Coreografia “politica” dei tifosi dell’Empoli. E arriva il

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“Show Israel the red card”: mostra a Israele il cartellino rosso, quello dei falli gravi, dell’espulsione. Uno striscione e tanti cartellini rossi alzati al cielo. Così sugli spalti della Maratona, quelli occupati dal tifo organizzato in occasione di Empoli-Atalanta. Prima tifoseria ad aderire alla campagna Empoli: La Tifoseria Aderisce alla Campagna ‘Red Card for Israel’ . Un gesto che ha avuto un impatto visibile sugli spalti dello stadio Carlo Castellani, dove i tifosi hanno esposto bandiere palestinesi e sollevato cartoncini rossi, un chiaro simbolo di protesta.

La campagna “Red Card for Israel”, lanciata da gruppi di tifosi, tra cui i “Green Brigade” del Celtic, ha l’obiettivo di escludere Israele dalle competizioni calcistiche internazionali. I sostenitori empolesi hanno dimostrato la loro solidarietà con il popolo palestinese, intonando cori e sventolando striscioni con il messaggio “Show Israel The Red Card” (Mostra Israele il cartellino rosso), colorando così una parte dello stadio di rosso, in segno di protesta contro la situazione in Palestina. Questa mobilitazione, che ha visto la partecipazione di oltre 30 paesi tra cui Spagna, Cile, Turchia, Indonesia e Belgio, rappresenta una delle azioni più visibili di solidarietà internazionale con la causa palestinese. In Italia, l’Empoli ha fatto da apripista, portando un tema politico-sociale nel cuore del calcio, tradizionalmente lontano da questi tipi di manifestazioni.

Ed arrivato anche il plauso dei partiti. Dl PPci sezione Abdon Mori di Empolil arriva questo comunicato: Fa onore alle tradizioni antifasciste e di solidarietà con i popoli della nostra città l’adesione della tifoseria dell’Empoli alla campagna “Red Card for Israel”. La campagna mira a escludere Israele dalle competizioni calcistiche internazionali.

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“Se davanti a un’ingiustizia sei neutrale, hai scelto di stare dalla parte dell’oppressore”, sosteneva il vescovo Desmond Tutu, eroe sudafricano della lotta contro l’apartheid.

Israele ha raso al suolo Gaza con il preciso intento di renderla inabitabile ed espellere i suoi più di due milioni di abitanti. Circa cinquantamila palestinesi di Gaza, in maggioranza donne, bambini e vecchi, sono stati volontariamente uccisi nelle loro case, nei mercati, negli ospedali, nelle scuole, nei luoghi stessi dove l’esercito d’occupazione israeliano aveva intimato agli sfollati di radunarsi per evitare i bombardamenti.

A queste vittime vanno aggiunti i morti per fame, mancanza di cure mediche, i bambini nati morti da madri denutrite e sotto choc permanente.

Giornalisti, personale sanitario, artisti, intellettuali, beni storici palestinesi sono stati eliminati con tiro di precisione, per distruggere ogni possibilità di questo popolo a vivere come Nazione libera e indipendente.

L’attuale tregua, che rischia concretamente di non venire rinnovata, non viene rispettata da Israele in parti essenziali dell’accordo, come il permesso di passaggio del numero concordato di camion con alimenti e l’invio di case prefabbricate per i senzatetto (quasi tutti). Gaza dovrebbe insomma diventare la spiaggia turistica dei ricchi del mondo, sotto controllo USA e israeliano. Qualche piccolo turista, giocando con la sabbia, troverà il teschio di un bambino palestinese e lo porterà alla mamma per chiederle cos’è?

E intanto anche la Cisgiordania è sotto i cingoli dei carri armati con la Stella di Davide e i suoi campi profughi vengono sfollati in previsione della loro annessione ad Israele.

L’uccisione di 1.700 (quanti per “fuoco amico”, per ammissione anche di giornalisti israeliani?) cittadini di Israele da parte di Hamas, che condanniamo, non giustifica una occupazione e un genocidio progressivo, iniziato nel 1947, con l’espulsione della popolazione araba-palestinese dalle sue terre, attuata anche con stragi di interi villaggi e attentati da parte dei gruppi terroristici sionisti dell’epoca.

Auspichiamo che altre tifoserie seguano l’esempio di quella dell’Empoli e che si moltiplichino e rafforzino le iniziative tese a interrompere la fornitura di armi e la collaborazione tecnico-scientifica con Israele (quasi tutta potenzialmente “dual use”, cioè utilizzabile anche per fini militari). Anche le collaborazioni “culturali” sono in realtà una vetrina per Israele e plaudiamo a quelle università che le hanno interrotte.

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Chi giustifica il massacro di massa e l’espulsione in corso (un vero e proprio genocidio, secondo il diritto internazionale) in nome del diritto di Israele a difendersi, si rende complice di chi, un giorno, sarà chiamato a rispondere dei suoi crimini contro l’umanità.

Il popolo palestinese ha diritto al suo Stato indipendente e sicuro, in terra di Palestina e con Gerusalemme Est come capitale, come stabilito dalle risoluzioni ONU.



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