei casi in cui l’attivazione di prescrizioni appare difficilmente ipotizzabile: si pensi “ai reati a consumazione istantanea e privi di effetti dannosi o pericolosi, suscettibili di essere rimossi. Rientrano in tale categoria, ad esempio, un superamento, una tantum, dei limiti di emissione in atmosfera ex articolo 279, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, o la gestione di rifiuti pericolosi non autorizzata in violazione delle prescrizioni dell’A.I.A., ex articolo 29 quattuordecies, comma 3, qualora si accerti che tali rifiuti siano già smaltiti (…). 

Ad analoga conclusione deve pervenirsi nelle ipotesi in cui il contravventore abbia già spontaneamente posto in essere tutte le misure idonee a far cessare situazioni di pericolo o attività potenzialmente pericolose ad esempio, provvedendo a rimuovere i rifiuti, illecitamente depositati, prima ed indipendentemente da qualsiasi prescrizione impartita dall’organo accertatore (…), essendo evidente che in tali casi ogni eventuale prescrizione risulterebbe inutiliter data».

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Su tale posizione, c’è piena condivisione. 

Tanto più, tutto quanto sopra è pacificamente acquisito anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui: «La procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale, prevista dagli articoli 318-bis e ss., d.lgs. n. 152/2006, si applica tanto alle condotte esaurite quanto alle ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente o volontariamente regolarizzato l’illecito commesso prima dell’emanazione di prescrizioni». (Corte di cassazione, Sez. III, 26 agosto 2019, n. 36405).

Inopinatamente, però, la sopra citata nota della Procura, nella parte finale, dedicata proprio alla procedura di estinzione delle contravvenzioni, conclude così:

«In tema di definizione amministrativa, valgano le seguenti indicazioni:

  • la procedura ex articoli 318-bis e ss. – pur non essendo obbligatoria per la Polizia giudiziaria (tanto che la mancata attivazione non preclude all’interessato di chiedere ed ottenere una definizione in via amministrativa) – appare comunque preferibile, con le precisazioni di cui al punto seguente;
  • la fattibilità della procedura in questione va verificata di volta in volta, in quanto essa è collegata ad una situazione suscettibile di essere rimossa, il che non si verifica con condotte a consumazione istantanea (abbandono di un singolo rifiuto) e comunque quando la situazione pregiudizievole sia stata superata».

Come a dire che, se non è possibile impartire le prescrizioni, perché magari gli effetti sono stati già rimossi, neanche la procedura estintiva potrà essere applicata.

 

La procedura estintiva dei reati ambientali cd. “ora per allora”

Anche se in maniera non esplicita, l’estensore della nota della Procura di Parma ritiene – nel caso, per esempio, di una illecita gestione di rifiuti o di un deposito incontrollato di rifiuti – laddove gli stessi fossero già stati rimossi dallo stesso trasgressore, di non poter dare luogo alla procedura estintiva. Ma così non è!

La procedura estintiva è sempre applicabile, anche ai casi in cui il trasgressore abbia provveduto autonomamente a regolarizzare la situazione, senza attendere la prescrizione dell’organo di vigilanza, mediante la procedura della cd. prescrizione “ora per allora”.

D’altronde, la stessa giurisprudenza di legittimità ha ritenuto superato l’orientamento che aveva ritenuto inapplicabile la procedura di estinzione delle contravvenzioni di cui agli articoli 20 e ss., d.lgs. n. 758/1994, nelle ipotesi di reati istantanei già perfezionatisi, ovvero nei casi in cui l’organo di vigilanza non avesse impartito al contravventore alcuna prescrizione per la già avvenuta spontanea regolarizzazione, in favore dell’ indirizzo per il quale la finalità dell’istituto consiste soprattutto nel consentire, in via generale, l’estinzione amministrativa del reato, anche quando non vi siano regolarizzazioni da effettuare, perché il reato è istantaneo o perché la regolarizzazione è già avvenuta spontaneamente. Indirizzo ritenuto coerente con l’intento del legislatore del 2004 di introdurre una generale procedura di estinzione delle meno gravi contravvenzioni in materia di lavoro e legislazione sociale (Corte di cassazione, Sez. III, 15/09/2015 n. 37228).

È sì possibile che prima dell’accertamento o della notificazione delle prescrizioni, la condotta tipica della contravvenzione accertata sia già cessata, senza che permangano ulteriori effetti da rimuovere.

Tale situazione si verifica qualora il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati, oppure nelle ipotesi di reati a condotta esaurita (è il caso, ad esempio, di comunicazioni di legge effettuate tardivamente, oppure di un deposito incontrollato di rifiuti per smaltimento mantenuto oltre il termine previsto dalla normativa).

Considerato, però, che la procedura estintiva è finalizzata ad assicurare l’effettività dell’osservanza delle norme in materia ambientale, dando prevalenza all’interesse alla penale, anche nei casi sopra riportati il contravventore può e deve essere ammesso al pagamento della somma in sede amministrativa.

Tale interpretazione sottrae la norma a censure di legittimità costituzionale per violazione del principio di uguaglianza per trattamento differente di situazioni analoghe (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 19 del 18 febbraio 1998).

Con riferimento alla procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro, tale interpretazione è stata codificata dall’articolo 15, comma 3, d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124 (“La procedura di cui al presente articolo si applica anche nelle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, ovvero nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all’emanazione della prescrizione”).

Quanto previsto dal legislatore e dalla giurisprudenza per i reati in materia di sicurezza sul lavoro è applicabile ai reati ambientali di cui alla legge n. 68/2015, per l’analogia tra le due procedure di estinzione.

Pertanto, nelle suddette ipotesi, l’Ufficiale di polizia giudiziaria che accerta una contravvenzione rientrante nel campo di applicazione della legge n. 68/2015, potrà, a parere dello scrivente, redigere e notificare al contravventore il verbale di accertamento e ammissione diretta al pagamento.

Rimane in ogni caso fermo il presupposto dell’assenza di danno o di pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.


Le novità per la destinazione dei proventi sanzionatori nella conversione del decreto cd. “PNRR 2”

È stata pubblicata in G.U. 29 giugno 2022 n. 150, la legge 29 giugno 2022 n. 79, recante la conversione con modificazioni del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 (cd. “PNRR 2”), vigente dal 30 giugno 2022. 

Diverse le novità che incidono anche sul d.lgs. n. 152/2006, cd. “Testo Unico dell’Ambiente”. Tra le più importanti, quelle che modificano l’articolo 318-ter e 318-quater sulla estinzione dei reati ambientali. 

L’articolo 26-bis (“Potenziamento del controllo in materia di reati ambientali”) del decreto-legge n. 36/2022, aggiunto nell’iter parlamentare di conversione, stabilisce:

«1. Ai fini del potenziamento del controllo in materia di reati ambientali, alla Parte Sesta-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 318-ter, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente:

“4-bis. Con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti gli importi da corrispondere a carico del contravventore per l’attività di asseverazione tecnica fornita dall’ente specializzato competente nella materia cui si riferisce la prescrizione di cui al comma 1, quando diverso dall’organo di vigilanza che l’ha rilasciata, ovvero, in alternativa, per la redazione della prescrizione rilasciata, previo sopralluogo e in assenza di asseverazione, dallo stesso organo accertatore, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 55 del codice di procedura penale quando si tratti di ente diverso da un corpo od organo riconducibile a un’amministrazione statale”.

b) all’articolo 318-quater, il comma 2 è sostituito dal seguente:

“2. Quando risulta l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, ai fini dell’estinzione del reato, destinata all’entrata del bilancio dello Stato, unitamente alla somma dovuta ai sensi del dell’articolo 318-ter, comma 4-bis. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo accertatore comunica al pubblico ministero l’adempimento della prescrizione nonché l’eventuale pagamento della somma dovuta ai fini dell’estinzione del reato e di quella da corrispondere, ai sensi dell’articolo 318-ter, comma 4-bis, per la redazione della prescrizione o, in alternativa, per il rilascio dell’asseverazione tecnica. Gli importi di cui all’articolo 318-ter, comma 4-bis, sono riscossi dall’ente accertatore e sono destinati al potenziamento delle attività di controllo e verifica ambientale svolte dai predetti organi ed enti”.

2. Il decreto di cui al comma 4-bis dell’articolo 318-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, introdotto dalla lettera a) del comma 1 del presente articolo, è adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

Con la conversione in legge del decreto cd. “PNRR 2”, viene finalmente colmata, mediante la revisione dell’articolo 318-quater, comma 2, la falla legislativa sulla destinazione dei proventi derivanti dal pagamento in sede amministrativa delle sanzioni nella procedura estintiva dei reati ambientali (“all’entrata del bilancio dello Stato”), dopo sette anni dalla introduzione della Parte Sesta-bis nel d.lgs. n. 152/2006, per opera della legge n. 68/2015.

Un’altra novità assoluta, introdotta mediante la modifica dell’articolo 318-ter, riguarda anche gli importi da corrispondere, a carico del contravventore per l’attività di asseverazione tecnica fornita dall’ente specializzato, che saranno stabiliti con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. 

Gli importi di cui all’articolo 318-ter, comma 4-bis, saranno riscossi dall’ente accertatore e destinati al potenziamento delle attività di controllo e verifica ambientale.


Indicazioni dal Ministero dell’Ambiente sulla destinazione dei proventi sanzionatori

Con istanza di interpello al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, formulata ai sensi dell’articolo 3-septies del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il Comune di Venaria Reale ha richiesto: «quale sia l’Autorità competente all’incasso, ovvero l’Ufficio periferico competente a ricevere il pagamento, con indicazione delle modalità, delle eventuali coordinate di pagamento e delle causali connesse, per la definizione dei procedimenti di cui all’articolo 318-bis e seg. del T.U.A.».

In riscontro alla nota dell’ente territoriale, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – nota prot. n. 91837 del 6 giugno 2023 – ha espresso il seguente indirizzo:

«Si comunica che è stato istituito il nuovo capitolo di entrata 2596 avente la seguente denominazione: “Entrate di pertinenza del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per versamento delle sanzioni amministrative deflattive di reati ambientali, ai sensi dell’articolo 318 quater comma 2 del D. Lgs 152/2006”:

  • Capitolo 2596 art 01 – SOMME RISCOSSE IN VIA ORDINARIA
  • Capitolo 2596 art 02 – SOMME RISCOSSE A MEZZO RUOLI 

Si allega, alla presente nota, il quadro dei codici IBAN pubblicato sul sito del MEF e, per pronta visione, si riportano di seguito i codici Iban riguardanti la Città Metropolitana di Torino:

  • 2596/01 – IBAN: IT97H0100003245114032259601;
  • 2596/02 – IBAN: IT74I0100003245114032259602;

e indicando come causale: importo pagato per l’estinzione della contravvenzione di cui all’ articolo 318-quater, comma 2 del D.LGS 152/2006».

Quanto alle modalità estintive ed importi delle somme dovute ai sensi dell’articolo 318-ter, comma 4-bis, d.lgs. medesimo, per la redazione della prescrizione o, in alternativa, per il rilascio dell’asseverazione tecnica, quando si tratti di ente diverso da un corpo riconducibile ad un’amministrazione statale, è in corso l’iter di emanazione del decreto ministeriale, in tal senso previsto, dal citato articolo 318-ter, comma 4-bis, d.lgs. n. 152/2006.


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